Che la fine abbia inizio

A due anni dal debutto, Circus dark queen, lo spettacolo di Stefano Napoli ispirato al mito shakespeariano di Cleopatra, torna in scena al Teatro Ulpiano consegnando al pubblico un muto monologo, di rara bellezza, sulla vanità di ogni cosa, della vita stessa.

Da oltre trent’anni Stefano Napoli, con la compagnia Colori proibiti da lui fondata, sonda le pieghe più cupe dell’animo umano e dell’esistenza dando ad esse forme visibili, implacabilmente suggestive. Spesso la mitologia è stata sua fonte di ispirazione (si pensi a Ifigenia, o a Icaro, solo per citarne alcuni), secondo uno schema creativo che dalla leggenda conduce alla realtà, invertendo il percorso antropologico che si sviluppa in senso propriamente opposto. È così anche nel caso di Circus dark queen, dichiaratamente ispirato alla Cleopatra della tragedia shakespeariana, ma assolutamente decifrabile anche per chi sia totalmente digiuno dei testi del Bardo. I personaggi in scena sono infatti allegorie turpi e sadiche dell’uomo stesso, precisamente della parte dark, appunto, insita in ciascuno: e sebbene l’istinto di attingere al testo elisabettiano sia irrefrenabile – c’è addirittura chi in sala sfodera lo smartphone e disintrega il buio assoluto dei cambi di scena per cercare risposte immediate su wikipedia – il caso vuole che sia anche del tutto superfluo. La vanità del potere, dell’amore, della vita stessa è il messaggio che con tagliente e dolorosa chiarezza emana da ogni singolo atto, e non c’è possibilità di errore, nel coglierlo. I due diabolici domatori (uomo e donna come si volle sin dalle origini) che muovono le fila – più corretto dire le catene – della trama sono la trasfigurazione della morte, del nulla pronto a fagocitare ogni cosa, e i due personaggi (uomo e donna ancora, Antonio e Cleopatra in stato di disgrazia) si lasciano comporre e decomporre da loro, marionette tristi anche nella felicità, poiché non c’è gioia a cui la fine non faccia ombra.

Le cifre stilistiche del teatro di Stefano Napoli sono tutte presenti e vivide anche in quest’opera: esiliata la parola ai confini del significante, il linguaggio è interamente assegnato al gesto, agli attori, alle luci e alla musica. Questi elementi, troppo spesso scelti secondo un criterio sciatto di casualità, sono qui la pulsazione vitale dello spettacolo. I personaggi (gli attori stessi si spogliano a tal punto della loro identità umana da essere percepiti, nella loro integrità, come personaggi) interagiscono tra loro, intrecciano le corporeità costruendo di scena in scena delle vere e proprie tele, dando prova di un’abilità fisica e artistica straordinaria. Un drappo, una benda, una sedia, oggetti minimali e solitari, bastano a far da scenografia interattiva, continuamente maneggiati, indossati, spostati a creare un paradossale dinamismo.
Rispetto alla frammentarietà – pur sempre del tutto coerente e lucida – tipica degli allestimenti di Napoli, in Circus dark queen prevale un impianto narrativo lineare, che custodisce il senso di tutto da un frammento all’altro e accompagna lo spettatore alla conclusione, un angosciante e disperato trionfo della fine.

L’estetica di Stefano Napoli e il lavoro di Colori Proibiti sono il frutto di una ricerca vera e franca di un nuovo linguaggio, che mescoli il figurato, l’astratto e il sonoro in un unico grande fotogramma in movimento. Una boccata d’ossigeno in un’epoca in cui molto spesso si fa “teatro sperimentale” alla buona, senza una chiara urgenza di comunicazione e rivelazione, all’inseguimento dell’effetto strappa-applausi e del sold out a tutti i costi. Per godere di tesori e poteri che, come tutto il resto, finiranno anch’essi nello stesso universale nulla.

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Lo spettacolo continua:
Teatro Ulpiano
via Calamatta, 38 (Piazza Cavour) – Roma
fino a domenica 10 novembre, ore 21.00
(durata 50 minuti circa senza intervallo)

Colori Proibiti presenta
Circus dark queen
ricordando “Antonio e Cleopatra” di W. Shakespeare
regia Stefano Napoli
con Francesca Borromeo, Simona Palmiero, Giuseppe Pignanelli, Luigi Paolo Patano
disegno luci Mirco Maria Coletti
consulenza musicale Federico Capranica
foto Dario Coletti