Mattatoio 2.0

La Compagnia Giovanna Velardi non ha paura di parlare, lo fa senza peli sulla lingua, sullo stomaco o sulle ali di polli spennati e martoriati senza pietà, perché Core/Demetra 2.0 è uno spettacolo terribilmente vero; e la verità fa male.

In che modo si manifesta il potere? È questa la domanda che anima i movimenti dei sei interpreti, lanciati attraverso le ere della storia umana alla ricerca di una risposta soddisfacente, di una soluzione concreta al problema moderno del macello spirituale. Come ogni storia degna di questo nome, Core/Demetra 2.0 comincia dall’inizio. La dea madre eleusinia offre la sua innata abbondanza con gesti puri, ricchi di generosità e innocenza, e il mondo riflette il suo dono. Le quattro vestali che accompagnano la dea sono uguali a lei, si muovono come lei, dimostrando una totale mancanza di gerarchizzazione del potere e, anzi, una condivisione di quest’ultimo nell’atto creativo.

Tuttavia, l’avvento di un ardente uomo vitruviano stravolge gli equilibri idilliaci e pone l’essere umano in primo piano, instaurando una dialettica di dominio fomentata dai simboli, quella cosa «la cui percezione suscita un’idea diversa dal suo immediato aspetto sensibile». La ridicola e temibile corona che indossano le nuove potenti sembra riuscire a coesistere con le divinità, almeno finché una bestiale e ignuda figura maschile non irrompe sulla scena e spoglia le donne delle loro vesti, sottolineando l’arbitrarietà del loro simbolismo e la verità innegabile della carne.

I seguenti frammenti di analisi dell’estetica del potere si svolgono sotto lo sguardo attento dell’uomo, che se ne sta seduto in disparte. Velardi, coadiuvata da qualche polletto spennato e protetta da una grembiule rosso sangue, decide di spiegare, con i suoi toni forti e la sua gestualità sferzante, cosa ne è stato dell’essere umano e di tutti i suoi sogni iperuranici. I movimenti armonici che caratterizzavano il primo ciclo diventano ora spezzati, convulsi, epilettici. Il nuovo potere schiaccia e opprime le membra, proprio come la macellaia schiaccia e opprime i suoi polli. Il simbolo. adesso, è il corpo stesso, l’apparire si converte in essere, l’essere si svuota di significato. La spirale di degrado è vertiginosa e gli interpreti eseguono tutte le prevedibili mosse di un burattino impotente, giurando fedeltà a questo o quest’altro simbolo.

Oppressione patriarcale, ribellione femminista, gogna industriale e falsa idolatria. Il tema (tanto caro al contemporaneo) della crisi di valori, viene rappresentato con crudezza e sincerità. Quando tutto sembra perduto, quando l’inverno sembra non avere mai fine, Kore torna dalla madre Demetra, e all’uomo viene data nuovamente la possibilità di scegliere (κρίσις, crisi) quale valore, quale simbolo e quale potere accettare.

Giovanna Velardi dimostra di sapere scrivere una coreografia aperta agli altri interpreti presenti sul palcoscenico e anche (seppur con titubanza) alle nuove tecnologie, regalando un’ottima prova di maturità artistica che, speriamo, non smetterà di inseguire obiettivi sempre più ambiziosi.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Palladium

Piazza Bartolomeo Romano, 8 – Roma
23 aprile 2016-04-23
ore 21,00

Compagnia Giovanna Velardi/fc@pin.d’oc presenta
Core/Demetra 2.0
coreografia Giovanna Velardi
interpreti Stellario Di Blasi, Simona Miraglia, Tiziana Passoni, Giovanna Velardi, Sabrina Vicari, Valeria Zampardi
scenografia elettronica e video Dominik Barbier/Anne Van Den Steen
costumi Dora Argento
luci Danila Blasi
scultura Fabrizio Lupo
musiche originali Domenico Sciajno
oggetti di scena Baburka Factory
tecnico video Valeria Guarcini
una produzione FC@PIN.D’OC
con il contributo di Mibact e Regione Sicilia Assessorato al Turismo Sport e Spettacolo