Messa a fuoco

All’Antù Spazioteatro Off di Roma va in scena l’ultimo appuntamento con la rassegna femminile Ritratto di Signora, dedicato alla personalità complessa e affascinante di Diane Arbus.

La contemplazione della bellezza è un’attitudine naturale dell’uomo. In essa lascia che gli occhi si perdano, che il pensiero trovi conforto: per pochi attimi svanisce il presentimento dell’effimero, si dimentica l’universo di contraddizioni e disarmonie che governa il mondo, e l’inquietudine si pacifica. Per secoli il pensiero ne ha indagato i canoni, le misure, alla ricerca di una geometria riproducibile che desse ragione della sua potenza conturbante. Eppure qualcosa, della bellezza, sfugge al calcolo: la meraviglia, l’emozione che suscita non è insita nelle linee che la determinano, ma è generata al di là di esse, in un luogo remoto e invisibile cui l’animo – inspiegabilmente – riesce ad attingere. Lì si nasconde una storia. Terribile o dolcissima, commovente o divertita. La bellezza racconta, ecco il suo segreto. Se una forma è muta, se non parla, non canta, non è bella.
Quante storie – e quanta bellezza – nei ritratti di Diane Arbus! Nani, donne barbute, giganti. Li chiamano freak, i mostri, gli scherzi della natura. Ma il suo occhio sapiente vede in essi la più alta rappresentazione della vita. Chi nasce con un dolore non ha paura del dolore. Chi non teme è libero.
In questi individui straordinari la Arbus vede realizzarsi una condizione di adattamento “nonostante tutto” che lei non raggiungerà mai – sopraffatta dal “mostro” della depressione si suicida a quarantotto anni – e il rispetto, l’amore umano e artistico dei suoi scatti lo confermano.

Rappresentare tutto questo sul palcoscenico sembra impossibile. Troppo fitta la trama di suggestioni evocate. Eppure, all’Antù il miracolo si compie. Lo spettatore è condotto nel “circo dei mostri” dove i freak provano i numeri d’attrazione per un pubblico di “normali”. Si respira, nei pochi elementi scenografici, la polvere delle stanze chiuse, la magia cupa di un mondo ai margini, invisibile. È una realtà sognata, dove il tempo si traduce in ricordo e in racconto: la fotografa statunitense torna nei luoghi a lei cari per l’ultima volta e lascia che i suoi amati “diversi” la accolgano in un estremo, definitivo gesto di protezione.

Chi può dirmi chi sono è un omaggio meraviglioso a un’artista indimenticabile. È un testo superbo, scritto con misura e forza da Francesca De Berardis, che in scena veste i panni della Arbus stessa. È un’interpretazione viscerale di tre attori giovani e pieni di talento. È una regia intelligente, che orchestra luci, scene e recitazione in un unicum di straordinaria omogeneità.
È uno spettacolo da vedere e rivedere, assolutamente.

Lo spettacolo continua:
Antù Spazioteatro Off
via di libetta 15/c – Roma
fino a martedì 29 marzo, ore 21.00
(durata 50 minuti circa senza intervallo)

Chi può dirmi chi sono? Studio su Diane Arbus
di Francesca De Berardis
regia Daniele Grassetti
con Francesca De Berardis, Daph Mereu, Marco Paparella