L’emergenza della multidisciplinarietà artistica

Al via la IX edizione di Exit – emergenze per identità teatrali dal 22 novembre al 4 dicembre al Teatro dell’Orologio. Un alternarsi tra teatro, musica, danza e cultura per una rassegna da sempre attenta alle emergenze artistiche di qualità.

Nata nel 2008 per volontà di Fed.it.art, nel corso degli anni Exit ha visto alternarsi spettacoli, musica e danza in teatri e spazi d’essai quali Teatro dell’Orologio, Teatro Due di Roma, Cometa Off, Sala Uno, Furio Camillo, Teatro Tor Bella Monaca. La manifestazione fin dai suoi esordi si rivolge a compagnie emergenti e a professionisti che lavorano nel territorio artistico romano e non solo. L’obiettivo per entrambe le parti è quella di uscire fuori ed emergere, lasciare un segno. La particolarità del festival è proprio quella di saper unire compagnie di generi diversi, rivolgendosi a un vasto pubblico e non solo d’elite, per fare ritrovare un’identità al teatro in una situazione di perenne emergenza artistica e culturale.

Novità di quest’ultima edizione è l’affiancamento di Exit di Cortinscena, rassegna di corti teatrali under 30, accanto a Un bagaglio di idee, l’ormai storico concorso dedicato alla scrittura di testi teatrali inediti. Rivolta al grande pubblico ma anche a critici, giornalisti e amanti del teatro Exit vedrà susseguirsi sul palco nove compagnie – Abraxa Teatro, Bèla Bartòk, Walden, Scripta Volant, Teatro dell’Applauso, Artenova, Botteghe Invisibili, Bricolage Dance Movement, Teatraltro – con nove spettacoli che alterneranno teatro di prosa, commedia, teatro civile, musica, danza.

Non manca quindi la voglia di mettersi in gioco come non manca la voglia di dare la possibilità di essere visti, apprezzati e conosciuti.

Dopo la festa di apertura di martedì 22 novembre, motivo di incontro tra le compagnie partecipanti e il pubblico, critici teatrali e giornalisti, la rassegna è iniziata mercoledì con Con la Bocca piena di spille, spettacolo della Compagnia Walden, in cui vengono presentate le ossessioni, i bisogni e le vicende quotidiane di una giovane segretaria incastrata in dinamiche lavorative, responsabilità e doveri, con un passato che bussa alla porta per ricordarle di guardarsi allo specchio e iniziare a riprendersi la propria vita.

Una segretaria sola in un ufficio, che ogni giorno porta a termine il suo importantissimo lavoro, quello di mantenere i segreti delle numerose carte che si ritrova tra le mani nella sua scrivania. Segretaria, per l’appunto, colei che mantiene i segreti.
Leda, ragazza lavoratrice che non può perdere tempo se non per il lavoro, si sente così tanto una donna in carriera piena di responsabilità che non esce più, rifiuta gli inviti di uno spasimante, non ha amiche, e si ritrova sola in casa a parlare con delle vecchie bambole di porcellana poste su un ripiano – ben in vista – al centro della scena.
Ogni mattina sceglie con accuratezza ogni minimo dettaglio del suo abbigliamento per andare a lavoro. Dalla camicetta alla gonna, dalla scelta della collana a quella dei bracciali, dall’acconciatura ai tacchi. Perché, per una donna, vestirsi bene in ufficio è davvero importante.

Leda sembra dimenticarsi di essere ancora ragazza. Leda sembra dimenticarsi delle sue priorità. Già, quali sono le sue reali necessità? Cosa c’è che non la convince nella propria vita? Quali sono le sue effettive responsabilità a lavoro? La giovane segretaria si ritrova ogni giorno a spillare fogli fino a diventarne una grande esperta, tanto che potrebbe tenere un corso di laurea su come si applicano le spille sui plichi di fogli accatastati e su come mettere in ordine documenti segreti di clienti lontani e sconosciuti.

Il personaggio di Leda è il ritratto di molte giovani lavoratrici, magari laureate, magari stagiste in cerca di un rinnovo che non si sa se arriva, destinate a fare un qualcosa che non appartiene, destinate a dover fare mansioni che non vuole fare nessuno, a chinare la testa per paura di perdere un lavoro o uno incarico temporaneo che però molto probabilmente non porterà a nulla, se non alla famosa esperienza.

Fare esperienza. Farla, indipendentemente dai tuoi reali interessi, dai tuoi studi, da ciò che ti fanno fare, dallo stipendio, dal rimborso spese, dal tempo che tu impieghi nel determinato ufficio o società per cui lavori. E poi? Dopo questa benedetta esperienza? Cosa ne sarà di ognuna di loro? Sembra che sia proprio questo il dubbio nascosto nell’inconscio di Leda.

È un estroverso rigattiere, che mette la pulce nell’orecchio alla nostra protagonista.
Il venditore ambulante conserva con gelosia e orgoglio oggetti usati che hanno, a sua opinione, un valore inestimabile, perché appartenuti alla vita di altri: «non si può dire se è lo sguardo o sono le cose a comandare». Dall’inizio dello spettacolo racconta al pubblico la preziosa storia dei suoi oggetti e lo interpella sul senso degli oggetti e della vita. Ma ora è il turno di Leda che se ne torna a casa con un misterioso regalo che riporrà vicino alle sue uniche amiche, le bambole di porcellana. In un ironico exploit di ricordi, vecchi vestiti che parlano, obiettivi ed emozioni Leda si ricorderà che la vita bisogna viverla, per davvero e per se stesse. E cercherà così di cambiarla, la proria sua vita.

Il testo di Martina Tiberti è una riflessione poetica sul senso del lavoro e sul senso dell’essere una giovane donna in un periodo di crisi. La giovane autrice fa emergere una tematica affrontata e riaffrontata mettendo al centro dello spettacolo gli oggetti e le circostanze quotidiane che ne fanno parte: gli oggetti come ricordo, gli oggetti come storie del passato, gli oggetti come strumento di lavoro, gli oggetti che parlano, gli oggetti che fanno parte della nostra quotidianità. Sono la quotidianità e gli oggetti che ci comandano o possiamo essere noi a comandare loro? Possiamo denudarci di tutti gli oggetti e circostanze che ci appesantiscono, che ci impediscono di vivere una vita senza rancori e rimorsi? Forse non dovremmo fare ogni tanto un po’ di piazza pulita per sopravvivere?

In una scenografia appropriata ed essenziale che ci aiuta a entrare nel vivo della storia, il regista Raffaele Balzano dirige i due attori Marco Zordan e Patrizia Ciabatta in uno spettacolo ben riuscito, dai ritmi giusti, posto alla giusta equidistanza tra teatro di narrazione, teatro civile e commedia all’italiana.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Exit – Emergenze per identità teatrali
Teatro Orologio

via dei Filippi 17 A
mercoledì 23, giovedì 24
ore 21,00

Con la bocca piena di spille
di Martina Tiberti
regia Raffaele Balzano
con Patrizia Ciabatta, Marco Zordan