Aldilà del mito

Una nuova esplorazione nel celebre romanzo gotico di Bram Stoker, per la regia di Sergio Rubini

Il personaggio del Conte Dracula, tanto affascinante quanto misterioso e spaventoso, tratto dalla penna dell’autore irlandese – e ispirato al personaggio storico di Vlad III, Principe di Valacchia detto anche l’Impalatore – non ebbe molto successo nel 1897, data della prima pubblicazione del libro di Stoker. Le regioni protestanti – o ortodosse – come lo erano l’Irlanda del Nord, la Gran Bretagna e i Balcani nel XIX secolo, non avendo il Purgatorio, luogo dove si espiano i peccati prima di accedere al Paradiso, prevedevano già figure simili da alcune centinaia di anni: individui talvolta sepolti vivi nella fretta di eliminare streghe o soggetti creduti indemoniati, o anche solo poveracci colpiti dalle molte epidemie dei secoli scorsi, che improvvisamente riemergevano dalle loro tombe e diventavano – agli occhi superstiziosi del popolo – dei demoni, o dei morti viventi a tutti gli effetti.
All’epoca, l’unica forma di controllo dell’ignoto risultavano – e talvolta anche ai giorni nostri – il rito religioso e gli esorcismi: croci e acqua santa apparivano come elementi indispensabili per ricacciare all’interno dell’anima qualcosa che non si poteva comprendere e che, fondamentalmente, turbava uomini e donne appartenenti a quelle società.
Solo pochi anni dopo l’uscita del romanzo, con i suoi studi sulla psicoanalisi, Sigmund Freud esprimerà teorie, seppur non alla portata di tutti e allo stesso tempo disorientanti, circa la malattia mentale che favoriranno – almeno nel primo periodo – metodi di guarigione più umani rispetto a quelli adottati dagli esorcisti – o, prima ancora, dall’Inquisizione.
Sul palco, assente lo stesso Rubini, sostituito da Lorenzo Lavia nei panni dell’esperto in vampiri – il professor Van Helsing – le scene si inseguono con ritmo sostenuto e colme di suspense, in un’atmosfera lugubre e nebbiosa, con colpi di scena e arie musicali a sostegno del gotico tenebroso che avvolge sia la scena che l’atmosfera in sala. Il personaggio di Dracula, poco considerato alla sua apparizione letteraria, divenne celebre proprio grazie alle rappresentazioni teatrali e, nella società di massa che ne seguì, con le versioni cinematografiche.
Ma cosa può rappresentare ancora oggi la figura disumana, predona della linfa vitale altrui, del Conte Dracula, aldilà della leggenda? Quale profilo psicologico potrebbe esprimere nella società contemporanea? Certo, un soggetto di cui non si sappia esattamente quanto ci sia di reale e quanto di allegorico, più figura della superstizione che non essere tangibile, che sembra vivere in una tomba e non si riflette negli specchi, non è facilmente classificabile; ma il solo fatto che la leggenda lo indichi come sopraffattore delle menti altrui può dare spunto all’equiparazione metaforica con alcune multinazionali che sottraggono energie e risorse primarie ai Paesi più poveri a loro proprio beneficio – mimetizzate in un labirinto di holding di cui difficilmente si viene a capo per individuare il responsabile dei molti scempi materiali, naturali e umani. Forse possono essere costoro i Conte Dracula contemporanei, che al posto del sangue succhiano la vita di milioni di esseri umani.
Sergio Rubini – in una nota di regia – afferma di considerarsi un esorcista e, nonostante la consapevolezza della difficoltà di portare in scena un classico della letteratura, ritiene il Conte Dracula un suo vecchio amore – figura affascinante e misteriosa proprio perché borderline tra la vita e la morte: tematica palpitante carica seduttiva e mistero primordiale mai risolto. La lettura dell’opera di Stoker a cura di Sergio Rubini, con l’adattamento di Carla Cavalluzzi, si rifà all’atmosfera oscura presente nello stesso romanzo, ma risulta veloce, misteriosa e attraente con alcuni colpi di scena che tengono alta la tensione e l’attenzione del pubblico. Molto interessanti si sono dimostrate le performance di Luigi Lo Cascio/Harker e di Margherita Laterza/Mina, senza escludere gli altri interpreti.
La sostituzione, forse improvvisa, di Rubini con Lorenzo Lavia, ha mostrato alcune carenze nella recitazione, e ha dato modo di pensare a una mancanza di tempo per una più puntuale acquisizione della parte; l’attore, infatti, sempre munito del copione, a sostegno delle potenziali lacune – sebbene mimetizzato tra gli attrezzi del mestiere del medico-protagonista – ha dato l’impressione di qualche lieve dimenticanza, rallentando con brevi silenzi il ritmo sostenuto dell’esecuzione generale.
Un lavoro nel complesso interessante, con scenografia essenzialmente fissa ma volta a spingere l’immaginazione dello spettatore attraverso il testo e l’atmosfera di un ignoto viaggio nelle tenebre. Oscurità atta a sondare più l’animo dei vivi che la materialità dei morti-viventi, con i molti risvolti di inquietudini inconsce del genere umano mai risolte e a forti tratti psichedeliche.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Solvay
via E. Solvay, 20 – Rosignano Solvay (LI)
mercoledì 13 Marzo, ore 21.15

Dracula
di Bram Stoker
adattamento teatrale di Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
regia Sergio Rubini
con Luigi Lo Cascio, Margherita Laterza, Lorenzo Lavia, Roberto Salemi e Geno Diana
scene Gregorio Botta
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana