La privatizzazione non è un sistema, ma un prodotto

Al teatro Elfo Puccini, Renato Sarti ed Elena Novoselova spiegano il consumismo con una lezione di storia dell’economia da antologia. Il capitalismo viene smascherato con violenza visiva e verbale per discutere di ciò che, senza far rumore, sta cambiando il corso delle vite di miliardi di persone.

Chi è l’uomo nella vasca di marmo pregiato dal volto mefistofelico, che sguazza nell’acqua putrida da quasi un secolo? Chi è la ragazza dal chiaro accento russo che si piega senza tante proteste alle richieste del suo irritante protettore? Al primo approccio potrebbero apparire come due soggetti che raccontano una storia piena di significati, intrisa di metafore, ma molto lineare, molto semplice. Forse a tutti gli spettatori piacerebbe che fosse solo questo, ma non è di questo che si tratta. La premura di Renato Sarti, geniale e diabolico ideatore di uno spettacolo che va oltre alla semplice critica a un sistema come quello capitalista, è stata proprio quella di smontare pezzo per pezzo il macchinario per mostrare il funzionamento degli ingranaggi. Come?

Esemplificando – e vestendo i panni del capitalista che non unge il suo marchingegno con la privatizzazione di ogni cosa, come molti erroneamente si ostinano a pensare, bensì con le parole, con la pubblicità, il cui unico scopo è quello di vendere un prodotto, che assume tutte le forme del privato. Il mattatore Sarti, accompagnato dalla bellezza oltrecortina di Elena Novoselova, non si risparmia, il linguaggio visivo è violento e a volte disturba, ma è costante nella sua brutalità per sollecitare e disarmare.

Il nostro Deus-ex-Machina non riesce a uscire dalla lussuosa vasca che si è costruito dentro al bunker e continua a rimanere nella palta dell’acqua stantìa, ordina e urla alla sua malcapitata accompagnatrice, una donna che non gli risparmia critiche, ma è costretta ad assecondarlo per non soccombere. Sì, perché il paradosso è proprio questo: il capitalista, nonostante sia conscio delle proprie debolezze, riesce lo stesso a comandare, perché spesso è la violenza ad accompagnare le sue malefatte, violenza che come Sarti stesso si premura di dire è: «un mezzo e mai un fine».

Svetlana, il personaggio interpretato dalla Novoselova simboleggia l’Est sconfitto e soffocato dal sistema che per anni ha combattuto, ma che poi fondamentalmente ha sposato dopo tanti ammiccamenti, dimostrando di aver imparato le lezioni teoriche – e non – che Friedman e Von Hayek hanno impartito a tutto il mondo. Il titolo Chicago Boys deriva proprio da questo tipo di filosofia, fatta propria da un gruppo di economisti cileni della Città del vento negli anni 70, ispirati dai succitati, fanatici propugnatori della privatizzazione che hanno attirato milioni di adepti in tutto il mondo – i quali non hanno mai smesso di ragionare nella logica del profitto, arrivando a toccare il cielo e, non contenti, si sono anche messia a fargli il solletico. “Libera Volpe in Libero Pollaio”: questo il loro motto, il loro credo – ossia, chi è più furbo e veloce fa suoi i polli che che scorrazzano in giro. Più polli ci sono più la pancia è piena, quindi il diktat è: meno trappole e più pollai da violare.

Chicago Boys è un’opera grandiosa, non è solamente uno spettacolo teatrale, bensì un trattato enciclopedico, in cui la bravura dei due protagonisti aiuta a comprendere antitesi e significati subliminari. L’ausilio delle immagini e dei reperti storici filmati conferiscono quella veridicità che molto spesso si rischia di compromettere con errati messaggi politici. Ci hanno sbandierato sotto gli occhi la democrazia, la libertà di poter esprimere la nostra opinione, poter partecipare come liberi cittadini alla vita pubblica, ma poi hanno deciso che il tutto dovesse avere per forza un dittatore supremo, contro il quale non è possibile alcuna rivoluzione: il denaro. Per il denaro si uccide, si usurpa, ma soprattutto si confonde la massa con ideologie inesistenti e con guerre contro un nemico che, di volta in volta, si rinnova, solo per moltiplicare il profitto ed esportare una certa forma ideologica in giro per il mondo.

Dal crollo del muro di Berlino questo processo si è esteso in maniera vertiginosa, originando un percorso che non si esaurirà mai e che cerca di portare, sotto il giogo del mercato e dell’economia liberista, anche l’acqua e, domani, forse l’aria. Perché, si sa, il buon imprenditore: «pubblicizza le perdite e privatizza i guadagni» – tutto senza un’etica di fondo.

Lo spettacolo di Renato Sarti non si può definire semplicemente “da vedere”, ma “da divulgare”, un grandioso esempio di impegno civile che non deve esaurirsi su un palcoscenico.

Lo spettacolo continua:
Teatro Elfo Puccini
corso Buenos Aires, 33 – Milano
fino a domenica 19 giugno
orari: feriali ore 21.00 – domenica ore 16.00

Chicago Boys
di Renato Sarti
Regia di Renato Sarti
on Renato Sarti, Elena Novoselova
scene e costumi Carlo Sala
ideo realizzati in collaborazione con Fabio Bettonica
N.A.B.A. – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano
assistenti Marco Di Stefano, Riccardo Pippa
produzione Teatro della Cooperativa
con il sostegno di Regione Lombardia – Progetto Next