Un adattamento poco “cosmetico”

All’interno di Liberi esperimenti teatrali al Teatro Cometa Off, una buona prova d’attore per una messinscena che resta alla superficie del romanzo da cui è tratta.

«E soprattutto mi piace il Giansenismo. Una dottrina tanto ingiusta non poteva che piacermi. Finalmente una teoria capace di crudeltà sincera, come l’amore» (Textor Texel).
Una chiave di lettura di Cosmetica del nemico di Amélie Nothomb, scrittrice belga di lingua francese, è il giansenismo, la convinzione cioè che la salvezza divina sia una predestinazione già decisa da dio. Se non tutti siamo “predestinati” alla salvezza, allora il suicidio del protagonista, scopertosi assassino e potenziale stupratore, è preferibile a una vita di normalità solo apparente.
Su questo nucleo Nothomb sviluppa il resoconto del fortuito incontro, nella sala d’aspetto di un aeroporto, tra l’impassibile uomo d’affari Jérôme Angust e il logorroico e maniacale Texel Textor che, in realtà, come viene svelato alla fine, è un incontro metaforico tra Jérôme e il suo inconscio, dunque un monologo interiore camuffato da dialogo.

La “cosmetica” del titolo, che nulla ha a che fare col make-up , è la «scienza dell’ordine universale, morale suprema che determina il mondo» con la quale Textor si presenta a Jérôme, dunque a se stesso, aprendogli gli occhi sulla sua vera natura malvagia fino a indurlo al suicidio.
Romanzo densissimo di implicazioni letterarie, estetiche e morali, Cosmetica del nemico è un testo che può essere portato in scena con approcci molto diversi.

Quello scelto da Martino D’Amico si attesta sulla superficie del racconto, che il regista sfronda di quante più allusioni filosofiche e letterarie può, per concentrarsi sull’intreccio costruito intorno al colpo di scena finale. Nel fare questo forza un po’ il registro narrativo originale spingendolo verso un grottesco compiaciuto che si basa anche su impercettibili cambiamenti lessicali (un “pusillanime” del romanzo che diventa “pippa”) dando una chiave di lettura dei personaggi a tutto tondo che non permette letture di secondo livello.

D’amico si attesta sulla letteralità del romanzo dalla quale non schioda mettendo in scena una solida trasposizione dei dialoghi (forse un po’ troppo animata) senza impiegare la drammaturgia per scendere nella profondità di un inconscio che in questa riduzione per il palco proprio non c’è.
La messinscena è sostenuta, a tratti, da degli inserti video impiegati ora per restituire l’ambiente della sala d’attesa dell’aeroporto – dato che la scena è neutra e vuota – ora come display dell’aeroporto o come commento visivo al racconto. Così per sottolineare le emozioni di Jérôme quando, nel tentativo di non ascoltare più Texel, si pone le mani sulle orecchie, vediamo le immagini proiettate di quadranti di orologi, zanzare che suggono il sangue – in riferimento a una parte del romanzo espunta -, un ragazzo che passa le unghie su una lavagna, simboli brevi e troppo rapidi per delinearsi completamente in un profilo dal significato compiuto. Per cui alla fine di questi inserti video prevale la funzione esornativa.

Giuseppe Bisogno è bravissimo nel restituire la nervosa, inquietante logorrea di Texel, e Martino D’Amico è uno Jérôme sufficientemente borghese, divertito più che infastidito dalle bizzarrie monologanti della sua controparte. Purtroppo la messinscena rimane troppo sbilanciata a condurre lo spettatore al colpo di scena finale, sacrificando gran parte del portato sotterraneo dei dialoghi.

Il risultato è uno spettacolo di intrattenimento piacevole e ben eseguito la cui “cosmetica” è però del tutto insufficiente.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cometa-Off
via Luca della Robbia, 47 – Roma
fino a domenica 12 febbraio, ore 22.30

Cosmetica del nemico
di Amélie Nothomb
regia Martino D’Amico
con Giuseppe Bisogno, Martino D’Amico
scene e costumi Massimo Bellando Randone
attore in video Mattia Mariani
realizzazione video Nina film
assistente alla regia Simona Lacapruccia