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Abbiamo intervistato David Ponzecchi, il direttore di Après-coup, spazio estremamente affascinante e sui generis, aperto da poco più di un anno insieme a Cristian Ferrari, Sarah Lanzoni e Laura Tassi. Après-coup non è solo un teatro perché nello spazio di un ex officina si mescolano anche un’anima gourmet con il bistrot che propone ricette particolari e sofisticate, e un coté glamour grazie allo showroom ricco di proposte originali e di tendenza. Tutto condito da un arredamento squisitamente retrò e da un’accoglienza dei padroni di casa che vi faranno sentire decisamente coccolati.

Uno spazio che mescola all’esperienza teatrale un bistrot sofisticato e uno showroom variegato e raffinato: come nasce Après-coup e qual è la sua anima?
David Ponzecchi: «Après-coup, inaugurato lo scorso 6 ottobre 2017, nasce dalla volontà di unire un’offerta culturale ed estetica variegata e multidisciplinare alla possibilità di un’accoglienza attenta e dalle sfumature decisamente d’antan. Il cuore intorno al quale si è sviluppata l’idea di aprire lo spazio è la galleria d’arte contemporanea: quando ho deciso di dare vita a questo progetto, la prima urgenza che mi ha guidato era quella di offrire al pubblico uno spazio dove alla possibilità di acquisto di opere d’arte e il contatto con artisti viventi e attivi si unissero in modo chiaro altri due inviti, due proposte connesse alla prima: la possibilità di godere della medesima arte che avremmo venduto senza sentire la necessità/pressione dell’acquisto e la possibilità di godere l’accoglienza da parte di uno spazio annesso, il bistrot, la cui cifra estetica fosse fortemente connotata da un’atmosfera primo Novecento.

A questo primo nucleo propositivo si sono unite due altre centralità di Après-coup: il Proscenio, inserito nel contesto architettonico e ideale del bistrot, dove proporre teatro, musica dal vivo (principalmente jazz anni ’20 e ‘30 ma con aperture all’indie folk acustico e alla musica classica da camera), incontri culturali e brevi conferenze, e lo Spazio NUR, un negozio di moda femminile e design già presente in zona Porta Romana (dove lo spazio Après-coup è situato) da più di dieci anni e già caratterizzato, grazie alla sensibilità e all’intraprendenza della proprietaria, la signora Tahereh Toluian, da un’intesa e collaterale offerta artistica e culturale: piccoli concerti, reading, pièce teatrali ed esecuzioni musicali che hanno arricchito la vita culturale del quartiere Porta Romana in tutti questi anni. Questo il percorso e queste le intenzioni, parallele e insieme stratificate, che hanno portato alla creazione e all’apertura di Après-coup: dare vita a un luogo dove coesistessero quattro anime fuse ma non confuse».

Il vostro repertorio è estremamente attuale ma in una ex officina ma con arredi del primo ‘900, un vero gioiellino rétro. Con questo spazio è stato amore a prima vista o frutto di una lunga ricerca?
DP: «Ciascun arredo, ogni dettaglio nel bistrot, è autenticamente della prima metà del ‘900: tavoli, sedie, abat-jour e applique, anche i servizi da tè e alcuni servizi di posate risalgono a un periodo che va dall’ultima decade del ‘800 fino (al massimo) agli anni ’50 del secolo scorso. Come tutto in Après-coup, anche la ricerca dello spazio è stato un percorso molteplice e polisemantico: amore a prima vista sì, ma frutto di una ricerca lunga ed estenuante guidata dall’imperativo di trovare una dimensione che fosse funzionale al successo di un’attività commerciale e insieme in grado di accogliere un ethos culturale al fine di unire gruppi di persone (ospiti, lavoratori, artisti), informare intenti e aspirazioni comuni, garantire un cenacolo pubblico e aperto al soddisfacimento di bisogni sensoriali e spirituali profondi e autentici. La ricerca dello spazio è stata sempre rigorosamente guidata da un sintetico e superbo passaggio del discorso per il Premio Nobel pronunciato nel 1987 da Josif Aleksandrovič Brodskij: “L’estetica è la madre dell’etica”: Après-coup, nella sua integrazione tra spazio e contenuti, doveva obbedire all’affermazione fondatava di Brodskij.

All’interno di questo spazio, il repertorio teatrale accoglie e promuove la contemporaneità perché da qui partono le domande più cruciali, più dirette e coinvolgenti, domande eterne e senza tempo ma che, parimenti, possiamo e vogliamo immergere nella trama densa e complessa dell’attualità. Le vogliamo offrire nella loro vitalità e nel loro colore contemporaneo, le vogliamo rappresentate in modo da evidenziare le loro implicazioni quotidiane, le loro conseguenze sulla vita attuale di ciascuno di noi. Il contrasto percepito tra proposte teatrali contemporanee e il setting rétro è in realtà un tranello, un escamotage che vorremmo facilitasse quello scarto sensoriale e intellettuale nella mente dello spettatore, che riteniamo ricco di possibilità cognitive, vero e proprio catalizzatore delle domande: si è accolti in un ambiente confortevole, caldo, accogliente, rasserenante e, quando tutte le difese vengono abbassate, si viene investiti da stimoli culturali, emotivi e intellettuali, che possono essere sconcertanti, molto forti, intensi e spesso eterodossi. Vorremmo che chi entrasse ad Après-coup e si esponesse alla nostra proposta estetica e culturale, ne uscisse modificato/a, anche solo infinitesimamente, ma in ogni caso cambiato/a, diverso/a».

Come mai il nome Après-coup?
DP: «Questo nome deriva da uno dei pilastri teorici della teoria della psiche di Sigmund Freud, l’après-coup freudiano appunto. Letteralmente traducibile con a posteriori, la nozione di après-coup pone l’attenzione sul processo di attribuzione di senso che operiamo dopo che alcuni eventi sono avvenuti. In altre parole, la nostra mente può riprendere ricordi di eventi accaduti in un passato anche molto lontano e dare loro un nuovo significato, incognito o inaccessibile al momento dell’accadere dell’evento. Si tratta di una vera e propria rielaborazione e riscrittura a posteriori dei nostri ricordi, in particolare di quelli traumatici. Così, citando una lettera di Freud stesso: «Io lavoro all’ipotesi che il nostro apparato psichico è formato da stratificazioni: i materiali presenti sotto forma di tracce mnestiche subiscono un po’ alla volta, in funzione di nuove condizioni, una riorganizzazione, una riscrittura […]». Uno degli elementi della visione dello spazio Après-coup è il ricordo e la (ri)valorizzazione del ‘900: riproporre le istanze peculiari, i grandi temi, le profonde contraddizioni e le coraggiose spinte critiche e innovative che hanno caratterizzato il secolo scorso e far sì che dopo il trauma-evento passato – il ‘900 con la sua carica di innovazione e coraggio, ma anche di crisi – ci sia il suo ricordo e quindi la sua rielaborazione con occhi e mente contemporanei».

Una programmazione teatrale totalmente all’insegna del contemporaneo: la programmazione dello spazio sarà sempre proiettata tra presente e futuro o ci sarà la possibilità di vedere anche classici precedenti la metà del ‘900?
DP: «Portare sul nostro Proscenio i grandi classici precedenti il ‘900 rappresenta una delle nostre più sentite ambizioni per due motivi, in primis perché il ‘900 non ha esaurito in sé tutti gli interrogativi sull’esistenza e sulla relazione tra esistenze, ne ha affrontati di nuovi, ancora cruciali per l’umanità contemporanea, e ha fatto un’opera di straordinario maternage rispetto a quelli già sollevati in migliaia di anni di produzione drammatica che scorre attraverso la storia di tutte le culture del mondo; e in secondo luogo, il teatro del passato mette a disposizione degli artisti, dei registi e dei drammaturghi contemporanei uno sterminato patrimonio di suggestioni su cui lavorare con gusto e sensibilità moderne, attuali. Non possiamo perdere questa inesauribile risorsa».

Avete ospitato nomi importanti del teatro contemporaneo: progetti e ipotesi per il futuro? Chi sognate di poter ospitare nella prossima stagione?
DP: «Il Proscenio ha voluto accogliere tra i nomi più importanti del teatro milanese e nazionale, scelta dettata dal nostro imperativo categorico: offrire grandi interpretazioni in un piccolo spazio accogliente; è commovente e meraviglioso vedere gli ospiti che, una volta terminata l’interpretazione sul palco, iniziano a parlare con gli attori, i registi, i musicisti. È un teatro prossimale dove la cifra prevalente è, per la vicinanza fisica tra attori e pubblico, quella della relazione prossima, vicina, intensa tra interprete, testo, scena, spettatori. Abbiamo molti sogni per il futuro e non ci poniamo dei limiti nell’immaginare e lavorare per vedere il nostro Proscenio calcato da altri grandi nomi (in strettissimo ordine alfabetico): Astorri e Tintinelli, César Brie, Ferdinando Bruni, Elena Bucci, Carlo Cecchi, Maddalena Crippa, Angelo Di Genio, Fanny & Alexander, Roberto Latini, Danio Manfredini, Ermanna Montanari, Motus, Paolo Pierobon, Socìetas Raffaello Sanzio e molti altri ancora.

Ovviamente, come ho già detto, non siamo un teatro e non abbiamo la possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici per lo spettacolo; tre restano, quindi, i limiti con cui dobbiamo confrontarci: il numero limitato di posti per ogni rappresentazione (circa 50), lo spazio scenico ristretto e le risorse economiche. Questo non ci impedisce, tuttavia, di impegnarci e di sperare di poter continuare a ospitare i più grandi interpreti contemporanei. Siamo certi che molti di loro, una volta visto il nostro Après-coup, si innamoreranno come noi delle grandi possibilità che offre e del setting così eterodosso e, insieme, accogliente che potrebbe accogliere la loro arte».