L’apologia delle cose perdute

L’invito della cie Zerogrammi è per un funerale talmente povero da non avere nemmeno il morto nella cassa, per una primavera talmente arida da innaffiarsi con la nuda terra, per una scorpacciata talmente frugale da rasentare l’antropofagia. Benvenuti all’Elegia delle cose perdute.

Un lampione ramingo spunta dalle tenebre spoglie, l’altalenio del suo misero cono di luce asseconda il lento incedere di un corpo fioco, diafano, sdrucito eppure depositario, nonostante le tasche bucate, di storie, lamenti e aspettative. Inizia così, con l’ombra di un sogno in uno spazio liminale, l’Elegia delle cose perdute della compagnia piemontese Zerogrammi, organismo di produzione della danza fondato nel 2005 e diretto dal coreografo Stefano Mazzotta. Ispiratasi al romanzo del lusitano Raul Brandão, I poveri (pubblicato nel 1906 e tradotto in italiano dai tipi di Arcoiris nel 2014), la pièce germoglia e cresce in modo rizomatico, con un susseguirsi di gangli indipendenti ma pur sempre interconnessi da un fil rouge che puzza di fame, inopia e disperazione.

«I quadri che compongono la narrazione, liquida nella sua forma site specific, costruita e pensata per spazi a cielo aperto, diventano la mappa di un viaggio nei luoghi (interiori) dei personaggi de I poveri: figure derelitte e però goffe al limite del clownesco, accomunate dal medesimo sentimento di malinconica nostalgia e desiderio di riscatto, 6 anime, humus del mondo (direbbe Raul Brandão), 6 personaggi di pirandelliana memoria». Sei corpi che, incorniciati nel suggestivo Chiostro Grande della Certosa Reale di Collegno, si fanno paesaggio sconfinato, fantasmi incerti schiacciati da un cielo pesante come un coperchio e disabitato come i loro stomaci indigenti. Guidata da una gestualità e una fisicità di bauschiana memoria, che si riflette anche nella scala cromatica dei costumi di scena, la coreografia di Mazzotta cerca di farsi largo tra le pieghe di un tempo che viaggia a piedi, lentissimo nel suo avanzare, e altrettanto logorante. In questa elegia del vuoto, dell’assenza, della sfuggevolezza insita nell’esistenza umana, gli interpreti -espressivi, capaci, a tratti un po’ scolastici- affrontano la propria infelicità con un linguaggio corporeo afflitto, vessato dalla penuria materiale che, nel romanzo di Brandão, scaturisce dal fallimento delle mire coloniali del Portogallo di inizio Novecento e dalla conseguente e rampante pauperizzazione interna, al contempo causa ed effetto del disfacimento dei bei progetti per il futuro della nazione.

Attraverso «capriole del pensiero», simbolismi a volte blandi a volte duri come consunte suole di scarpe sotto i denti, l’Elegia delle cose perdute prova a ricucire sulla pelle di un pubblico di nicchia le amicizie, gli amori, i dissapori, le morti e le vite di questi simulacri di umanità spaiati e manchevoli, cadendo però nella tentazione di poeticizzare la povertà e l’inedia (condizioni sempre più orizzontali nella società contemporanea), passando così da un tono elegiaco a uno apologetico e miticizzante che rischia di magnificare in modo ecclesiastico e, di conseguenza, di relegare in uno spazio espositivo asettico e distante, l’esperienza tragica e trasversale del vivere di stenti e privazioni in cui ogni perdita è un ulteriore memento di caducità.

Lo spettacolo è andato in scena:
Chiostro Grande della Certosa Reale di Collegno
viale Martiri XXX Aprile, 30 – Collegno
giovedì 17 giugno 2021
ore 21.00

Piemonte dal Vivo e Lavanderia a Vapore di Collegno presentano
Elegia delle cose perdute
della compagnia Zerogrammi

soggetto, regia e coreografia Stefano Mazzotta
una riscrittura da Os Pobres di Raul Brandao
creato con e interpretato da Alessio Rundeddu, Amina Amici, Damien Camunez, Gabriel Beddoes, Manuel Martin, Miriam Cinieri, Riccardo Micheletti
collaborazione alla drammaturgia Anthony Mathieu, Fabio Chiriatti
disegno luci Tommaso Contu
costumi e scene Stefano Mazzotta
segreteria di produzione Maria Elisa Carzedda
produzione Zerogrammi
coproduzione Festival Danza Estate – Bergamo (It), La meme balle – Avignon (Fr), La Nave del Duende – Caceres (Sp)

con il contributo di Residenza artistica artisti sul territorio: INTERCONNESSIONI/Tersicorea/Sardegna (ai sensi Intesa Stato/Regioni sancita il 21.9.2017 e in attuazione dell’articolo 43 (Residenze) del D.M. 27.7.2017), Comune di Settimo S. Pietro, Comune di Selargius, Arca del Tempo, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, Fondazione di Sardegna, Regione Sardegna, Regione Piemonte, MIC – Ministero della Cultura

in collaborazione con CASA LUFT, Ce.D.A.C Sardegna – centro diffusione attività culturali circuito multidisciplinare dello spettacolo dal vivo, PRIFERIE ARTISTICHE – Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio – Supercinema, Tuscania