…o della “guerra erotica”

Ecuba di Marina Carr, andato in scena al Teatro Olimpico di Vicenza, è un’interessante riscrittura del mito greco che mostra le passioni contraddittorie a cui può cedere l’essere umano che attraversa la guerra.

Sembrerebbe non esserci alcuna correlazione evidente tra l’eros e la guerra. L’uno consisterebbe nella pulsione verso il piacere e l’intesa dei corpi mediante il rapporto sessuale, o più in generale tramite una relazione interpersonale intensa e intima. L’altra indicherebbe il conflitto basato sull’odio e motivato da ambizioni di supremazia o guadagno, che sfocia nel sangue, nella violenza, nell’orrore. Eros e guerra paiono allora escludersi a vicenda. Chi ama non può guerreggiare, e viceversa chi guerreggia non può amare.

Questo nesso apparentemente improbabile viene invece sottolineato come credibile e possibile nell’Ecuba di Marina Carr. Si tratta di una riscrittura dell’antico mito della moglie di Priamo, che a seguito della distruzione di Troia perde il marito e diciotto dei suoi diciannove figli. Una prima lettura vorrebbe, insomma, che la donna abbia solo ragioni di detestare la guerra, che le toglie quasi tutto e le lascia unicamente i corpi mozzati della sua prole. Nella versione di Marina Carr, accade però che la distruzione di Troia diventi per lei l’inizio di una nuova vita, feroce e terribile, ma anche esaltante e colma di piaceri.

L’Ecuba della scrittrice contemporanea si adegua al mito mantenendo solo la trama principale. Tutta la vicenda si incentra sui vani sforzi di Ecuba di salvare almeno il figlio Polidoro, la cui sopravvivenza rappresenta una futura minaccia di rivalsa troiana, e la figlia Polissena, che deve essere sacrificata per far soffiare il vento necessario agli Achei per salpare verso la patria. Per il resto, parallelamente al crudo episodio di violenza, si dispiega una vicenda erotica. Ecuba grondante di sangue e con i figli appena morti determina l’amore di Agamennone, che a sua volta desta eccitazione sessuale nella donna con la sua figura di maschio dominante e vincitore. Lungi allora dal rivelarsi incompatibili con l’amore, gli orrori della guerra diventano ciò che accende il desiderio erotico.

Un elemento tecnico che merita di essere isolato è che tutta la storia viene presentata da attori che recitano parlando di sé in terza persona. Ogni gesto che viene eseguito – come per esempio lo strattonare Polissena per condurla al sacrificio – viene preceduto o accompagnato dalle parole “Agamennone strattona Polissena”. Queste azioni creano una distanza tra la crudeltà della materia rappresentata e consentono di immedesimarsi meglio nelle passioni contraddittorie che animano i personaggi. Tali gesti con il relativo commento verbale hanno l’effetto di scarnificare la guerra e l’eros, rendendo queste emozioni forme astratte e impersonali. Ciò rende il loro potere ancora più incisivo. Benché infatti i personaggi vedano guerra ed eros come forme disincarnate, essi non mancano di riconoscere la loro potenza e di soccombervi. Gli esseri umani vengono spogliati della loro identità e individualità, diventando puri fantocci in mano a forze più grandi di loro.

Le ragioni di questa scelta di mescolare guerra ed eros mira, forse, a un duplice obiettivo. Il primo è evidenziare come l’Ecuba rappresenti una “guerra erotica”: una tragedia che sottolinea l’illusione dell’autonomia umana, attraverso il caso icastico di Ecuba che si innamora intensamente del proprio carnefice. Il secondo è sottolineare che il principio di non-contraddizione non si adatta al gorgo delle passioni umane. La morte può essere un inizio d’amore, tanto che Ecuba può cominciare a rivivere la sua sessualità, dopo essersi liberata – con la morte dei figli – dalle responsabilità e dal peso della maternità.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Olimpico di Vicenza
piazza Matteotti, 11 – Vicenza
da venerdì 11 a domenica 13 ottobre 2019

Ecuba
di Marina Carr
traduzione Monica Capuani
regia Andrea Chiodi
con Elisabetta Pozzi, Federica Fracassi, Fausto Cabra, Alfonso Veneroso, Valentina Bartolo, Luigi Bignone, Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese e Alessia Spinelli
musiche originali Daniele D’Angelo
scene Matteo Patrucco
costumi Ilaria Ariemme
luci Cesare Agoni
produzione Centro Teatrale Bresciano

Foto di Roberto De Biasio