Piccola pazza cosa e il gabinetto spaziale

Arriva a Fuori Luogo La Spezia Kronoteatro con Educazione sentimentale, secondo capitolo del dittico La resa. La guerra dei sessi si fa geometria.

Resa a cosa? L’inganno è dietro l’angolo, ed è difficile capirsi.
Tre uomini, in vacanza in un posto di mare, in tre identiche villette a schiera.
I rapporti sono superficiali, possibilmente evitati.
Un giovane che studia per un esame, un medio giovane con problemi di relazione e ossessionato dal lavaggio dei denti, un vecchio che si fa compagnia con un piccolo cane di plastica (cosa significativamente curiosa: i personaggi in scena non sembrano troppo turbati o stupiti della sua presenza).
E poi lei, bella, giovane, un corpo che (ingenuamente?) si muove alla musica del reggaeton in modo sensuale. Inizia la conquista. I corpi si mettono in movimento sul ritmo della musica.
Inizia una prima educazione sentimentale (o tre se si include anche quella a opera dei Queen): per mezzo del reggaeton e dei suoi testi che, una volta imparati e ripetuti dai tre uomini, riescono a infastidire come carezze inopportune.
La presenza della giovane dovrebbe/potrebbe essere salvifica: nel senso di salvare le anime spente attraverso il risveglio e il sentire l’energia vitale del corpo. La sua azione si dimostra, al contrario, un involontario suicidio (forse ci si trova di fronte al solito sacrificio di sé che dovrebbe salvare l’umanità). Infatti, nonostante le intenzioni, il risveglio del corpo si rivela piuttosto l’innesco di un’arma letale che, potendo scegliere, si sarebbe preferito non innescare.
Agli occhi di chi guarda rimane principalmente la sensazione di una guerra estrema fra i sessi, considerata in modo schematico e geometrico: alla sensualità innata della lei, risponde un’altrettanto innata violenza prevaricatrice del maschio di fronte alla quale lei si spegne, si ritira, si arrende, con un: “Sia ciò che deve essere. Fate di me ciò che volete”.
Va in scena un incontro senza ascolto, privo del rispetto reciproco, in cui (pur nella simmetrica assenza di ascolto e di rispetto da parte di entrambi i sessi) è lei a soccombere, a rimanere sconvolta e travolta dall’evoluzione degli eventi.
All’iniziale autismo e inimicizia tra i personaggi maschili, alla loro lontananza, si contrappone la forza e la realtà della loro vitalità sessuale: identici nell’aspettativa, nella ricerca, nel divorare la carne. Nella loro totale indifferenza.
A questa evoluzione degli eventi piuttosto amara, risponde il finale: la metafisica manifestazione del cesso spaziale, che si mangia tutto e rimette la merda al suo posto, facendo sparire i tre uomini, risucchiati per sempre.
Un secondo obiettivo di questa educazione sentimentale potrebbe essere allora un programma, un da farsi, la ricerca di un qualcosa che potrebbe salvare le persone dal loro mondo di autistica solitudine, senza però lasciarle alla mercé della violenza degli istinti più bassi (o fondamentali, a seconda delle preferenze individuali).
Lo spettacolo, come accennato sopra, si potrebbe descrivere come schematico, geometrico, molto pulito per quanto concerne la scena, l’uso delle luci, la costruzione del tempo della storia (scelta che, a lungo andare, risulta tuttavia un po’ monotona).
Nel testo e nell’uso della parola si riflette quell’atteggiamento contemporaneo nei confronti della vita e della comunicazione caratterizzato da semplicità, precisione e superficialità, mancanza di raffinatezza nell’accostarsi alle cose, assenza di capacità di ascolto. Si tratta, forse, di un “messaggio” dei media, strutturati (e quindi strutturanti) in frasi semplici – fosse anche vere – semplicemente cucite insieme. Uno stile che rispecchia, quindi, il particolare autismo contemporaneo connesso all’autismo tecnologico, per cui non esistono realmente gli altri né altri corpi, non si riesce a concepirne la realtà e l’attuale presenza fisica, dotata di materialità.
Allo stesso modo della parola, il ragionamento e il dialogo si fanno piatti, privati della capacità di ascolto, di raffinatezza e profondità – per quanto precisi. E, forse proprio per la fedeltà con la quale restituiscono il panorama contemporaneo, il testo complessivo lascia un po’ l’amaro in bocca.
Molto belle le luci e la scena, interessante l’uso delle musiche. Anche la costruzione così pulita e geometrica della messinscena, in generale convince.
Restano molti interrogativi, al contrario, per quanto riguarda l’uso di alcuni oggetti di scena, che passano dallo statuto di semplici oggetti a quello di segni, senza riuscire a rendersi del tutto inquadrabili nella loro funzione, dato che i passaggi summenzionati sono troppi e non del tutto leggibili. Un esempio: Crazy little thing called love, che risuona nel silenzio assoluto dell’inizio, appena appare la ragazza, è significante, altamente suggestiva, dall’effetto pulito e preciso. Nel corso dello spettacolo, però, i continui rimandi alle canzoni dei Queen, costringono a rimettere tutto in discussione. Che cosa significano? Fanno parte anch’esse di un’educazione sentimentale – e, quindi, sono sempre un segno – o sono semplicemente canzoni, espressione di una passione degli autori, che le hanno inserite per piacere personale?
In uno spettacolo costruito in modo così pulito e schematico, le incertezze nell’uso dei segni e delle scelte risaltano in modo ancora più evidente.


Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Fuori Luogo:
Centro giovanile Dialma Ruggiero

via Monteverdi, 117 – La Spezia (SP)
mercoledì 21 dicembre, ore 21.15

Educazione Sentimentale
di Fiammetta Carena
regia Maurizio Sguotti
con Tommaso Bianco, Viola Lo Gioco, Lorenzo Romano e Maurizio Sguotti
scene e costumi Francesca Marsella
disegno luci Amerigo Anfossi
responsabile tecnico Alex Nesti
si ringrazia Nicoletta Bernardini