Amore cane – The End

vascello-teatro-roma-80x80La fine di un amore è un esperienza avvilente che mostra il peggio di noi in un confronto straziante, pieno di parole scelte apposta per premere il grilletto e farsi fuori. Rambert arriva al limite dell’umana tolleranza.

Anna e Luca entrano dalla porta di sicurezza e accendono un alto soffitto di ventiquattro neon sparati su uno spazio asettico, bianco. Magari una palestra, con la sbarra per gli esercizi di danza e le panche per riprendere fiato addossate alle pareti. Nei loro passi c’è burrasca. Luca ha l’urgenza di parlare, Anna ha appena fatto scivolare via la tracolla dalla sua spalla quando subisce il colpo. Luca attacca a parlare e fa fuoco. Potrebbe limitarsi a dire: «Non ti amo più, me ne vado, è finita», ma è uno stacanovista dell’anticonformismo, detesta gli stereotipi e inorridisce davanti alle frasi fatte, perciò motiva la sua decisione in un lungo e demolente monologo. La feroce pedanteria con la quale sviscera l’intimità della loro relazione e insieme il concetto stesso di amore atterrisce, Anna per prima, sopraffatta e silenziosa durante tutti i quarantacinque impetuosi minuti. Anna lotta per mantenere dritta la schiena mentre la sua anima frana e il suo cuore si svuota davanti agli occhi di tutti. Poi decide di rispondere, colpo su colpo, i ruoli si invertono così come le posizioni sulla scena e con il suo irruento monologo si chiude il loro amore, la loro storia. Sin dal debutto al Festival di Avignone 2011, Clôture de l’amour ha ottenuto una straordinaria serie di consensi in tutto il mondo e con il sostegno del Teatro Stabile dell’Emilia Romagna giunge in Italia per la regia dello stesso autore, Pascal Rambert, direttore del centro sperimentale Théâtre de Gennevillier. Rambert esplora i significati della “chiusura” di un amore senza paura di farsi male. In piedi uno di fronte all’altra, i due protagonisti si aggrediscono a distanza, uno spazio che nessun movimento potrà più colmare. Il loro unico contatto è dato dagli sguardi fissi e dalla loro voce ingombrante che smorza l’aria. Tale messa in scena di un massacro morale non poteva che essere montata da due attori. Anna e Luca, infatti, recitano in teatro e i loro discorsi sono intrisi di artifici e arte da un lato, e verità dall’altro. Anna e Luca però sono anche Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi, tra gli attori di maggiore talento oggi sulla scena. Controllo, grazia, presenza, convinzione, i due soli interpreti aderiscono perfettamente al testo e insieme non concedono tregua al pubblico impedendo ogni distrazione, nonostante il torrente di parole che si tirano addosso in un tempo che sembra rallentato. Così ascoltiamo Luca prendere la decisione di “dire le cose” e quindi renderle fattive, il loro amore è finito, ora non esiste “noi”, esisterà forse in futuro con altre persone. L’idea di un amore che sia per sempre è un’illusione comune alimentata dalle frasi che tutti vogliono sentirsi dire e tutti quanti dicono, prima di trovarsi al centro di una ragnatela intessuta dalle idee che l’altra persona si fa di noi e che ci avvolgono come un velo fino a farci sparire. “Chi amiamo quando amiamo?” Non risparmia nulla, mettendo in discussione anche il loro primo rapporto sessuale, la geometria dei loro due corpi. Un uomo brutale e famelico come un lupo. Quando Anna risponde è scossa da fremiti intensi: lo amava, per lui sarebbe stata la casa, la stabilità, il punto fermo, ma ora non sente più nulla, hanno versato sale sul terreno dove coltivavano il loro futuro. Luca s‘è arrogato il diritto di spegnere “il sogno che facevano insieme, trasformandolo in un incubo individuale”. Sputa in faccia la sua di verità perché non era “finzione” il loro amore, non era un desiderio indotto dal senso comunitario delle domeniche al centro commerciale. Non era finzione la loro armonia, i progetti, i figli. Una donna dura come ghiaccio. Le donne si sa hanno più coraggio e sono capaci di leggerti dentro, Anna non butta via il loro passato, non lo rifiuta e consentendo alla richiesta di Luca di tenere una certa poltrona da salotto, si lancia in uno struggente elenco di tutte le sensazioni e gli stati d’animo che hanno vissuto insieme, ossia quello che lei sceglie di “tenere” andando avanti nella vita che da ora in poi sarà solo sua.
Il linguaggio che utilizzano è eccentrico, un vocabolario scritto a quattro mani, giorno dopo giorno, carico di forestierismi e citazioni. Si direbbe un loro idioma tipico, esclusivo che diviene insussistente ora che la passione ha preso il senso di calvario, un linguaggio straniante, inconsueto anche perché la situazione in sé lo sembra già di suo. Specialmente quando tra un monologo e l’altro entra un coro di bambini e canta Bella di Jovanotti portando una nota cristallina, un tono di innocenza che rischiavamo di dimenticare. Ma quando tutto è detto, non resta soluzione, le loro strade si devono separare e lo faranno, due strade opposte, maschile e femminile, io e noi, unione e solitudine, oggi e domani, stavolta sì per sempre.

Lo spettacolo continua:
Teatro Vascello
via Giacinto Carini, 78 – Roma
fino a domenica 14 aprile
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 18.00 (lunedì riposo)
(durata 1 ora e mezza senza intervallo)

Emilia Romagna Teatro Fondazione
con il sostegno di Institut français – progetto “Théâtre export” presentano
Clôture de l’amour (Finale d’amore)
di Pascal Rambert
regia Pascal Rambert
con Anna Della Rosa, Luca Lazzareschi
traduzione Bruna Filippi
assistente alla regia Thea Dellavalle
direttore tecnico Robert John Resteghini
elettricista Roberto Riccò
cappelli realizzati da La Bouret