La realtà di Taranto raccontata dagli operai

foto7In Capatosta, spettacolo della compagnia Crest portato in scena al Campo Teatrale, due tute blu fanno vivere al pubblico l’esperienza della fabbrica ed emergere tutte le contraddizioni che appartengono alla storia recente del capoluogo ionico.

È stato come avere un pezzo di Taranto all’ombra della Madonnina. L’approdo a Milano di Capatosta, lo spettacolo del Crest andato in scena al Campo Teatrale, aveva un intento profondo: raccontare gli ultimi decenni di storia cittadina nella terra da cui è partita l’ascesa della famiglia Riva, fino a poco più di un anno fa titolare della più grande acciaieria d’Europa. Missione compiuta, grazie (ma non solo) all’operato sul palcoscenico del direttore artistico della compagnia tarantina, Gaetano Colella, e dell’attore Andrea Simonetti. Lo spettacolo si snoda attraverso una narrazione asciutta di una vicenda complessa, in cui si intrecciano il dramma ambientale, quello occupazionale e sanitario che colpiscono un intero territorio. Ma lo sguardo del regista Enrico Messina è già proiettato in avanti: cosa ne sarà della città nei prossimi anni?

Il racconto è affidato a due operai. Il primo (Colella) è un veterano: vent’anni di servizio alle spalle e il carattere spigoloso che appartiene a chi difende coi denti quel poco che ha. Il secondo (Simonetti) è un venticinquenne appena assunto nello stabilimento. Tra le due tute blu va simbolicamente in scena la consegna del testimone vissuta in centinaia di famiglie locali: il genitore che accetta di farsi da parte per lasciare il posto fisso al figlio. Tale potrebbe essere il rapporto tra i protagonisti, in grado di far compiere a chi osserva un rapido tour nell’impianto siderurgico più grande d’Europa, da molti – sopratutto fuori città – conosciuto soltanto attraverso la lettura dei giornali. Capatosta pone lo spettatore in una posizione scomoda: quella di chi si fa domande e non sa darsi delle risposte, che poi corrisponde a ciò che da mesi sta accadendo in riva allo Ionio. Capaci si dimostrano gli attori nel ricostruire non soltanto l’ambiente della fabbrica, ma la coltre di nubi che avvolge il destino di Taranto, senza mai cadere nella retorica, nonostante una scrittura risalente a due anni fa.

Mentre il capoluogo lombardo tremava sotto i colpi degli anni di piombo, sulle rive dello Ionio ci si beava di una prosperità effimera e lontana dalle vicende del resto del Paese. In sala c’erano molti tarantini, ma non solo. Se la “missione” è stata proficua, è stato soprattutto grazie alla presenza di un pubblico eterogeneo e di molti adolescenti, attenti per un’ora ad ascoltare tutte le contraddizioni di una realtà distante quasi novecento chilometri. A Taranto manca tutto: salute, lavoro, denaro e aria pulita. Milano lo ha scoperto grazie al Crest.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Campo Teatrale
Via Cambiasi 10, Milano
Dal 13 al 16 gennaio 2016

Capatosta
produzione Teatro Crest
scritto da Gaetano Colella
regia Enrico Messina
con Gaetano Colella e Andrea Simonetti
composizione sonora Mirko Lodedo
scene Massimo Staich
disegno luci Fausto Bonvini
datore luci Vito Marra
foto di scena Marco Caselli Nirmal
in collaborazione con Armamaxa Teatro