Libre elle est née et libre elle mourra!

Dopo una lontananza dalla Toscana di ben 11 anni, torna Carmen. Il Giglio di Lucca registra il tutto esaurito.

Sta gridando. Chi la sentirà?
Una parola. E la parola è: distanza. Ma se il prestigio di una mano sapesse strappare a quest’opera il velo, risparmiando gli orpelli – come accade in quel vecchio gioco che i più abili fanno con la tovaglia imbandita – è facile immaginare che, sotto di essi, si rivelerebbbe un abisso. E fili, tanti fili.
Un’opera, quella in scena al Giglio di Lucca, intrisa di oblio. Distacco. Disuguaglianza. In una sola parola, un solo nome: Carmen. Certo, potrebbe anche chiamarsi Ersilia – la città errabonda, matrice e preda degli umani rapporti: questi fili che ingombrano le strade, esondano, la scortano allo sfacelo. La Ersilia che Calvino ha immortalato, quasi un secolo dopo, tra le Città Invisibili.
Domenica, 24 novembre: quella che va in scena oggi è un’opera giovane, un corpo ancora caldo sotto la coltre di freddo vespertino. Ecco duplicato il sentimento di Nietzsche che percepisce Carmen come il riverbero di un focolare nella gloria così scandinava, così algida di Richard Wagner – all’epoca un’onnipresente istituzione musicale.
Scarna è la sceneggiatura, in cui a predominare è sempre il muro, un muro arido e battuto dai venti, punto vivo della vicenda, concretizzazione di quella parola, “distanza“, che è il fulcro dell’intera opera. I colori estremi predominano tra le luci, i toni senza scrupoli, i più riarsi per la calura iberica, i più malati per la landa invernale. La morte della famme fatale è, logicamente, un tripudio di rosso.
Ma il muro, il muro non intende frapporsi tra i soli personaggi: alle sue sponde sono due stili operistici, la tradizione e l’innovazione; Micaëla, l’anticarmen per eccellenza, barricata negli ideali della purezza, della fede, del vincolo familiare. Mentre Carmen rimane, con fierezza, la zingara infernale. Donne, innegabilmente, ma anche personificazioni di due tradizioni in reciproco conflitto: il costume francese dell’epoca, col suo bagaglio di magniloquenza e ripetizione; e la nascente espressività realista, che fa dell’opera una rappresentazione quasi in linea con quelle successive creazioni italiane di dichiarato stampo verista. Parliamo dei Pagliacci, naturalmente. O di Cavalleria Rusticana.
Ma la differenza tra le figure muliebri non è riscontrabile solamente sul libretto. Un melomane noterà particolari accorgimenti a differenziare le arie di Micaëla, più posate e tradizionali, da quelle di Carmen, in cui l’andamento musicale assume toni soverchianti e intensi: la stessa celeberrima Habanera ne è una dimostrazione lampante, fornita di un ritmo a mezza via tra la seduzione e la minaccia. Senza contare la naturale associazione della verve musicale alla sfrenatezza dionisiaca, la passione, l’irrazionale. Altra motivazione, questa, che ha probabilmente contribuito a far apprezzare l’opera all’autore della Nascita della Tragedia (il già citato Nietzsche), la cui contrapposizione tra apollineo e dionisiaco si potrebbe, con una mossa particolarmente ardita, associare alla diversità simmetrica delle protagoniste femminili.
Al centro di questo campo di forza, Don José vacilla con l’ostinatezza delle banderuole al vento, in una fatale indecisione tra libertà e onore, novità e tradizone. La medesima disputa interiore che doveva cinvolgere il critico del periodo, che sentiva su di sé l’imminenza di un radicale cambiamento stilistico. Carmen o Micaëla?
Donna libera, donna irriverente, Carmen è una tra le pime eroine dell’arte a ribellarsi palesemente al sistema. La morte attende la sua scelta, una morte così ineluttabile, tanto ineluttabile quanto lenta a giungere: la luce che si tinge, con spaventevole gradualità, dei toni rossi, mentre la diatriba tra gli amanti ascende – tra minaccia e preghiera.
Ma questo rosso, questo rosso. Placati: non è che il tramonto. Vedi? Il toro è morto, la folla acclama Escamillo. Il sangue taurino è l’acre che ammorba l’aria, che tura la luce. Dentro le mura, l’esultazione. Canti di festa a incorniciare questa Pietà. L’accostamento, crudele e spiazzante, ricorda l’ultimo atto di Traviata, con la moribonda Violetta che agonizza sulle note gioiose della sfilata del Bue Grasso.
E l’aria è incandescente. Carmen, il demonio, nuota ormai nel sangue. Mentre fuori da altre mura, quelle del teatro, impazza la moda del femminicidio. La donna si lancia sul coltello di Don José. Petali, grazie, e rose: è finita.
Così, viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare“. Italo Calvino.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio – Lucca
sabato 23 novembre, ore 20.30
domenica 24 novembre, ore 16.00

Lo spettacolo tornerà in scena:
Teatro Verdi – Pisa
sabato 11 gennaio 2014, ore 20.30
domenica 12 gennaio 2014, ore 16.00

In quattro atti.
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Dalla novella omonima di Prosper Mérimée
Musica Georges Bizet

Personaggi e interpreti.
CARMEN: Laura Brioli (12 Gennaio) / Annunziata Vestri (23 Novembre) / Agata Bienkowska (24 Novembre, 11 Gennaio)
DON JOSÉ: Mickael Spadaccini (23 Novembre, 11 Gennaio) / Dario Di Vietri (24 Novembre, 12 Gennaio)
ESCAMILLO: Paolo Pecchioli (23 Novembre, 12 Gennaio) / Valdis Jansons (24 Novembre, 11 Gennaio)
MICAËLA: Valeria Esposito (23 Novembre, 12 Gennaio) / Ilona Mataradze (24 Novembre, 11 Gennaio)
ZUNIGA: Franco Rossi (23 Novembre, 11 Gennaio) / Veio Torcigliani (24 Novembre, 12 Gennaio)
MORALES: Alessandro Calamai (23 Novembre, 11 Gennaio) / Andrea Vincenso Bonsignore (24 Novembre, 12 Gennaio)
IL DANCAIRO: Giampiero Cicino (23 Novembre, 12 Gennaio) / Alberto Zanetti (24 Novembre, 11 Gennaio)
IL REMENDADO: Andrea Schifaudo (23 Novembre, 12 Gennaio) / Murat Can Guven (24 Novembre, 11 Gennaio)
FRASQUITA: Michela Antenucci (23 Novembre, 12 Gennaio) / Paola Santucci (24 Novembre, 11 Gennaio)
MERCEDES: Lara Rotili (23 Novembre) / Irene Molinari (24 Novembre, 11 e 12 Gennaio)

Direttore: Carlo Goldstein
Regia: Francesco Esposito
Scene: Nicola Bruschi
Costumi: Fondazione Teatro Goldoni e Teatro Alighieri di Ravenna
Ideazione Costumi: Alessandro Lai
Luci: Bruno Ciulli
Maestro Del Coro: Marco Bargagna
Mestro Del Coro Voci Bianche: Marisol Carballo

ORT Orchestra Della Toscana
Coro Lirico Della Toscana
Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno