Vil seduttore e impunito

Don Giovanni nella lettura di Robert Carsen: seduttore più che seducente, libertino più che libertario, in bilico tra meta-rappresentazione e melodramma anni 50. Una scommessa vinta dal punto di vista musicale, meno a livello registico.

Ad aprire la Stagione operistica della Scala, Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte su musiche di Wolfgang Amadeus Mozart. Un appuntamento sicuramente imperdibile soprattutto per la direzione del maestro Daniel Barenboim, l’esecuzione dell’impeccabile orchestra scaligera e l’interpretazione dell’intero cast composto da nomi illustri del panorama internazionale – tra i quali spiccano (sia per doti canore sia interpretative) Giuseppe Filianoti nel ruolo di Don Ottavio e Štefan Kocán in quello di Masetto – per il settore maschile – mentre tra le cantanti convince Anna Prohaska, nelle vesti di una Zerlina fresca e impertinente.
Applausi meritati anche alla regia quando si tratta di movimenti di scena – sempre giustificati; eliminazione dei manierismi propri della gestualità melodrammatica e impostazione generale: rigorosa e puntuale.
Difficile, al contrario, comprendere la lettura registica. L’assenza di scenografie, sostituite da quinte e fondali che propongono e ripropongono all’infinito il tema del sipario e dei palchi della Scala rimanda alla molteplicità di interpretazioni proprie del personaggio di Don Giovanni e a una visione del protagonista come Deus ex machina di ogni azione e “macchinazione” a scapito degli altri personaggi. Una metateatralità, questa, che si fa esplicita nell’iniziale abbigliamento di Leporello come tecnico di scena, e soprattutto nel secondo atto – ad esempio nella scena 13esima, quando Donna Anna canta la sua disperazione tenendo in mano un libretto della Scala – o, ancora, quando si solleva la parte posteriore del palco, consentendo a una serie di duetti ed ensemble di essere recitati non solamente per il pubblico in platea ma soprattutto per Don Giovanni e la sua ennesima conquista che, seduti in proscenio, voltando le spalle agli spettatori, godono delle macchinazioni del libertino – serie che si chiude con un nudo né volgare né indecente ma semplicemente ingiustificato e fuori contesto.
Questa lettura è però in contrapposizione, nel suo focus continuo sul vil seduttore, con altre letture più interessanti del personaggio e contrasta decisamente con la scelta costumistica che rimanda agli anni 50 (forse persino con una strizzatina d’occhio a Jackie Kennedy Onassis e ai suoi famosi occhiali neri nel look di Donna Anna). Ma una cosa è ambientare La  Traviata in epoca contemporanea, tra vallette e veline – si ricorda a proposito una Violetta/Valery interpretata in maniera eccellente da Mariella Devia, protagonista del gossip in tempi in cui il termine escort non era ancora entrato in uso, nell’insuperata versione di Graham Vick del 2004, all’Arena di Verona. Violetta era ed è donna-oggetto dei suoi e dei nostri tempi, perfettamente rispondente ai dettami di Verdi che scriveva: “Una puttana deve essere sempre puttana”. Altra cosa è ambientare Don Giovanni fuori contesto – perché il contesto dovrebbe essere quello metateatrale di cui sopra – negli anni 50 (a quanto parrebbe dai costumi di scena). Quali attinenze e rimandi giustificherebbero l’esistenza del libertino all’epoca di Catene (film del ’49 per la direzione di Matarazzo) o al contemporaneo Riso amaro di De Santis, piuttosto che negli anni 30 (ricordiamo a proposito, il capolavoro italiano del genere melodrammatico, La grazia [ritrovata] di Aldo De Benedetti, del ’29)?
A parte ciò, l’eccesso di sottovesti, rasi di seta, rotolamenti di corpi, calzini, piedi nudi e cambi d’abito a scena aperta enfatizzano il côté di Don Giovanni seduttore – e però il personaggio di Da Ponte è drammatico, molto lontano dal Casanova che potrebbe sposare con allegria i versi di Dante: “amor ch’a nullo amato amar perdona”. La complessità di questo personaggio che si ribella contro Dio, dell’ateo che irride la morte, del cinico matematico che conta le sue conquiste come fossero vittime delle sue trame, ne esce svuotata e il finale che potrebbe apparire interessante – invertendo i ruoli – non convince proprio perché anche la discesa agli inferi fa parte del gioco e non si può esorcizzarla banalizzando temi quale colpa o punizione.

Pregevole al contrario l’intento di coniugare il piacere culinario a quello sessuale – si veda Don Giovanni assaggiare le pietanze sulla medesima tavola che, presto, si trasforma in un letto sfatto da un’Elvira perennemente in sottoveste – anche se nell’immaginario collettivo tali piaceri hanno trovato espressioni più riuscite, come nel Tom Jones (film del 1963 firmato da Tony Richardson), quando Tom e Mrs. Waters siedono uno di fronte all’altra e consumano il proprio pasto succulento nel silenzio più completo, scambiandosi solo sguardi lascivi.

Interessante infine il contrappunto tra l’orchestra e il Commendatore, nel finale, dove Barenboim torna finalmente protagonista e la musica sembra quasi prendere il sopravvento, preannunciando gli sviluppi futuri della collaborazione tra Mozart e Da Ponte ma, soprattutto, dell’opera tout court.


Fotografie di Marco Brescia & Rudy Amisano

Lo spettacolo continua:
Teatro alla Scala
piazza della Scala – Milano
(biglietteria: via dei Filodrammatici, 2)
28 dicembre 2011 – 4, 8, 12, 14 gennaio 2012, ore 20.00
(durata 3 ore e 15 minuti)
Nuova produzione Teatro alla Scala:
Don Giovanni
dramma giocoso in due atti
libretto di Lorenzo Da Ponte
musica di Wolfgang Amadeus Mozart
direttore Daniel Barenboim
direttore Karl-Heinz Steffens (gennaio 2012)
regia Robert Carsen
scene Michael Levine
costumi Brigitte Reiffenstuel
luci Robert Carsen e Peter Van Praet
coreografia Philippe Giraudeau
orchestra e coro del Teatro alla Scala
maestro del moro Bruno Casoni
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni
Peter Mattei (7, 10, 13, 23, 28 dicembre; 4, 8, 12, 14 gennaio)
Ildebrando D’Arcangelo (16, 20 dicembre)
Il Commendatore 
Kwangchul Youn (7, 10, 13, 16, 20, 23, 28 dicembre)
Alexander Tsymbalyuk (4, 8, 12, 14 gennaio)
Donna Anna
Anna Netrebko (7, 10, 13, 16, 20, 23 dicembre)
Tamar Iveri (28 dic.; 4, 8, 12, 14 gennaio)
Don Ottavio
Giuseppe Filianoti (7, 10, 13, 16, 20, 23, 28 dicembre)
John Osborn (4, 8, 12, 14 gennaio)
Donna Elvira
Barbara Frittoli (7, 10, 13, 16, 20, 23, 28 dicembre)
Maria Agresta (4, 8, 12, 14 gennaio)
Leporello
Bryn Terfel (7, 10, 13, 16, 20 dicembre)
Ildebrando D’Arcangelo (23, 28 dic.; 4, 8, 12, 14 gennaio)
Zerlina
Anna Prohaska (7, 10, 13, 16, 20, 23, 28 dicembre)
Ekaterina Sadovnikova (4, 8, 12, 14 gennaio)
Masetto
Štefan Kocán (7, 10, 13, 16, 20, 23, 28 dicembre)
Kostas Smoriginas (4, 8, 12, 14 gennaio)