Umani troppo ancorati agli schemi terrestri

teatro-officine-milanoIn scena – purtroppo solo fino a domenica 14 aprile – al Teatro Officina di Milano, Del purgatorio: excursus tra identità indefinite e sentimenti chiaroscurali nel viaggio poetico di Emanuela Villagrossi, che mescola con sagacia pop e aulico.

Emanuela Villagrossi da sempre cerca strade alternative, vie non battute da altri: sarà che ha lavorato, tra i tanti, con il Living Theatre, il Carrozzone, Anatolij Vassil’ev, Carmelo Bene e con i Motus, ma si vede nel suo corpo, nella sua presenza scenica così materica, così capace di creare un alone di luce anche quando è buio, che l’obsoleto non le si addice.
Questa volta ha deciso di regalarci un percorso fatto di molte sfumature e di pochi tratti netti: il viaggio si apre con la “piccioletta” barca di Dante che insieme a Virgilio ci sbalza tra episodi del purgatorio e dell’inferno per ricordarci l’incontro con alcune tra le personalità più emozionanti di questi due universi: Casella, Pia de’ Tolomei, Paolo e Francesca – tutte anime irrisolte, nelle quali la cifra di uomini “mossi da passioni” li lega ancora troppo alla Terra e un po’ meno alla salvezza eterna.

Alle parole del “divin poeta”, si alternano versi delle poesie di Rilke dalle Elegie Duinesi, che tratteggiano paesaggi dell’anima talvolta più desolanti della Waste Land di Eliot: non a caso questo è l’altro bacino dal quale attinge l’interprete, opera che non solo richiama esplicitamente La divina commedia di Dante – attraverso citazioni letterali, e la figura narrante di Tiresia che rievoca il Virgilio dantesco – ma, soprattutto, grazie alle atmosfere liminali e indefinite evocate dagli estratti scelti da Villagrossi.

Per alleggerire una drammaturgia così provante a livello emotivo, l’interprete unisce a questi testi alcuni estratti della musica pop utilizzando, per esempio, Goodnight ladies di Lou Reed o Bang Bang di Nancy Sinatra (nella versione italiana degli Equipe 84): elementi che, dosati in maniera sapiente e intensa, danno un momento di tregua da testi tanto impegnativi e, al tempo stesso, esaltano le sensazioni e gli umori veicolati dai testi stessi.

Un plauso in più va all’attrice che, nella prima replica, decide di recitare ugualmente, nonostante la mattina fosse afona – e questo senza compromettere minimamente l’intensità del testo; con la sua energia e la sua intensità è infatti in grado di evocare, attraverso gesti semplici e movenze minimali, luoghi e personaggi diversissimi, aiutata dalle intelligenti scelte registiche e scenografiche di Maria Arena, Stefano Arienti e Carla Cipolla. Una scenografia non invasiva che, grazie ad alcune interessanti accortezze, sa davvero evocare le lande purgatoriali, o la terra desolata di Eliot – sia per il pavimento arido, simil-sabbioso, sia per le tende che, attraverso la leggerissima plastica per imballaggi, sembrano evocare uno schermo di nebbia impalpabile e sfuocato – alla Montale.

L’unico punto che rimane un po’ dubbio è il senso di uno spettacolo del genere: posto che il tutto sia molto intenso emotivamente e affascinante dal punto di vista scenico, la performance rischia di risultare, a volte, un puzzle di testi che non conduce a una riflessione, né tanto meno a un arricchimento personale o a una comprensione più intensa dei passi citati – evidente poi il carattere elitario di una drammaturgia del genere che può essere davvero interessante solo per chi conosce bene i tre poeti chiamati in causa.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Officina
via Sant’Erembaldo, 2 – Milano
fino a domenica 14 aprile

Del Purgatorio
Dante, Rilke, Eliot e l’Equipe 84
di e con Emanuela Villagrossi
regia e spazio scenico Maria Arena
disegni e immagini Stefano Arienti
sound design Stefano Ghittoni
disegno luci Beppe Sordi
tecnico luci Giuditta Grechi
collaborazione alle scenografie Carla Cipolla
ufficio stampa Giulia Colombo