L’inverno del nostro scontento

Davide Livermore al Teatro Greco di Siracusa mette in scena Coefore ed Eumenidi di Eschilo con Laura Marinoni e Giuseppe Sartori: la storia di Oreste diventa un melò cinematografico ambientato in una improbabile e nevosa Repubblica di Salò.

Bizzarramente il lavoro di Davide Livermore sull’Orestea di Eschilo, l’unica trilogia che possediamo interamente del mondo greco, comincia dal secondo testo, le Coefore e, nella stessa serata, prosegue fino alla conclusione delle Eumenidi. L’Agamennone, il primo testo, è invece rimandato all’anno prossimo.
La spiegazione del direttore Antonio Calbi fa riferimento al centenario delle Coefore del 1921 con le scenografie di Duilio Cambelotti. Ma il Festival era stato inaugurato correttamente con Agamennone nel 1914, poi c’era stata un’interruzione di sette anni per il primo Conflitto mondiale e l’epidemia di “spagnola”. Comunque sia si comincia in medias res.

Livermore non è nuovo tra le rovine siracusane: nel 2019 ha diretto una fortunata Elena di Euripide sempre con Laura Marinoni, ripresa anche dalla Rai. Ritorna dunque a Siracusa con lo stesso staff e lo stesso stile. Solo che le Coefore non sono Elena ed Eschilo è linguisticamente e drammaturgicamente distante anni luce da Euripide. Quindi l’operazione di trasformare la tragedia in una sorta di melodramma o, meglio, in un musical che con mille trovate schiaccia l’occhio al linguaggio cinematografico funziona meno. Non solo: un’opera complessa come l’Orestea, in cui non si narra semplicemente la storia di una famiglia disfunzionale, ma si costruisce un discorso antropologicamente complesso sulla società e sulla giustizia richiederebbe una maggiore attenzione. Senza scomodare le letture oggettive di Luca Ronconi e Peter Stein, non ci scandalizziamo certo di fronte a una interpretazione dichiaratamente soggettiva, ma ci piacerebbe trovare almeno un po’ di coerenza.

Le Coefore (cioè le portatrici delle libagioni per i defunti) raccontano il ritorno a casa del giovane Oreste per vendicare la morte del padre Agamennone, ucciso dalla madre Clitennestra in combutta con l’amante Egisto. Livermore ambienta l’opera in una nevosa Repubblica di Salò.

L’immaginario cinematografico rimanda forse a Pasolini (Salò/Sade), non certo ad Anghelopulos (La recita), più incongruamente al Signore degli anelli. Sul fondale c’è infatti un grande buco nero in cui si retroproiettano immagini astratte e cangianti di mondi che spesso si colorano di sangue e che ricorda il terribile occhio di Sauron. È una scelta scenografica che tende a creare con poco un’immagine fotogenica sempre cangiante. Tutto intorno cumuli di neve che seppelliscono due pianoforti, un grammofono, un divano e un tavolino, rovine sullo sfondo. Le guardie sono cattivissime ed Egisto, quando appare, è in compagnia di una povera ragazza, che il gerarca uccide in scena con un colpo di pistola, dopo averla sicuramente violentata. L’attualizzazione fa sì che la coppia assassina entri con una macchina d’epoca e il biondo ricciolo che Oreste depone sulla tomba del padre è un proiettile d’oro. Lo scrupolo di Livermore è di natura realistica, di per sé è comprensibile, ma la ciocca di capelli, per quanto improbabile, faceva tenerezza. Allo stesso modo Egisto e Clitennestra muoiono in scena (contravvenendo alle indicazioni eschilee), la seconda, come Eva Braun, per una fialetta di cianuro, che il figlio le ha dato. E resta sul divano per risorgere nelle Eumenidi.

Tutta la prima parte della tragedia incentrata sul lamento della sorella Elettra, sul riconoscimento dei fratelli e sul proposito di vendetta è messo in scena molto seriamente, anzi seriosamente: Livermore, affidandosi alle musiche di Andre Chenna (onestamente non belle), aspira a un’opera d’arte totale, ottenendo però modesti risultati. Non solo, ma la pervasiva base musicale registrata, su cui si aggiungono gli interventi dal vivo di Stefania Visalli e Diego Mingolla, crea un letto di Procuste cui vengono costrette le parole degli attori, mentre il ritmo del testo, restituito dall’efficace traduzione di Walter Lapini, offrirebbe agli interpreti ben altre possibilità. Parrebbe proprio che qui, a differenza che nella Camerata dei Bardi, infelicemente citata nelle note, sia venuta prima la musica (e non le parole) e gli attori abbiano solo potuto adeguarsi.

Giuseppe Sartori nel ruolo di Oreste è però bravo, ha le physique du rôle, è sempre in parte, e convince nel ruolo del ribelle partigiano, Anna Della Rosa soffre invece di più i vincoli delle richieste registiche.

Nella seconda parte delle Coefore alla serietà si sostituisce la parodia: Laura Marinoni (Clitennestra) è una femme fatale, in vestito da sera di lamé, acconciatura e occhiali da sole anni ‘50, che sorseggia continuamente champagne da coppe di cristallo, mentre Stefano Santospago è un gerarca senza scrupoli: entrambi gestiscono con consumata disinvoltura le loro scene e si divertono a recitare, anche perché Livermore ha definitivamente abbandonato l’impostazione tragica iniziale. Con le tre Erinni (Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca: tutte in abito da sera argentato come Clitennestra, di cui sono emanazione), entra in scena, dopo il doppio delitto, il kitsch cabarettistico (due attori sono en travesti), ma timidamente, senza il coraggio di trasformare le intenzioni in una scena compiutamente realizzata. Sulle stesse impostazioni procede anche la rappresentazione delle Eumenidi, in cui risaltano una brava Pizia (Maria Grazia Solano, perfetta anche come nutrice) e una disinvolta e impeccabile Atena (Olivia Manescalchi).

La scena finale della trilogia è un nodo concettuale difficile da risolvere all’interno di questa impostazione registica. Il testo eschileo ci racconta come Oreste, protetto da Apollo (Giancarlo Judica Cordiglia), giunga ad Atene perseguitato dalle Erinni che lo tormentano per il matricidio commesso. A una votazione del tribunale dell’Aeropago è affidato il difficile caso giuridico. Con un ragionamento specioso e maschilista, in cui si dichiara apertamente la maggiore gravità dell’assassinio di Agamennone che grida vendetta (“non posso assolvere una donna/che ha ucciso il suo uomo”, dice Atena), dal momento che i voti risultano pari, sarà il voto favorevole della dea ad assolvere Oreste. Livermore non è interessato al significato antropologico della scena (è un tribunale che decide l’innocenza di Oreste, sottraendo così la vendetta alla famiglia) e vuole denunciare un processo, a suo dire, antidemocratico: i giurati sono delle sagome di legno, che prenderanno fuoco mentre la sentenza di assoluzione è un semplice dispaccio letto dalla stessa Atena.
A questo punto la retorica politica prende le mani al regista che ci mostra una serie di immagini delle ingiustizie del nostro tempo (le vittime di quella mafia, che però paradossalmente proprio sulla struttura familistica si fonda), ma la corda civile non vibra a lungo: canzone pop di rito, foto degli attori tutti a torso nudo, un balletto accennato durante gli applausi. La tensione accumulata ha bisogno di una valvola di sfogo e nella cultura di massa la corda seria non può essere tesa troppo a lungo, e bisogna sostituirla con la corda pazza.

Lo spettacolo continua
Teatro Greco
di Siracusa
Via Paradiso, 14
fino al 31 luglio

Coefore/Eumenidi
di Eschilo
Traduttore Walter Lapini
Regia Davide Livermore
Musiche Andrea Chenna
Scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi
Costumi Gianluca Falaschi
Disegno luci Antonio Castro
Regista assistente Sax Nicosia
Video design D-Wok

Interpreti delle Coefore:
Musici Diego Mingolla, Stefania Visalli
Oreste Giuseppe Sartori
Pilade Spyros Chamilos
Elettra Anna Della Rosa
Le Coefore Gaia Aprea, Alice Giroldini, Valentina Virando, Chiara Osella (cantante), Graziana Palazzo (cantante), Silvia Piccollo (cantante)

Voce e immagine di Sax Nicosia
Clitennestra Laura Marinoni
Cilissa Maria Grazia Solano
Egisto Stefano Santospago
Una donna Irasema Carpinteri
Le Erinni Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Guardie Gabriele Crisafulli, Manfredi Gimigliano, Lorenzo Iacuzio, Roberto Marra, Francesca Piccolo

Interpreti delle Eumenidi:
La Pizia Maria Grazia Solano
Apollo Giancarlo Judica Cordiglia
Le Eumenidi Laila Maria Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Fantasma di Clitennestra Laura Marinoni
Statua di Atena Federica Cinque
Atena Olivia Manescalchi