L’altra faccia del teatro contemporaneo

Danio Manfredini. Dramaturg, regista e interprete pluripremiato, ha scelto di lavorare con una realtà piccola come La Corte Ospitale per rivendicare la necessità del tempo della creazione – aldilà dell’arte, vista come merce o consumo.

1) Quali sono le problematiche che deve affrontare chi produce teatro contemporaneo fuori dagli ex Stabili?

2) Quali dovrebbero essere i parametri e i principi di una Legge quadro sul finanziamento della produzione teatrale dal vivo che risponda alle esigenze delle Compagnie off?

Danio Manfredini: «Dal punto di vista della situazione teatrale complessiva, io vedo un aspetto che non riguarda la parte prettamente istituzionale o le realtà maggiori, bensì quelle medie e piccole, che sono molto importanti sul territorio avendo una funzione di presenza con vari tipi di proposte e di contatto con i cittadini – dai laboratori alle letture ai momenti di incontro, oltre che, ovviamente, di spettacolo.

Queste situazioni, nonostante la loro valenza sociale, sono molto penalizzate al momento. Nel circuito che frequento, mi sembra che molti boccheggino. Noi teatranti siamo consapevoli che non è più il teatro di dieci o quindici anni fa, per non andare troppo indietro, e che dobbiamo adattarci a paghe differenti, a un discorso lavorativo qualitativamente diverso.

Purtroppo, se vogliamo continuare a essere artisti dobbiamo disporci a patire un po’. Mi spiace che ci siano realtà piccole che non sono considerate ma che, al contrario, hanno sempre avuto una propria funzione, sociale e artistica, importante. Per quanto riguarda, nello specifico, una legge quadro sul teatro, posso solo dire quali sono le condizioni delle quali avrei bisogno per lavorare bene. Purtroppo l’arte è diventata una questione legata al consumo. Non dico che non vada tenuto in considerazione anche l’aspetto spettacolare. Ma esistono altri approcci alla questione. Secondo me, bisogna capire lo specifico degli artisti, evitando di generalizzare.

Penso, ad esempio, a Mariangela Gualtieri che, per me, è una meravigliosa poetessa, drammaturga e interprete delle proprie poesie. Occorrerebbe chiedersi cosa necessiti il Teatro Valdoca (di cui la Gualtieri è cofondatrice con Cesare Ronconi, n.d.g.) per procedere bene nel lavoro, rispettando i suoi tempi e le sue modalità specifiche. Il tempo, soprattutto, è fondamentale e la sua quantità diversa da artista ad artista. Noi non determiniamo il tempo in cui l’opera ci viene incontro, non siamo totalmente fautori degli spettacoli che realizziamo. Noi ci predisponiamo in un certo modo, ma le opere crescono e si rivelano un po’ alla volta, indipendentemente dalle nostre volontà».