Eraldo Zecchini, San Francesco e le toppe: un trio indissolubile

La breve antologica del maestro abruzzese al Mediamuseum di Pescara ripercorre la sua carriera artistica con sessanta disegni e dipinti.

Un lungo cammino, quello di Eraldo Zecchini, cominciato nel 1960 con il suo primo olio e giunto fino a oggi senza mai perdere la tensione alla ricerca stilistica. Zecchini scelse per sé come compagno di viaggio, sin dall’inizio, il Santo d’Assisi, Francesco, maestro di umiltà e povertà.
Il Santo poverello è il protagonista indiscusso della produzione artistica di Zecchini, riproposto nella sua icastica solennità, nella sua sobrietà serafica. Già le tele risalenti agli anni ’70 si concentrano sull’intero mondo francescano, impresse come sono dai paesaggi collinari umbri, declivi dolci ridisegnati dall’opera dei contadini e popolati da alberi anch’essi morbidi. La linea è tondeggiante, mai aguzza, predomina la forma del cerchio e il colore è tenue, sfumato.
Calma. Serenità. Ascesi.
Un posto d’onore è riservato anche al saio, simbolo del francescanesimo, osservato da vicino in ogni suo particolare: la trama grossolana e ruvida, i tratti sfilacciati dall’uso, ma soprattutto le toppe, premura dignitosa che non copre ma sorregge la povertà. Il rattoppo può presentare anche più pezze, a rendere la meticolosità nell’arginare il logorio fin quando è possibile, reso a colori vividi oppure osservato sotto il filtro di tutta la gamma dei grigi.
Povertà. Dignità. Sobrietà.
Esula dalla tematica francescana il ciclo pittorico dedicato ai maestri contemporanei. Fra questi spicca il quadro per la morte di Alberto Burri, esponente dell’arte materica, realizzato con tecnica mista, unendo alla pittura ritagli di giornale con la notizia della sua scomparsa. Dominano in questo ciclo il bianco, il nero e i grigi, tralasciati per un frangente i colori delle tele passate. Il quadro per Burri, in particolare, comunica affetto e stima per l’amico, per il maestro scomparso, quasi che la tela fosse una manifestazione di dolore.
Devozione. Affetto. Riconoscenza.
L’arte di Zecchini è semplice, laconica, umile tanto che per raccontarla basterebbero poche ma incisive parole. I concetti espressi sono semplici ma profondi, raccontati con l’occhio di bambino, attento e facile alla meraviglia.
I colori sono l’elemento principale del suo stile e si presentano, corposi, quasi grassi, in poche tonalità che, oltre ai già citati grigi, si limitano al verde, al rosso e al giallo. L’osservazione fanciullesca si riverbera sul disegno che risulta stilizzato, semplificato, ingenuo proprio come i disegni dei bambini.
L’umiltà di Zecchini traspare non solo dalla sua aderenza alle tematiche francescane, ma soprattutto da quel suo farsi fanciullo, accettando di guardare la realtà con occhio pulito e privo dei filtri pieni di preconcetti che si parano inevitabilmente davanti agli occhi degli adulti.

La mostra si è tenuta:
Mediamuseum

Piazza Alessandrini, 34 – Pescara
fino a sabato 10 settembre
orari: da lunedì a sabato, dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17.00 alle 19.00
Eraldo Zecchini
curatore Monica D’Eugenio