Vita e morte delle mie dita danzanti

Dopo il grande successo di Kiss & Cry, Michèle Anne De Mey, Jaco Van Dormael e il collettivo Kiss & Cry tornano al Théâtre des Célestins di Lione con un nuovo delicatissimo spettacolo. Cold Blood si installa in perfetta continuità con la poetica del precedente lavoro, danzando tra la morte e l’amore. Una favola melanconica che respira dolcemente, un sogno senza increspature

Li avevamo visti tre anni fa nell’incredibile Kiss & Cry, un racconto intorno all’amore e al souvenir in forma di lieve danza per dita. Ed eccoli di ritorno, sempre al Théâtre des Célestins di Lione, con una nuova creazione delicata e danzante. Cold Blood lavora il concetto di “differenza e ripetizione” con una leggerezza da lasciar senza parole, aprendo un nicchia onirica all’interno dello scorrere della realtà.

Se la protagonista di Kiss & Cry è l’anziana Giselle seduta su di una panchina della stazione, in Cold Blood i protagonisti siamo noi, anzi, per essere più precisi, il protagonista è ognuno di noi: sono io. Lo spettacolo è un intenso dialogo personale con il singolo me stesso seduto in sala, intento non a guardare una pièce teatrale, ma a veder illustrata la propria morte, o meglio, le proprie morti, sotto forma di sogno. La finzione teatrale è palesata fin dall’inizio: sul palcoscenico vi sono tavoli, maquette, cavi, strumenti di ripresa e una farandola di attori/tecnici nell’atto di creare una verità talmente fittizia da essere pienamente convincente. Come nel precedente lavoro, lo spettatore è preso nell’indecisione di scegliere un solo punto di vista: guardare l’aspetto macchinale, il retro della creazione o lasciarsi portare dal risultato cinematografico di questo lavoro, proiettato su di un grande schermo come un film? Ogni risposta esclusiva sarebbe la distruzione dell’opera ed è per questo motivo che noi siamo convinti che l’aspetto macchinale e il risultato artistico siano un tutt’uno che rappresenti l’opera senza alcuna soluzione di continuità. Il sogno è anche la propria struttura meccanica.

Le mie morti, quindi. Sette morti, per la precisione. E la prima, “come sempre”, è una morte stupida. Sì, perché essere l’unico a morire in un incidente aereo è stupido. E un poco sfortunato. Sì, quella volta non sarei dovuto andare al bagno. Mi sarei risparmiato una stupida morte. Ma i successivi decessi non sono certo da meno! Morire durante un lavaggio della macchina poiché avevo dimenticato di chiudere i finestrini, o in seguito all’ingerimento della piccola parte metallica di un reggiseno durante i preliminari con una prostituta, o congelato a causa di una tempesta di neve tornando dal panettiere o di una notevole intolleranza al purè. Storie minime, di una quotidianità nuda, quasi inutile, spogliata da ogni sovrastruttura e ridotta ai minimi termini. Ed è proprio lì, in queste esistenze irrilevanti e così mie, che si installa uno humour nero, uno spostamento significante che fa tremare le convinzioni: l’assurdo. E l’assurdo è assunto pienamente come ciò che vi è di più ridicolo nella nostra vita, nel vestire un ruolo che non è mai completamente nostro anche se ci esprime pienamente e che si realizza in quell’ultima immagine che appare prima di morire: non tutta la vita che sfila davanti ai nostri occhi, ma una semplice immagine che si dimostra sinestetica. Sì, prima di morire vedrò e sentirò la sua pelle, il suo profumo, la sua delicatezza. La sfiorerò, con le mie dita, divenute tutto il mio corpo. Non vedrò nient’altro. Solo quel frammento d’eternità. Accompagnato, in questo ultimo viaggio, dall’aria Caldo Sangue dell’oratorio Sedecia di Scarlatti. Morire, in fondo, è meraviglioso.

E tutto ciò avviene sulla punta delle dita. Come in Kiss & Cry sono le mani e, in particolar modo, le dita che tratteggiano questo mondo onirico, questo sogno personale che rapisce e che ci lascia liberi solamente grazie all’intervento della voce recitante, come a rompere l’ipnosi per riportarci, d’un tratto, di nuovo ora e qui, in questa dolce serata di inizio febbraio nella splendida sala del Théâtre des Célestins di Lione.

Esco dal teatro, l’aria fredda della città mi sveglia un poco e penso alla mia prossima morte. Con un lieve sorriso che sento accarezzarmi il viso.

Spettacolo visto mercoledì 8 febbraio 2017

C’est avec une grande émotion que nous retrouvons une nouvelle création de Michèle Anne De Mey, Jaco Van Dormael et du collectif Kiss & Cry au Théâtre des Célestins de Lyon. Trois ans après le spectacle éponyme, le collectif propose Cold Blood, un conte onirique captivant et qui représente une brèche de délicatesse mélancolique parsemée de petits éclats de sourire. Une danse élégante comme l’aria Caldo Sangue de l’oratorio Sedecia de Scarlatti.

Lo spettacolo va in scena:
Grande Salle – Célestins, Théâtre de Lyon
4, rue Charles Dullin – Lione (Francia)
fino a venerdi’ 17 febbraio 2017
orari: da martedì a sabato ore 20.00, domenica ore 16.00 (lunedì riposo)

Célestins, Théâtre de Lyon presenta
Cold Blood
di Michèle Anne De Mey, Jaco Van Dormael e il collettivo Kiss & Cry
testi Thomas Gunzig
creazione collettiva con Grégogy Grosjean, Thomas Gunzig, Julien Lambert, Sylvie Olivé, Nicolas Olivier
con la partecipazione di Thomas Beni, Gladys Brookfield-Hampson, Boris Cekevda, Gabriella Lacono, Aurélie Leporcq, Bruno Olivier, Stefano Serra

produzione delegata Le Manège.Mons – Centre dramatique
produzione esecutiva Astragal asvl
produzione associata Théâtre de Namur
in coproduzione con Charleroi Danses, Fondation Mons 2015 Capitale européenne de la Culture, KVS, Les Théâtres de la Ville du Luxembourg, Le Printemps des Comédiens, Torino Danza, Canadian Stage, Théâtre de Carouge – Atelier de Genève, Célestins – Théâtre de Lyon

durata 1 ora e 15 minuti

www.celestins-lyon.org