Ritratti d’autore

Tra le commedie shakespeariane, Come vi piace è una delle più discusse in assoluto: il suo gusto pastorale, infatti, sembra averla segnata di un carattere più dimesso e quindi meno importante, se paragonato alla restante produzione del maestro. Abbiamo incontrato Eugenio Allegri, nel ruolo del buffone, coinvolto nella rappresentazione della stessa, tenutasi recentemente al Teatro Carignano di Torino, e gli abbiamo chiesto di raccontarcene di più.

La prima domanda è sul messaggio: quale è il messaggio primario che con questa commedia ha voluto dare al suo pubblico?
Eugenio Allegri: «Innanzitutto vi ringrazio sinceramente per l’apprezzamento rivolto al buffone, il ruolo che Leo Muscato ha voluto affidarmi per questo Come vi piace. È stata ed è, ogni sera, una vera e propria battaglia col personaggio che, me lo sento, continuerà sino all’ultima replica, quando sarà.
Quanto alla scelta di mettere in scena proprio questo testo di Shakespeare, che non ha grande tradizione in Italia, posso solo cercare di entrare nella mente del regista Muscato e pensare che a lui piacciono le sfide e come tale credo abbia voluto affrontare As you like it. La prima cosa che ha voluto dire alla compagnia riunita è che questo sarebbe stato uno spettacolo pop e la fedeltà a tale presupposto è stata totale. Certo con qualche rischio proprio perché di fronte alla crisi sociale di questo nostro bistrattato paese ci si aspetterebbe un lavoro di maggiore impegno civile e politico. Credo tuttavia che i temi contenuti in Come vi piace, commedia considerata minore, siano importanti perché rimandano al tema dell’ecologia della mente, tema odierno assai esplorato, sebbene a volte con vaghezza.
L’importante è partire e tornare a Shakespeare, cioè farlo sentire bene, porgerlo con chiarezza al pubblico, perché in questa commedia sono buttate lì, solo apparentemente a caso, battute di estrema profondità che parlano della condizione e del destino dell’umana specie: desideri, sentimenti, contrasti, ambizioni, speranze, malvagità, conquiste, perdite, abbandoni e quant’altro. Il problema è che, in Italia, se non targhiamo di appartenenza politica un messaggio, sembra che esso non abbia valore. Come vi piace, per metafora, parla dei nostri tempi con profonda consapevolezza e ambisce a lasciare un segno nelle coscienze degli spettatori: tanto per parafrasare un famoso saggio novecentesco, Shakespeare è e resta nostro contemporaneo».

Focalizzandoci sul ruolo da lei rivestito, il Buffone appunto, Come vi piace si rivela intrigante anche perché è una delle pochissime, o forse proprio l’unica, commedia shakespeariana in cui protagonisti sono una donna e un buffone. Entrambi nascondono la propria identità ricorrendo al topos del mascheramento e richiamando palesemente la tradizione del teatro greco. Cosa ne pensa di questo legame e quale è il suo rapporto con la classicità?
EA: «L’essere attore pone sempre la questione dell’essere qualcosa di altro da sé. Il travestimento teatrale o addirittura il passaggio da spoglie maschili a femminili o viceversa amplifica l’ambiguità del tratto e del linguaggio che automaticamente moltiplica la forza poetica della presenza di un attore o di un’attrice sulla scena. Nell’antichità credo che tutto ciò facesse il paio con la progressiva scoperta dell’evolversi delle relazioni tra gli esseri umani, evoluzione antropologica e civile allo stesso tempo, attraverso una ritualità che stabiliva regole e costumi di convivenza acquisiti o da acquisire nella società. Nel teatro di Shakespeare, moderno ma colmo della storia e della sapienza antica, il rito si fa gioco consapevole e proprio in una commedia si può pensare che egli abbia voluto affidare ai personaggi di solito secondari, femminili appunto e buffoni o comici, il carico di portare avanti le storie primarie. Poi però quasi a dirci che chissà se veramente è così «come vi piace», i personaggi vivono dichiaratamente sotto mentite spoglie, mutano di sembianza o di traiettoria per rivelare desideri tenuti nascosti o ancora inespressi, per verificare se ciò che ci piace sia veramente ciò che vogliamo, e per dare dignità di primato a ciò che di solito sembra relegato nelle pieghe meno visibili della nostra umanità. Strepitoso, lasciatemelo dire.
Per quanto mi riguarda poi, con la mia esperienza di Commedia dell’Arte, fin dagli esordi, quando ebbi la fortuna di lavorare con Jaques Lecoq, il mio rapporto col mito, con l’antico, con il rito, con la maschera è passato attraverso il comico: naufrago dolcemente nel dolore delle tragedie di Sofocle o di Eschilo o di Alfieri, ne traggo linfa poetica, ma il mio spirito di attore è stato alimentato da Plauto, da Aristofane, dai contrasti carnascialeschi e poi da Ruzzante, sulle cui zolle la commedia italiana in maschera ha poggiato le proprie fondamenta. Il mio Buffone, in Come vi piace, vorrebbe essere tutto questo».

Come vi piace esprime anche un forte senso della sperimentazione per la regia e per le rappresentazioni proposte. Può riassumere quali sono a suo parere gli esiti di questo sperimentare?
EA: «Direi sostanzialmente che la regia di Leo Muscato produce un gran divertimento tra il pubblico, soprattutto tra i giovani, che meno degli anziani sono legati a messe in scena “tradizionali” delle rappresentazioni shakespeariane che si sono succedute in Italia. Sono convinto, e abbiamo avuto anche alcuni segnali in tal senso, che in una qualsiasi città d’Europa, questo Come vi piace (mi si perdoni il gioco di parole) piacerebbe molto. L’operazione teatrale è stata importante perché ha affidato i ruoli principali ad attori giovanissimi, perché ha messo insieme un gruppo eterogeneo che si sta compattando sempre più, perché altrettanto giovani sono state la costumista, la scenografa e l’assistente alla regia: lo spirito giovanile si è propagato e ha contagiato anche i meno giovani che hanno assecondato con saggezza ed equilibrio le continue provocazioni che una regia sperimentale lanciava a tutti noi. Ultimo ma non ultimo, il contributo della parte musicale direttamente in scena con la semplice e molteplice presenza degli strumenti a corda suonati mirabilmente da Dario Buccino, che ha composto le musiche sul testo, con gli attori, mentre gli attori dicevano il testo. Per brevi tratti lo spettacolo si fa anche musical. Altro azzardo dall’esito felice».

Parlando di lei, ci piace riflettere sulla sua figura artistica, una figura completa che si destreggia tra il ruolo di attore, di regista e anche di insegnante. Le chiediamo qualcosa di più sulle tre anime che albergano in Eugenio Allegri e come queste si incastrano l’una con l’altra. Quale le dà maggiore soddisfazione, quale maggiore entusiasmo.
EA: «Ormai quasi quarant’anni di lavoro sul palcoscenico e nei dintorni mi hanno plasmato in un certo modo sebbene ammetta a me stesso che tutto quanto non sia avvenuto per caso. Quando ho scelto di essere attore l’ho fatto fino in fondo e ho vissuto questo mestiere come un’esperienza di vita totale: non posso dire di aver programmato sin dall’inizio quello che poi sarebbe accaduto, ma sapevo che se non fosse andata così piuttosto non sarebbe andata.
La pedagogia teatrale, scoperta prima come allievo e poi subito come insegnante si è alternata immediatamente con le prime esperienze di attore professionista e con i primi tentativi di regia. Pur essendo stato conosciuto dal cosiddetto “grande pubblico” per il primo di una lunga serie di monologhi, ho sempre amato e praticato la coralità, che in teatro è sempre somma di individualità. Continuo ad amare il fatto di stare sul palcoscenico e di mettermi ogni volta alla prova con nuove sfide; continuo a entusiasmarmi ogni qualvolta tengo un laboratorio teatrale, soprattutto con i giovani, ma spesso e volentieri anche con persone più mature appassionate di teatro; ma da qualche tempo sto puntando la mira verso la regia, summa di esperienza diretta sul palco, studio attraverso la pedagogia e progettualità politica ed estetica. Non ambisco al magistero ma qualcosa da dire su come stia andando il mondo ce l’ho e il Teatro continua a essere arte viva che al mondo si rivolge: ebbene la regia, che sa organizzare le regolarità di un qualunque battito cardiaco, sia di chi il teatro lo fa e sia di chi lo fruisce, è medicina per lo spirito degli esseri che scelgono di rispettarsi l’un l’altro. Questo, veramente, oggi mi può dare ulteriore entusiasmo».

Ringraziandola per il tempo prezioso dedicatoci, le chiederei se c’è qualcosa che vorrebbe ancora dire ai lettori di Persinsala.
EA: «Vorrei aggiungere che da un anno vivo l’esperienza della Direzione Artistica di un teatro comunale: il Teatro Fonderia Leopolda di Follonica, in Toscana. Un evento entusiasmante per me e per la comunità maremmana di cui Follonica è tra le città più importanti. Da venticinque anni mancava un teatro in città e la scelta dell’Amministrazione è stata quella di utilizzare i fondi europei, qualcosa come 20 milioni di euro, per ristrutturare l’architettura industriale legata agli stabilimenti della ex ILVA del 1834, la prima in Italia. Teatro, Biblioteca, Museo del Magma, Fonderia 1 come spazio espositivo, sono il fiore all’occhiello della città. Nel primo anno di programmazione teatrale circa il 20% della popolazione è venuta a teatro, ovvero 6.000 spettatori di ogni età e di ogni grado sociale hanno assistito a spettacoli nient’affatto di evasione bensì di impegno e di grande qualità. Un successo inaspettato ma costruito grazie al rapporto con il territorio. È un esempio di come la “periferia” divenga sempre di più “centro”. Se non ci si accorgerà di questo nei tempi brevi e se non se ne accetteranno le conseguenze positive, il nostro paese perderà definitivamente la scommessa di risollevarsi. Intanto complimenti a tutti voi di Persinsala, per il vostro lavoro ampio, assai articolato e diffuso: vi ringrazio e vi auguro sempre più video/lettori».

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Carignano

Piazza Carignano 6, 10123, Torino
dal 17 maggio al 5 giugno

Come vi piace
di William Shakespeare
regia Leo Muscato
con Eugenio Allegri, Matteo Baiardi, Giulio Baraldi, Dario Buccino, Vittorio Camarota, Michele Di Mauro, Marco Gobetti, Mariangela Granelli, Daniele Marmi, Silvia Giulia Mendola, Laura Pozone, Beatrice Vecchione
scena di Federica Parolini
musiche di Dario Buccino
regista assistente Alessandra De Angelis
assistente scenografa Eleonora De Leo
luci Alessandro Verazzi
costumi Vera Pierantoni Giua