Autogol

All’interno di FontanonEstate, rassegna del teatro di qualità che da ormai 18 anni è protagonista dell’estate romana, quest’anno con l’illustre collaborazione del Teatri Belli, va in scena Coppia aperta quasi spalancata, tentativo (anacronistico) di critica della famiglia italiana.

Centrale nella pièce è il protagonismo della figura della donna, allora, all’inizio degli anni ’80, mirabilmente disegnata dall’ispirato duo Dario Fo e Franca Rame (cui lo spettacolo è dedicato). Portata ai giorni nostri, pur in assenza di particolari virtuosismi o momenti di eccellenza, lo spettacolo, complessivamente, continua a funzionare. Semplice la scenografia, che ricalca senza particolare originalità lo stereotipo dell’appartamento borghese (un tavolino, la rella appendiabiti e il progresso tecnologico rappresentato dallo stereo giallo accanto al divano). Praticamente immutato il copione, attualizzato solo da piccoli riferimenti (es. internet) non essenziali. Moderata la regia, che con discrezione asseconda le notevoli doti attorali degli interpreti.
Da segnalare, in particolare, l’esuberanza di Francesca Bianco, splendidamente credibile nel vestire i panni del personaggio della donna-che-esiste-solo-in-funzione-del-maschio. Convincente anche il partner, un Antonio Salines perfetto nei panni dell’ex compagno in giacca e cravatta, del democratico sempre pronto a dare la colpa a tutto (dal riflusso alla crisi economica) pur di far leva sui sensi di colpa della moglie e uscire con la coscienza pulita.

Al di là di una resa verbale a tratti troppo urlata, Francesca Bianco mostra tutto il proprio talento, rappresentando con efficacia la colpevole confusione di femminilità, maternità ed essere sposa che si materializza in un personaggio manicheo e bipolare. Prima straziato da un matrimonio vissuto all’insegna della più bieca sottomissione al maschilismo, poi liberato dalla consapevolezza di poter vivere spontaneamente la propria sessualità (elemento preso a simbolo di un ipotetico decisivo momento di emancipazione di genere).
Una soddisfazione, quest’ultima, simile e complementare a quella del coniuge, perché capace di opporre specularmente all’ossessivo impulso maschile di avere donne sempre più giovani, la pacata ricerca di un amore autentico. Un sentimentalismo topico del femminile che, forse un po’ banalmente, porterà Francesca a non sentirsi ancora pronta a consumare (nel senso letterale di terminare) l’idilliaco rapporto con l’atomico pisano (Carlo Emilio Lerici). Proprio lo spalancare della coppia, ovvero l’apertura sui due lati (quello maschile e quello femminile) della possibilità di fare nuove esperienze porterà il marito a vivere un classico caso di contrappasso, ovvero a subire il ritorcersi contro di sé di tutto il dolore da gelosia, recriminazione e perdita di senso che fino ad allora aveva caratterizzato la moglie.

Una condizione di libertà e gioia, in verità, altamente discutibile, in quanto legata alle stesse maglie di dipendenza e incapacità sostanziale di accettare come opportunità la solitudine e, dunque, specchio riflesso degli stessi dispositivi coercitivi che disciplinano la ricerca della felicità alla dimensione della coppia (magari con figli).

Il testo, scioccante se pensiamo agli anni del suo concepimento e ancora oggi assolutamente attuale, potrebbe addirittura essere definito urgente, se riferito alla nostra Italia. Un paese dove la cultura – laica e cattolica – cantano all’unisono l’incontestabile primato del macho e, di conseguenza, la naturale mortificazione della donna e di ogni alterità (etero od omosessuale che sia). Come è possibile riscontrare dai quasi quotidiani casi di cronaca di uomini convinti (auto ed eteronomamente) che affermare la propria virilità significhi salvare l’onore attraverso il sangue.
Tuttavia, Coppia aperta quasi spalancata, nonostante la non indifferente o scontata capacità di far riflettere divertendo, virtù assicurata da una tenuta comico-umoristica alta per (quasi) tutta la sua durata, proprio per la sua importanza (che abbiamo definito scioccante e urgente) sembra scontare eccessivamente una sostanziale immobilità drammaturgica. Una sorta di autocompiacimento artistico privo di un credibile ri-adattamento storico, sociale e culturale che, se da un lato assicura alla rappresentazione applausi e una robusta collocazione a sinistra (che pure era nel mirino di Dario Fo e Franca Rame), allo stesso tempo rende difficile e sterile coglierne l’originario significato catartico e liberatorio. Almeno a chi non ha già intimamente esperito le dinamiche rappresentate sul palco.
Testimonianza esemplare del perdurante dominio ideologico borghese, applicazione clamorosa della famosa massima cesarea («se non puoi sconfiggere il nemico, fattelo amico») e, di fatto, ennesimo caso di autolesionismo della cultura progressista italiana.
Sempre la solita storia. Purtroppo.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di FontanonEstate 2013
Parco della Rimembranza
Fontanone del Gianicolo, Roma
lunedì 2 settembre, ore 21.00

Coppia aperta quasi spalancata
di Dario Fo, Franca Rame
regia Carlo Emilio Lerici
con Antonio Salines, Francesca Bianco