«Tutto nel mondo è burla»

Il destino ha voluto che l’ultima opera dell’anno rappresentata al Teatro Don Bosco fosse l’ultima opera composta da Giuseppe Verdi, il Falstaff; un saluto sincero, un arrivederci, nel segno della gaiezza.

Nel 1893, Giuseppe Verdi era ormai il maestro italiano affermato in tutto il mondo, l’autore di capolavori come Rigoletto e La traviata che diventarono in una manciata di anni le opere più eseguite e rappresentate nei teatri di tutto il mondo. Si sarebbe spento otto anni dopo a Milano, e d’altronde in quegli anni si erano affacciati e affermati radicalmente membri prestigiosi di una nuova generazione di geni, destinati anch’essi a fare il loro ingresso nell’olimpo della storia della musica, primo fra tutti Giacomo Puccini. In quel 1893, però, Verdi riuscì per l’ultima volta a stupire nuovamente il pubblico, con un’opera straordinaria, specie se considerata all’interno della produzione del maestro. Affermatosi storicamente come il più grande autore di melodrammi, Verdi chiuse la sua carriera in quell’anno col Falstaff, commedia burlesca che senza dubbio si smarca rispetto al resto della sua produzione. Non che fossero mancati nelle sue produzioni momenti di comicità, e d’altronde non avrebbe non potuto risentire della lezione di Rossini; tuttavia, è solo col Falstaff, e perciò nel suo commiato definitivo, che Verdi si cimentò con l’opera buffa, attingendo da una tradizione nobile della cultura europea che affonda le sue radici nella sfera popolare, ma che si esprime pienamente solo in Mozart, da lì in poi sconvolgendo le classiche e millenarie concezioni dicotomiche tra “cultura alta” e “cultura bassa”. Seppur senza ombra di dubbio Verdi non sapesse che quella fosse la sua ultima fatica, è affascinante pensare come in fondo si trattasse di una volontà profonda del compositore italiano quella di lasciare il mondo e le scene con un’opera piena di vitalità, di arguzia, di ilarità e gioia. Questo accadde in pieno realismo d’altronde, e lui stesso usciva da una stagione di grandi drammi di quel tipo, ma il genio in fondo sta anche in questa capacità di stupire opponendosi alle mode e ai generi dominanti. Tutto questo discorso risulta come “raddoppiato” se pensiamo che Falstaff è uno dei frutti della collaborazione tra Verdi e Arrigo Boito, scrittore e musicista scapigliato, legato all’immaginario post-romantico e già decadente, già autore del libretto dell’Otello. Persino Boito, in questo frizzante meccanismo scenico, sprizza energia, proponendoci le storie di Sir John Falstaff, un personaggio che attraversa Le allegre comari di Windsor e Enrico IV, alle quali si è ispirato. Al Teatro Don Bosco, l’ironia ha voluto che l’opera di chiusura della stagione 2011/2012 coincidesse con l’opera finale di Verdi, ma di ironia si tratta, senza malinconie né tristezza, perché l’Alfa Musicorum Convivium ha salutato il suo pubblico come sempre, con mestiere e gioia, con maestria e sentita partecipazione.
Con Nicola Samale a dirigere l’orchestra, e per la regia del grande Riccardo Canessa, il Falstaff che ne è uscito fuori è apparso impeccabile, perché movimentato, divertente, senza mai però perdere precisione e coordinamento tra recitato, interpretazione strumentale e coreografie. Tra tutti gli ottimi interpreti, la sempre bravissima Fausta Ciceroni (Alice) e Alessio Magnaguagno, il baritono leader della compagnia, che interpreta un Falstaff impeccabile, buffo ma capace di lasciar trasparire anche una venatura di commozione. Ubriacone, amante degli inganni, trasandato e cafone, Falstaff subirà sulla sua pelle la divertita vendetta di chi lui stesso ha cercato di “gabbare”, e questo è il senso della memorabile fuga finale Tutto nel mondo è burla, con le ultime parole del protagonista (e in qualche modo anche di Verdi) «Tutti gabbati!». Che Verdi ci abbia gabbati tutti, e che abbia gabbato soprattutto i suoi contemporanei ammaliandoli con lo struggimento filodrammatico dei suoi capolavori, mentre lui se la rideva e se la godeva dietro le quinte?
Il più grande augurio è che a Ottobre la stagione della lirica del teatro riprenda, non solo ripetendo i numeri di quest’anno, ma raddoppiandoli, triplicandoli, perché sarebbero questi i risultati che conseguirebbe questa compagnia in un mondo migliore. Ma meglio prenderla con allegria in fondo.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Don Bosco
via Publio Valerio, 63 – Roma
sabato 21 aprile ore 21.00

Alfa Musicorum Convivum presenta
Falstaff
di Giuseppe Verdi
regia Riccardo Canessa
con Matteo Sartini, Fausta Ciceroni, Alessio Magnaguagno
direttore Nicola Samale