Il gioco dell’essere donne

bologna-Teatro-delle-CelebrazioniAl Celebrazioni di Bologna, è andato in scena Due partite, uno spettacolo vivace, ironico, e al tempo stesso profondo, delicato e commovente, che sta giustamente diventando un classico del teatro italiano contemporaneo.

Quattro donne, e poi le loro quattro rispettive figlie, descrivono un universo femminile in cui gli uomini non si vedono mai, ma sembrano imporre il ritmo di ogni movimento, e dove, anche se il tempo passa e l’aspetto si trasforma, i dubbi, i timori e le insoddisfazioni più essenziali restano sempre gli stessi.
Paolo Rota riporta in scena un grande successo scritto da Cristina Comencini, che nel 2009 è diventato anche un film. In un salotto di una casa borghese, con una scenografia essenziale e anonima, quattro donne molto diverse ma intimamente amiche, si incontrano ogni giovedì pomeriggio, il giorno in cui si riuniscono e giocano a carte: «il giorno più bello della settimana, ci penso dalla domenica sera» afferma Sofia, impersonata sul palco da un’energica Caterina Guzzanti.
La prima partita infatti è quella di Sofia, Beatrice (Giulia Michelini), Claudia (Paola Minaccioni) e Gabriella (Giulia Bevilacqua): quattro donne accuratamente anni ’50, dagli abiti, alle pettinature, alle condizioni sociali che vivono. Sembrano chiacchierare di ovvietà quotidiane ma intanto sondano e confrontano il loro essere donne, mogli e madri. Vivono situazioni differenti, persino opposte come nel caso di Claudia e Sofia, ma tutte, sebbene lo esprimano in maniera diversa e più o meno esplicitamente, condividono l’insofferenza per un ruolo imposto e limitante, la schiavitù opprimente di dover rispondere sempre a delle aspettative che sembrano ovvie e obbligate, e l’angoscia di ritrovarsi, alla fine di tutto, sole e disilluse.
Nella stanza accanto stanno le loro figlie, bambine che giocano a prendere il té e a cullare bambolotti, a fare le signore borghesi proprio come le loro madri. Su quelle bambine si riversano tutte le speranze delle protagoniste del primo atto: a loro vengono affidati il desiderio di indipendenza e i sogni infranti, nel loro futuro viene proiettata la libertà e l’autoaffermazione che gli anni ’50 non permettevano alle donne che volevano essere anche mogli e buone madri. Tra recriminazioni, rivelazioni e scontento, in un clima che spazia con naturalezza dalla commedia, al sarcastico, alla pura commozione, il primo atto, o meglio la prima partita, scivola nella seconda.
Il passaggio, con un buon colpo registico, è segnato dal ruotare della scenografia: un movimento che dà l’impressione del cambiamento, ma che, alla fine, riporta tutto al punto di partenza. Nel secondo atto le attrici sono sempre le stesse, la stanza in cui tutto avviene è sempre la stessa, solo con una scenografia ancora più essenziale e neutra. Sono, però, passati trent’anni: al posto delle madri ci sono ora le loro quattro figlie, ancora amiche come quando giocavano a prendere il tè il giovedì pomeriggio. La recitazione, se nel primo atto risultava vagamente artificiosa, costretta nei caratteri di un immaginario comune e per certi versi semplicistico, nel secondo si fa più fluida e comunicativa, e le emozioni ne risultano piacevolmente amplificate. Ora le quattro bambine sono diventate donne forti, realizzate, indipendenti; nessuna di loro è madre o moglie, eppure i dubbi e le paure che le assillano sono, fondamentalmente, immutati. Lo scrive lo stesso Paolo Rota nelle note di regia: «quello che più mi colpisce è un altro aspetto, fondamentale a teatro, che è quello fantastico, fantasmatico. Le protagoniste di questa storia sono donne che si proiettano madri, madri che immaginano come saranno le loro figlie, figlie che hanno assunto, mangiato e digerito le proprie madri per farsi donne autonome, diverse, opposte, e sorprendentemente vicine».
Sara, Cecilia, Rossana e Giulia delle loro madri conservano sia l’insicurezza sia la caparbietà, sia la decisione che la dolcezza che, pur col cambiare dei discorsi e delle relazioni, mantengono costanti i sentimenti.
Tutte e otto insieme, raccontando delle loro gioie e miserie quotidiane, ognuna com’è immersa e perduta nelle sue personali vicissitudini, rispecchiano un sentire essenziale che è costante e irrinunciabile, e danno luce a qualcosa che, ancora prima di essere madre, moglie, innamorata, professionista o qualunque altra cosa, è semplicemente l’essere donna.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro delle Celebrazioni
via Saragozza, 234 a Bologna
dal 15/01/2016 al 17/01/2016

Due partite
di Cristina Comencini
regia Paolo Rota
con Caterina Guzzanti, Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Giulia Bevilacqua
scene e disegno luci Nicolas Bovey
costumi Gianluca Falaschi
produzione Artisti Riuniti