Le segrete stanze

stanze-segrete-teatro-roma-80x80Al teatro-salotto di via della Penitenza una straordinaria Marina Guadagno è Didone, eroina strappata al mito e prestata agli anni Quaranta.

Una specchiera avorio – di quelle che non si vedono più, di quelle che hanno riflesso stanze segrete e custodito cassetti della memoria di chi le ha abitate – campeggia sulla minuta scena prima dell’ingresso di due presenze. Un signore, vestito di bianco, e in cima alle scale quasi diva anni Quaranta, una donna, con andamento di regina.

Se su di lei, anche in altri panni, non abbiamo alcun dubbio (è Didone, mitologica fondatrice di Cartagine) nella figura maschile, fascinosa ma attardata, non identifichiamo in maniera scontata Enea, eroe troiano progenitore dei Romani e suo amante, rimanendo impegnati tutto il tempo nello scioglimento del dubbio.
Un’ambientazione inaspettatamente retrò confeziona la Didone di Giuseppe Manfridi, portata in scena dal 13 al 25 gennaio al Teatro Stanze Segrete, suggestivo salotto orientato alla letteratura, ricreato nel ’92 nel cuore di Trastevere da Aurora Cafagna per ispirazione parigina.
Tre i protagonisti: Didone (l’eccellente Marina Guadagno che vanta collaborazioni con Albertazzi), l’uomo misterioso (Fabrizio Pucci, riconoscibilissimo nella suadente voce che presta a Hugh Jackman), e la Musica, la prima ad entrare in scena, che sulle note di un passato raccontato (Come pioveva di Armando Gill) ci spinge in un mondo lontano che nella memoria quasi tocca il mito.
La storia della regina fenicia, sedotta e abbandonata da Enea e dunque suicida, nel sapiente copione di Manfridi e sotto l’originale regia dello stesso Pucci, non si specchia tanto nelle note pagine virgiliane, quanto nell’adattamento più tardo, che Ovidio compi nelle Heroides. Ovvero, le ventuno lettere immaginarie di donne famose ai propri amanti, in cui si distingue una protagonista meno epica e più drammatica alla maniera borghese, che ha i perfetti lineamenti dell’interprete, la cui sensualità parte dai lunghissimi capelli ebano.
Tra il di qua e il di là, in una dimensione post mortem eppure terrena, Didone si mira e rimira, si innamora e odia rivolgendosi con un linguaggio impeccabilmente arcaico a colui che appella «Vecchio» . E questi si scopre, senza mai riferirlo, proprio Ovidio, silente davanti alla lettera aperta della sua eroina, lo stesso poeta che tra Amores, Ars amatoria e Remedia amoris tanto aveva investigato sul sentimento che sopravvive persino alla morte .
Anche nei momenti di silenzio o negli intervalli musicali in un’ora e poco più, l’attenzione non riesce a scollarsi dai due, da siparietto raccolto e privato, da quella stanza nel tempo e contemporaneamente fuori dal tempo. Risalendo le scale anche Ovidio abbandona Didone, sola con il suo eterno amore.

Lo spettacolo continua:
Teatro Stanze Segrete

Via della Penitenza – Roma
13-25 gennaio, ore 21.00 (domenica ore 17.00)

Didone
di Giuseppe Manfridi
regia di Fabrizio Pucci
con Marina Guadagno e Fabrizio Pucci
produzione AnadunE’