L’altra faccia del teatro contemporaneo

Teatro Akropolis. La Compagnia nasce nel 2001, diretta da Clemente Tafuri e David Beronio. Realtà alternativa di Sestri Ponente che mette al centro la ricerca, l’innovazione e il radicamento in un quartiere popolare di Genova. Animatori culturali di grande intelligenza e abilità, portano avanti progetti artistici di grande interesse, quali AkropolisLibri e il Festival Testimonianze Ricerca Azioni.

1) Quali sono le problematiche che deve affrontare chi produce teatro contemporaneo fuori dagli ex Stabili?

2) Quali dovrebbero essere i parametri e i principi di una Legge quadro sul finanziamento della produzione teatrale dal vivo che risponda alle esigenze delle Compagnie off?

C.T. e D.B.: «Esistono molti modi per confrontarsi con quei temi che la tradizione e la storia dell’arte e del teatro hanno sollevato e che, ancora oggi, riescono a ispirare un dibattito e un confronto capaci di incidere sul presente. Non basta essere vivi, qui e ora, in scena o in surrogati della scena, per pensare di fare qualcosa che ha a che vedere con la contemporaneità. La scena, cioè, non è più il luogo esclusivo a cui affidare la forma definitiva di una ricerca. Forse partendo da qui, da una banalità, in fondo, è possibile capire cosa significa lavorare al di fuori dei circuiti convenzionali e come definire un rapporto con gli ex Stabili e le amministrazioni, ovvero con chi gestisce la propria attività artistica e progettuale in funzione della scena, del luogo teatrale, della formazione piuttosto che della disfunzione della formazione. Lavorare al di fuori del sistema degli Stabili dovrebbe, innanzitutto, dare al teatro la legittimità di un’esperienza conoscitiva complessa che non si riduce a fare spettacoli. Che non ha bisogno solo della scena, ma che vede nella scena uno dei modi, eventuali, per moltiplicare la complessità delle cose, per rimandare ad altro che riguardi profondamente le persone che il teatro lo fanno e quelle che vi assistono. E questo significa essere coscienti del proprio cammino, fatto di tempi che nulla hanno a che vedere con i tempi produttivi convenzionali, di problemi che eccedono i problemi della scena, di persone che hanno scelto di accettare sfide molto più complesse che non quelle della messa in scena di un testo. Assessorati e Ministero dovrebbero riflettere sul fatto che non è possibile trovare parametri unitari che risolvano in un colpo solo le difficoltà di realtà che operano in modi così diversi. Forse iniziare un dialogo partendo da queste differenze potrebbe essere l’occasione per riflettere su nuove modalità di finanziamento e di sostegno. Invitare a un dialogo quei teatri, quelle Compagnie e quegli artisti (o almeno una significativa rappresentanza) che fanno ricerca e le cui urgenze non possono essere parametrate a quelle degli ex Stabili, potrebbe essere un modo per iniziare quantomeno a condividere con le istituzioni l’esistenza di certe questioni e la loro necessaria autonomia».