Ritratti d’Autore

Quest’anno le ambite statuette che premieranno i vincitori e gli ospiti speciali del Giffoni Film Festival, giunto alla sua 41esima edizione, sono stati realizzati da due giovani artisti napoletani, Salvatore ed Emanuele Scuotto.

Dal 12 al 21 luglio, anche quest’anno, la cittadina in provincia di Salerno dove – nel 1971 – da un’idea di un diciottenne nacque quella rassegna di cinema per ragazzi che, negli anni, è diventata l’internazionale GFF (Giffoni Film Festival), di cui ancora oggi è direttore artistico quel ragazzo, Claudio Gubitosi, accoglie migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, fra giurati, ospiti, concorrenti e spettatori: 2120 i film in preselezione, 162 quelli in programma, 58 lungometraggi, 87 cortometraggi, 7 anteprime. Ma non solo cinema: si tengono anche 30 concerti, 6 spettacoli teatrali, 2 di danza, una mostra. E 10 master class con insegnanti d’eccezione, quali Luciana Littizzetto, Oliviero Toscani e Ascanio Celestini, che supporteranno aspiranti attori, registi, scrittori fra i 18 e i 23 anni, nella produzione di un elaborato finale: un cortometraggio scritto, diretto e montato nei giorni del festival dagli stessi ragazzi. Ospiti d’onore saranno, fra gli altri, Valeria Golino, Valentina Lodovini, Aldo, Giovanni e Giacomo, Remo Girone, Rocco Papaleo e le star internazionali Edward Norton e Hilary Swank.

Link di questa edizione del Festival: il rapporto, la condivisione, la relazione – forse rifacendosi a quel: “le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella” di galileiana memoria. Di conseguenza, anche il soggetto eletto a emblema del Festival è in fondo il risultato di un link, di un’unione. Nessun essere meglio del Grifone, animale mitologico metà aquila e metà leone, riesce infatti a concretizzare questo concetto, incarnandolo in una fusione tra la terra e il cielo (tra i fiori e le stelle), tra la realtà concreta e il mondo delle idee. Il leggendario Grifone è rappresentato dai fratelli Scuotto in due modi molto diversi: un corpo monocromo, dalle forme geometriche e rigide per le statuette del GFF Award e Gryphon Award; e una figura colorata in movimento, realizzata finemente nei dettagli, leggera ed elastica per il premio Truffaut.

Ma chiediamo qualche spiegazione in più a Salvatore Scuotto.

Qual’è stato l’iter di concepimento di queste due immagini del grifone e cosa rappresentano?
Salvatore Scuotto: «Abbiamo lavorato su due direttrici diverse. Per il GFF Award e il Gryphon Award abbiamo sintetizzato la forma del soggetto (grifone) fino a ottenere una silouette affusolata ed elegante che potesse, nella sua semplicità, colpire l’immaginario collettivo e diventare un elemento caratterizzante del Festival. Per il prestigioso premio Truffaut abbiamo usato il metodo opposto. Nessuna semplificazione ma estremo virtuosismo, sia nella modellatura del grifo che nell’impianto audace del premio. Usare il pannello trasparente in plexiglass ci ha consentito di dare l’effetto (cinematografico) dell’animale in volo».

Vi sono differenze nella realizzazione di un’opera d’arte a sé da un’opera concepita per una premiazione?
S.S.: «L’opera d’arte può nascondersi ovunque. Detto questo, realizzare un premio vuol dire creare una forma che riesca a contenere il senso della manifestazione che rappresenta. Nel caso di Giffoni Film Festival abbiamo pensato a una statuetta ieratica e simbolica che potesse concorrere esteticamente con i trofei degli altri festival cinematografici. Diversamente, per il premio Truffaut, destinato agli ospiti speciali, abbiamo realizzato una vera e propria scultura, più sofisticata, per omaggiare l’eccezionalità del premiato».

Avevate già realizzato altri premi prima di questo?
S.S.: «Ci capita spesso di dover creare sculture-premio. La cosa ci diverte e ci appassiona. Di recente abbiamo realizzato premi per eventi di alta moda, trofei per un festival di cortometraggi e anche i premi di manifestazioni dedicate alle favole».

Perché avete scelto di dare questo vostro contributo al Giffoni?
S.S.
: «In verità è stato Giffoni a scegliere noi e di questo siamo orgogliosi. Grazie alla Exit Communication siamo entrati in contatto con una straordinaria realtà che vive da 41 anni sulle ali del successo e dell’entusiasmo. Per noi è gratificante poter contribuire con la nostra arte a questo mirabile evento. Anche perché, oltre ai premi, saremo presenti sul red carpet con una imponente installazione che ricalca il tema dell’edizione corrente: il link».

Il grifone alato unisce terracotta e plexiglass: sintesi forte fra tradizione e innovazione?
S.S.
: «L’utilizzo di materiali diversi permette la realizzazione di idee complesse. Non credo che basti questo per fare la sintesi tra la tradizione e l’innovazione. In fondo anche gli artisti del passato non avevano difficoltà a utilizzare materiali diversi. La vera sintesi si fa nel riuscire a manipolare la forma evitando di ignorare i contenuti della tradizione».

Possiamo dire che questo binomio è uno dei fondamenti del vostro percorso artistico?
S.S.
: «Il nostro lavoro punta sempre a conciliare la lezione del passato con la contingenza del presente. La tradizione è un insieme di elementi cristallizzati nel tempo ma questo non impedisce di aggiungere del nuovo a quello che già esiste».

Può parlarci brevemente dell’Assenteismo? Come nasce, chi coinvolge, cosa significa?
S.S.
: «L’Assenteismo è nato il 15 luglio del 2010 in Piazza del Plebiscito, grazie a un’installazione pirata (Monumento al Lazzarone), che durò il tempo di qualche fotografia. Il movimento nasce da una necessità profonda, quella di porre l’opera d’arte al centro della discussione. Per fare questo, gli artisti devono uscire dai luoghi preposti e asettici delle gallerie per impossessarsi di ogni spazio possibile. Ogni artista, al di là di quello che ha da dire, può essere coinvolto. L’assenteismo è la denuncia delle assenze».

Cosa significa essere un’artista oggi?
S.S.
: «In tutta onestà a noi poco importa la figura dell’artista. Noi ci preoccupiamo delle opere. Il nostro è diventato un collettivo che si riconosce sotto un nome-formula, SCU8. La grande personalità nell’arte, per noi, ha fatto il suo tempo. Molti artisti contemporanei sono stati sopravvalutati dal mercato e molti talenti sono stati distrutti da scelte infelici. Per noi fare l’artista significa lavorare ogni giorno in laboratorio, scambiarsi idee per poterle discutere e avere sostanzialmente un unico obiettivo: collaborare per realizzare l’opera migliore possibile».