Quella trattativa mai conclusa

Arrivano, al Dal Verme di Milano, Marco Travaglio e Isabella Ferrari, che ricostruiscono, in È Stato la mafia, i rapporti torbidi tra le istituzioni e l’organizzazione criminale siciliana negli ultimi vent’anni.

C’è una dote che appartiene a Marco Travaglio ed è merce rara nei teatri: l’abilità nel mettere in fila gli eventi senza tediare, inserendo un filo rosso invisibile nella sequenza dei fatti – quasi da artigiano orafo che inanelli una perla dietro l’altra in una catenina d’oro.

Proporre, infatti, un resoconto storico degli ultimi vent’anni di politica italiana, facendosi seguire dal pubblico con attenzione crescente col passare dei minuti, è un capolavoro che gli riesce alla perfezione: non soltanto sui libri, ma anche nei teatri. Ed è una lezione di storia che resta impressa: nei più anziani, che rispolverano la memoria di quei momenti, e nei più giovani, che tra un decennio – forse – ritroveranno quegli avvenimenti della loro infanzia sui libri di storia che utilizzeranno i figli.

È Stato la mafia, l’ultimo “spettacolo” che il giornalista porta sui palcoscenici italiani, affiancato da Isabella Ferrari – abile nel recitare passi di alcuni testi di Pietro Calamandrei, Ennio Flaiano, Giorgio Gaber, Pierpaolo Pasolini e Sandro Pertini – è un Bignami che racconta il viluppo tra mafia e Stato, dalle stragi del ’92 a oggi. La trattativa è l’anello di congiunzione che ha saldato i governi alternatisi negli ultimi vent’anni. Il mastice lo hanno messo i faccendieri coinvolti: Vito e Massimo Ciancimino, i colonnelli del Ros (Subranni, Mori e De Donno), i mafiosi (Riina e Provenzano) che scrissero il papello e il cui accoglimento fu posto come condizione essenziale per interrompere le stragi. Nulla, però, questi uomini avrebbero potuto senza la connivenza di un pezzo di Stato corrotto, di cui una parte è già al sicuro e l’altra teme di essere tirata per la giacchetta nella revisione del processo per la strage di via D’Amelio – in corso a Palermo.

«La trattativa è il peccato originale della Seconda Repubblica. E senza verità e giustizia sulle stragi non ci possiamo definire un Paese civile», diceva Paolo Borsellino. Per evitare che salti il tappo – è il messaggio veicolato dal giornalista – si sarebbe mosso finanche il Quirinale, attraverso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Ma tutto è finito nel tritarcare negazionista della stampa, pronta a gridare allo scandalo per l’attacco al capo di Stato, il cui consigliere giuridico, Loris D’Ambrosio, per mesi è stato a contatto con Nicola Mancino, terrorizzato all’idea che il suo coinvolgimento nella trattativa venisse fuori», ha ricordato Travaglio.

Quella che emerge è l’immagine di un’Italia allo sbando, che copre le malefatte di chi la governa e punta il dito sui pochi impegnati a riportare le carte in tavola. Essenziale è la scenografia: sul palco soltanto due sedie rosse in pelle. Contenuti e messa in scena sono di prim’ordine. Un po’ meno lo è l’accompagnamento musicale con violino, tastiera e sintetizzatore. Resta, però, uno spettacolo da non perdere.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Dal Verme
via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano
venerdì 15 marzo e sabato 16 marzo, ore 21.00

È Stato la mafia
con Marco Travaglio e Isabella Ferrari