Reti

La fenomenologia del quotidiano diventa danza alla Tenuta dello Scompiglio, con l’esperimento di Salvo Lombardo e la compagnia Chiasma.

C’è uno spazio e lo spazio è nel sole. E nello spazio gente, logicamente. A questo quasi mai pensiamo, che lo spazio attorno, noi lo contiamo a nostra conseguenza. Senza le persone sarebbe mai ipotizzabile l’idea di spazio? Si può percepire un vuoto quando nulla di concreto può venirne intervallato? Senza un essere, chi può curarsi del non-essere?
Un lui, due lei, sala nitida e pallida, da schiaffi. Uno di quei luoghi senza storia, chirurgici come i musei contemporanei, in cui metti una cosa e quella è improvvisamente fuori dal mondo e dal suo flusso. Una cosa, certamente, ma un’immagine? Che dire delle immagini? Che dire dei suoni, delle impressioni di sottofondo, quelle registrate dall’animo e mai sublimate, vuoi per il loro essere ordinario, vuoi per la fugacità con cui ci passano dentro per poi uscire, come fa l’acqua nel processo di osmosi? Anche loro, potendo, li si può estrapolare dal mondo?
La risposta è sì. La risposta è Casual Bystanders.
Tutto è possibile, là alla Tenuta. Tutto l’immaginabile può essere convertito in esperienza sensoriale, dalla ragazza che passa al fluire dei motori in strada. E proprio quelli saturano la sala bianca, come bestie selvatiche catturate nei boschi e liberate in casa, a correre all’impazzata da parete e parete, rimbalzando ovunque in preda alla confusione. Nella vampa dei rumori, le voci pacate dei ballerini dichiarano il registrato, il visto e conosciuto in una lista estranea al disordine: c’è uno spazio e lo spazio è nel sole; c’è la donna con le arance, c’è quella che stende il telo. Pic nic all’aperto, poco distante dalla strada. Passa gente, sguardi, contatti accidentali. C’è l’occhio di Salvo Lombardo, teso a catturare la molteplicità delle “informazioni fisiche”, archiviate sui rigidi taccuini e riproposte in scena, come pesci in acquario. Paragone che calca, se si considera il medesimo senso di realtà riprodotta, come in un inganno collettivo e voluto. Là dove sta il vetro abbiamo disposto la naturale parete, quella che nessuno dice ma tutti intrinsecamente sanno, lì a dividere mondo dal mondo, persona da attore, realtà da finzione.
I tre, Lombardo compreso, avanzano nello spazio. Non c’è un criterio assoluto, proprio come in strada. Seguono un copione scarno, fatto di gesti minimi, casuali, puramente meccanici: toccarsi un gomito, aggrapparsi nel tram; lui e lei si scontrano, lui e lei si parlano; gestualità delle mani, applauso stretta saluto. Di tanto in tanto qualcuno si ferma e impugna il microfono. Si parla di moti intravisti e li si descrive al dettaglio, molto meccanicamente, sul modello dei libri di aerobica. Tutto appare così complesso sotto l’occhio della ragione umana; tutto scorre sotto l’occhio di quel cervellotico computer organico, teso da sempre a dare una fenomenologia chiara e replicabile a ciò che vede, finanche la più fugace ed elementare. Noi umani e il nostro vizio di capire; noi umani e il nostro vizio di buttare nell’eterno ogni cosa.
Un’ora, un’intera ora per l’analisi di un puro frammento di vita, che si consuma in pochi secondi, da qualche parte in un parco cittadino, tra il rombo delle automobili e l’inattesa rottura della rete di arance, che conclude lo spettacolo e al contempo l’infrange, come una sassata che spacchi lo specchio del lago. La macchina umana, nonostante l’impegno profuso, non è mai risparmiata dagli effetti del Caso.
Spettacolo nato dall’occhio, frutto di un’osservazione armata di taccuino, il cui frutto è stato rielaborato in forma danzata, Casual Bystanders trascina lo spettatore in un vortice di riconoscimento, costringendolo a specchiarsi nell’immagine di se stesso. Grottesco e perfetto è il meccanismo ritmico e ripetitivo della coreografia, atta a evidenziare lo stato di repressione e artificio in cui sempre versa la comunità umana, alle prese perenni con l’incapacità di comunicarsi spontaneamente. E così, neppure il cangiare del comparto sonoro, dai rumori di strada al coacervo della discoteca, vale a liberare i corpi da quella meccanicità che ormai è parte del loro quotidiano. Vestiti di casual, i danzatori avanzano i gesti e i passi, con le espressioni impostate, senza verità o reciproca empatia. I contatti sporadici, quasi accidentali, non coinvolgono i volti. Cambiamenti improvvisi, cambiamenti isterici di tratti e posizioni, fino alle più scomode e innaturali. Stralci di voci registrate alla tv discutono e commentano inascoltate sui più disparati argomenti. E alla fine, quando nessuno più si aspetta nulla, la rete della frutta che si rompe, l’armonia che si crepa.
Il sollievo che dà quella rete, non lo si può esprimere a parole. O forse sì. Ma ve n’è poi bisogno?

Lo spettacolo è andato in scena:
Tenuta dello Scompiglio,
Vorno (LU)
Sabato 21 aprile 2018, ore 19.30
Domenica 22 aprile 2018, ore 17.30

Salvo Lombardo / Chiasma
Casual Bystanders
Ideazione, coreografia e regia Salvo Lombardi
con Lucia Cammalleri, Daria Greco e Salvo Lombardo
Sovrapposizioni sonore Salvo Lombardo su musica di Luc Ferrari
Disegno del suono Fabrizio Alviti

Ph: Gabriele Gargini