All’inatteso un dio apre la via

Al Teatro Vascello, fino al 13 marzo, è in scena Dionysus. Il dio nato due volte, ovvero l’eterno e irrisolvibile conflitto tra logos pathos, tra ragione e irrazionalità.

La grandezza dei classici greci è testimoniata dal loro, anche dopo millenni, essere continuamente portati in scena, mantenendo intatto il loro valore spirituale. I greci fondarono l’orizzonte culturale all’interno del quale noi ancora oggi ci troviamo e la loro capacità – unica nella storia dell’umanità – di indagare i più remoti e oscuri angoli dell’anima coincide con la stessa capacità che i classici della letteratura rivendicano oggi di esibire, manifestare, esprimere concetti quali libertà, violenza e amore.

Ciò vale in modo particolare per la tragedia attica, che per Nietzsche rappresentò il momento più alto della produzione artistica greca e occidentale perché capace di strutturarsi sul giusto equilibrio di Apollo e Dioniso con il primo, dio della forma e del logos, della bellezza e della luce, opposto al secondo, divinità ctonia dell’ebbrezza proveniente dall’Oriente, dio dell’informe e di ciò che si sottrae da ogni tentativo di messa in forma, in altre parole del pathos.

«Per quante maschere Apollo tenti di dare a Dioniso, Dioniso sempre si sottrae» diceva il filosofo tedesco, che interpretava il teatro di Eschilo come l’apice dell’arte tragica e quello di Euripide come decadenza (dal momento che il logos del dialogo venne a sostituire quasi completamente il coro, figura dionisiaca per eccellenza). Strano però che proprio Euripide sia stato autore di una delle tragedie più “dionisiache” di sempre, ovvero Le Baccanti, il cui pathos torna a dominare attraverso l’eccesso di una trama in cui il protagonista principale sono proprio quel Dioniso che, con i suoi riti orgiastici, mette a soqquadro la città di Tebe, e quella violenza che esplode in tutta la sua virulenza scardinando i principi della razionalità.

Si intuisce come, portare in scena oggi un’opera del genere, sia un’impresa terribilmente complicata, perché la profondità delle questioni (qui solo accennate) mantengono da tremila anni la loro pregnanza; di questo è stato ben cosciente Daniele Salvo, regista di Dionysus. Il dio nato due volte, in scena al Vascello, tratto proprio da Le Baccanti di Euripide.

Salvo dimostra fin dal prologo di essere ben cosciente di come il fuoco essenziale dell’opera non sia l’antichità, ma il presente. Le proiezioni video di una grande metropoli moderna sembrano compiere la medesima operazione che Pasolini intraprese col finale del suo Edipo, quando – con un’ellissi temporale apparentemente fuori luogo – sottolineò vicende in grado di attraversare tutta la storia dell’umanità perché appartenenti a ciascuno di noi, dalla nascita alla morte, a prescindere da dove e quando si è nati. Allo stesso modo accade per il problema del conflitto tra logos e pathos, tra ragione e passione: i costumi confermano questa ambivalenza tra passato e presente, ancora insistenendo su come il racconto non abbia tempo.

Ma il dibattito su cosa sia questo Dioniso, su come debba essere portato in scena, coinvolge anche l’opera di Salvo, dopo aver toccato tra i tanti Aristotele e Nietzsche. Nietzsche riteneva che Euripide segnasse «il sucidio della tragedia», maLe Baccanti parlano di Dioniso, dunque di che Dioniso si tratta? Il Dioniso di Euripide, come quello di Salvo, entra in scena, si tramuta in essere visibile, diventa sinonimo di «euforia bacchica», di “follia” e di spirito di vendetta, lasciando irrompere l’elemento morale (assente in Eschilo e Sofocle) in Euripide, che proprio per questo veniva definito da Nietzsche come l’alter ego di Socrate. Dioniso sconvolge le istituzioni, distrugge le basi della convivenza civile, fino a farsi responsabile della peggiore delle stragi, ovvero quella che vede Agave (interpretata da una inossidabile Manuela Kustermann) dilaniare a mani nude il corpo del figlio Penteo, re di Tebe.

Dioniso diventa follia omicida, aprendo la strada all’assunto aristotelico per il quale la tragedia avrebbe dovuto avere il fine di educare, in questo caso accusando moralmente la forza dionisiaca. Non a caso, proprio la tragedia più truculenta della tradizione greca decide di tenere “fuori campo” la scena dell’assassinio e del linciaggio di Penteo, per non degenerare in quello che Aristotele definiva miaron, ovvero la perversa attrazione per ciò che è repellente e disgustoso, perché Euripide controlla dall’alto tutto lo svolgimento dell’opera, frenando Dioniso spesso attraverso l’invettiva morale.

Anche per questo il coro è in stato di trance permanente, come a voler denunciare la barbarie dei riti esotici che minano il valore dei principi di ordine e controllo tipici dell’ellade; Salvo è bravo a ricondurre il teatro alla sua originarietà simbolica, quando esso non si distingueva dal rito sciamanico e dall’infatuazione delle menadi, ma l’occhio moralizzatore di Euripide è sempre presente.

Per queste ragioni, Salvo coglie appieno l’essenza dell’opera di Euripide, non la stravolge, ma è come se, durante la visione, l’opera fosse convinta del contrario, ovvero che stia affermare qualcosa di diverso, a volte in maniera ingenua, come nel mostrare il re di Tebe come un pazzo sanguinario, determinando un cortocircuito nel senso complessivo dell’allestimento, oppure in alcune immagini proiettate tendenti al kitsch. Ciò che tanto Salvo che in Euripide risulta non è la presenza ovunque di Dioniso, dentro e fuori di noi, qualcuno che ci guarda e ci possiede quando meno ce l’aspettiamo, qualcosa che tutta la cultura occidentale fondata sulla ragione non potrà mai escludere e obliare completamente. Quello che risulta è che per il bene della stessa sopravvivenza dell’uomo, Dioniso va cacciato respingendo le sue lusinghe, portato in scena per tradurlo in presenza e immagine, dunque per ammansirlo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini, 78 – Roma
fino a domenica 13 marzo
Venerdì e sabato ore 21.00, domenica ore 18.00

Centro di Produzione Teatrale La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Centro di Produzione Teatrale TIEFFE teatro – Teatro Menotti, Teatrul de Stat Constanta (Romania) presentano
Dionysus. Il dio nato due volte
da Le baccanti di Euripide
regia Daniele Salvo
scene Michele Ciacciofera
costumi e maschere Daniele Gelsi
con Daniele Salvo, Manuela Kustermann, Paolo Bessegato, Paolo Lorimer, Ivan Alovisio, Simone Ciampi, Melania Giglio