Non sempre il teatro è specchio della realtà

lacittadelteatro«La passeggiata verso l’inferno di una sognatrice che, partendo da una fantasia d’amore, cade in un vortice di compromessi». Così definisce la vita del suo personaggio Sabrina Impacciatore, protagonista dello spettacolo diretto da Valerio Binasco.

Dopo aver curato le regie di Ti ho sposato per allegria (2003) e L’intervista (2009), Valerio Binasco porta in scena un altro testo di Natalia Ginzburg, proponendo una trasposizione teatrale monologica di È stato così, secondo romanzo della scrittrice, pubblicato da Einaudi nel 1947 e vincitore del premio letterario Tempo.

Una donna entra in scena, si siede davanti alla platea, dichiara di aver ucciso il marito e ripercorre la storia che l’ha portata al delitto. Ha conosciuto il futuro coniuge a casa di conoscenti e, sebbene non provasse alcuna attrazione fisica verso di lui e lui fosse innamorato di un’altra, ha cercato fin da subito di conquistarlo perché per la prima volta le sembrava che un uomo si interessasse a lei. Presto il disamore reciproco si fa sentire nella vita coniugale: il marito si assenta sempre più spesso per stare con l’amante, la donna si lascia ossessionare da una gelosia possessiva priva di un reale sentimento d’amore. La nascita di una bambina sembra cambiare le cose: alla donna il marito fa meno ribrezzo quando fanno l’amore, così come le pare di non dispiacersi quando lui decide di andare via di nuovo. Ma la figlia muore e con la bambina si annulla ogni speranza di consolazione. Mentre il marito prepara le valigie per l’ennesimo viaggio fedifrago, la moglie lo uccide.

La protagonista, interpretata da Sabrina Impacciatore, ripete con voce convulsa e meccanica il solito racconto, i soliti dialoghi, i soliti fatti, tra risatine isteriche e pianti, come se stesse affrontando una seduta psicanalitica; ne viene fuori il ritratto di una donna paranoica, possessiva (e non innamorata), esasperata ed esasperante (il marito stesso la accusa in più di un’occasione: «Tu ti mangi l’anima, per questo non hai pace e non dai pace agli altri»), affetta da una gelosia assillante verso un uomo che in fondo non le piace e con il quale non vi è «una sola parola né un gesto d’amore». Al di là della gravità del tema e della brava attrice, costretta a recitare immobile, seduta davanti ad un microfono, con la voce rotta e il volto coperto da un trucco pesante che si scioglie per il pianto, e nonostante il racconto della protagonista porti lo spettatore a schierarsi dalla parte di lei, tradita, addolorata per la morte della figlia, lasciata in continua solitudine, la vicenda appare contrastante coi fatti della nostra cronaca di ogni giorno, con la realtà attuale che in Italia registra i numeri impressionanti di un femminicidio inarrestabile, compiuto da mariti, compagni, conviventi o fidanzati.

Il romanzo della Ginzburg rispecchiava un aspetto della condizione femminile contemporanea alla scrittrice; la donna da lei rappresentata è dominata da sensi di inferiorità e di inadeguatezza (per questioni di genere), si sente trascurabile e vecchia a 26 anni, e sposa un uomo ai suoi occhi ben poco attraente e perdipiù legato a un’altra solo per acquisire lo status di moglie e madre. L’intento della Ginzburg era dunque mostrare la condizione psichica e culturale delle donne nell’immediato secondo dopoguerra, ingabbiate entro schemi fissi e costrizioni inalterabili, cosicché l’omicidio del marito diventa quasi il simbolo della liberazione da obblighi e soprusi.

Valerio Binasco decide di riproporre questo testo perché vede nella protagonista l’exemplum di ogni donna, incapace di subire passivamente menzogne e silenzi: «Proprio in quel silenzio – ha dichiarato il regista –, in quel buco nero, lei spara. Lì dove lui mette la bugia e il mutismo, lei spara. Perché le donne sono troppo vitali per accettare questo nero». In realtà tale affermazione rende ancora più anacronistica la scelta di riproporre questo testo: a distanza di quasi settant’anni le donne continuano a lottare per la vita (ricordiamo la recente manifestazione mondiale One billion rising contro il femminicidio), continuano ad essere umiliate, sommerse di bugie e silenzi, tradite, maltrattate (fisicamente e psichicamente), spesso uccise dai propri compagni, e al contrario della protagonista non riescono neppure ad avere un ultimo “riscatto”, essendo loro stesse vittime dei troppi omicidi registrati quotidianamente nel nostro paese e in tutto il mondo.

Lo spettacolo è andato in scena:
La Città del Teatro – Cascina
sabato 23 febbraio, ore 21.00

È stato così
da Natalia Ginzburg
regia Valerio Binasco
luci e scene Laura Benzi
musiche originali Arturo Annecchino
costumi Sandra Cardini
con Sabrina Impacciatore
(durata 1.10 h)