Un incontro azzardato e perfettamente riuscito

ensemble7esensL’Ensemble 7e sens apre la propria stagione concertistica con un concerto coraggioso: unire Giuseppe Verdi e Richard Wagner nel Grand Temple Protestant di Lione non è una semplice scelta musicale, ma un vero e proprio atto di presa di posizione musicale e non solo.

Le serate musicali dell’Ensemble 7e sens stanno diventando un appuntamento, tanto fisso quanto piacevole, nella stagione concertistica lionese.
Il complesso, formatosi inizialmente nel 1991, ha assunto una dimensione totalmente professionistica solamente a partire dal 2007. Specializzato della musica romantica, l’Ensemble 7e sens propone anche quest’anno un programma ricco e complesso, con una serie di eventi che saranno seguiti da Persinsala con passione e attenzione. Grieg, Rossini, Beethoven, Gouvy sono solamente alcuni dei nomi che risuoneranno in diversi luoghi lionesi (l’aspetto itinerante è uno dei molti caratteri del complesso).
E per aprire questa nuova stagione concertistica, il direttore Jean-Philippe Dubor ha sparigliato le carte, in perfetta sintonia con lo spirito romantico, proponendo un accostamento che dichiara, già nel sottotitolo scelto per presentare la serata, la propria resistenza all’unione, alla pacificazione: Chœurs d’opéras. «Verdi, Wagner: l’impossible rencontre?».

Un incontro, in effetti, difficile da immaginare. Due figure fondamentali della musica del diciannovesimo secolo, ma anche due figure che vanno al di là della loro stessa musica, trovandosi implicate, loro malgrado, nelle storie politiche e sociali delle rispettive nazioni. Questi due compositori si situano lontani uno dall’altro, e le loro concezioni della musica non possono certo definirsi come simili. Verdi arrivò perfino a definire il collega tedesco «matto» dopo aver ascoltato la sinfonia del Tannhäuser. Caratteri diversi, carriere diverse, i due compositori hanno dimostrato nei fatti una distanza che, con gli anni, andò mitigandosi. Se in Verdi prevale senza dubbio la voce sull’orchestra, quella voce che incarna i sentimenti, il comando, in Wagner manca questa supremazia che, invece, cede il passo a un equilibrio tra le due sorgenti musicali, che cooperano per un’ascensione totale della partitura. Verdi mantenne sempre il suo proprio stile, ma le sue tarde opere, come l’Otello e il Falstaff per esempio, mostrano dei caratteri simili alle composizioni wagneriane. Un omaggio, forse nascosto e difficile da elaborare, ma certamente un legame con quella grande musica tedesca.

Il programma della serata ha mostrato indubbiamente la distanza tra i due compositori, presentando tutte le opere selezionate dal repertorio verdiano nella prima parte e tutte quelle wagneriane nella seconda, ma questa separazione ha sortito un effetto maggiormente democratico che di opposizione. L’equilibrio che il direttore Jean-Philippe Dubor è stato in grado di mostrare nella scelta delle opere ha donato alla serata un alone di rispettosa ammirazione per questi poli creativi.

La serata si è aperta sul coro Vedi, le fosche notturne spoglie dall’atto II de Il Trovatore, una delle prime e folgoranti opere del maestro di Roncole di Busseto che riscosse un incredibile e duraturo successo. Sono poi seguiti due cori dal Don Carlo, quello intenso dei monaci, dal primo atto, e il celebre coro dell’autodafé, Spuntato ecco il dì d’esultanza, dal terzo atto. Il programma verdiano è continuato con il raffinato inno La vergine degli angeli che chiude il secondo atto de La forza del destino e, sempre da questa opera, la tarantella Nella guerra è la follia, dall’atto successivo. Dell’Aida non poteva mancare il finale dell’atto II con l’inno Gloria all’Egitto, ad Iside e una Marcia trionfale non impeccabile. Un sunto efficace della poesia e della forza musicale di Giuseppe Verdi.

Dopo una breve pausa per gli artisti, il programma della serata riprende vedendo come unico protagonista Richard Wagner. Dal Tannhäuser sono stati riproposti due cori, quello degli invitati (atto II) e quello dei pellegrini (atto III) mentre dal Lohengrin è stato proposto un emozionante Coro nuziale. Non sono mancati nemmeno dei cori da altre due opere importanti del compositore tedesco: Summ’ und Brumm’ da L’olandese volante (noto anche come Il vascello fantasma), un’opera piuttosto giovanile, il coro iniziale nella chiesa del primo atto e quello finale del terzo atto da I maestri cantori di Norimberga, opera più tarda del Maestro.
Wagner in tutto il suo splendore e la sua forza. Jean-Philippe Dubor è riuscito a imprimere un piglio da grande direttore, conducendo perfettamente il percorso wagneriano all’altezza della sua fama.

È difficile dire come sia terminato questo incontro. Certamente, non vi sono stati né vincitori né vinti, ma una grande prova di forza e di magnificenza di due tra le più grandi menti del diciannovesimo secolo. L’impossibilità dell’incontro si è mantenuta solamente dell’enunciazione dello stesso. Una volta avvenuto l’incontro, l’impossibilità si è dissipata, lasciando lo spazio a un corpo a corpo (musicale) di altissimo livello.

Un intenso omaggio che Jean-Philippe Dubor, Fabrice Boulanger e il coro dell’Ensemble 7e sens hanno dedicato a due pilastri della lirica mondiale nel bicentenario della loro nascita.

L’Ensemble 7e sens a proposé, en guise d’ouverture de la nouvelle saison des concerts lyonnais, une rencontre «impossible» entre deux piliers de la musique romantique du dix-neuvième siècle : l’italien Giuseppe Verdi et l’allemand Richard Wagner. Une confrontation difficile mais parfaitement réussie, à l’occasion du 200e anniversaire des deux compositeurs.

Lo spettacolo è andato in scena:
Grand Temple Protestant
3, quai Augagneur – Lione
venerdì 20 settembre, ore 20.00

L’Ensemble 7e sens presenta
Chœurs d’opéras
direttore d’orchestra Jean-Philippe Dubor
piano Fabrice Boulanger
coro dell’Ensemble 7e sens