Ritratti d’autore

Dopo il successo registrato nella stagione 2013/2014, Federica Bern riporta in scena al Teatro dei Conciatori di Roma Sonata per ragazza sola – Omaggio a Irène Némirovsky, tratto dal racconto Il ballo di Irène Némirovsky.

Con Sonata per ragazza sola – Omaggio a Irene Nemirovsky, Federica Bern sceglie di dare risalto a una scrittrice oggi probabilmente dimenticata dai più. Una figura particolare quella di Irene Nemirovsky: perseguitata e uccisa ad Auschwitz perché figlia di ebrei (nonostante la conversione al cattolicesimo), allo stesso tempo accusata di antisemitismo per le figure che delinea in molti dei suoi romanzi; ma anche segnata dal non-rapporto con la madre, aspetto che si ritrova in maniera preponderante nella sua novella Il ballo.

Cosa l’ha spinta a voler indagare una scrittrice tanto interessante quanto dimenticata? Quali sono le motivazioni per cui in questo spettacolo si è concentrata particolarmente sull’aspetto autobiografico della Nemirovsky?
Federica Bern
: «Irène Némirovsky è un’autrice che ha avuto uno strano destino. Raggiunge la notorietà giovanissima, dopo il suo primo romanzo, David Golder, scritto all’età di 25 anni, e per tutti gli anni ’30 del Novecento è considerata una stella della letteratura. Poi, dopo la tragica fine ad Auschwitz nel 1943, e dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, viene completamente dimenticata. Nel 2004, sessanta anni dopo la morte, le figlie di Irène Némirovsky, sopravvissute alla persecuzione nazista, decidono di aprire una valigia che la madre aveva loro lasciato. Ritrovano un grosso quaderno che credono essere il diario della madre e che si rivela invece essere il manoscritto del suo ultimo romanzo incompiuto: Suite Francese. Alla pubblicazione di questo romanzo in Francia, scoppia il caso letterario e questo grandissimo affresco dell’occupazione nazista a Parigi nel 1941 viene subito eletto a capolavoro da pubblico e critica. Da qui in poi, tutta l’opera della Némirovsky viene riscoperta e poi tradotta in tutta Europa; in Italia, prima da Adelphi e poi anche da altre case editrici, riscuotendo via via un sempre maggiore interesse. Si tratta quindi di una riscoperta, per quanto riguarda il mondo della letteratura, ma assolutamente, posso dire, di una voce nuova, per quanto riguarda il Teatro, per cui la Nèmirovsky non aveva mai scritto.
Mi sono innamorata subito del romanzo breve Il Ballo, perché è un racconto potentissimo. La tematica del rapporto madre-figlia riguarda strettamente anche la biografia dell’autrice. Irène ebbe una infanzia infelice, dalla quale, citando la sua scrittura :”non si guarisce mai”. Ma dalla quale, nonostante tutto, ha cercato di guarire sezionando in profondità la figura di sua madre in molti romanzi, tra i quali Il Vino della Solitudine, Jezabel, il Malinteso etc…
Tra le due figure femminili de Il Ballo c’è un conflitto in atto, un conflitto inestinguibile, che diventa un materiale drammatico preziosissimo, al quale io ho attinto per il progetto: Sonata per Ragazza Sola

Come attrice, come si è rapportata con la figura di Nemirovsky e di sua madre? Cosa le ha permesso di entrare in maniera così intima e profonda in questi personaggi?
F.B. «Si tratta di due figure emblematiche: la figlia adolescente, che scalpita perché non vuole più aspettare e vuole partecipare di diritto al mondo degli adulti, godersi tutte le libertà e tuffarsi in tutte le esperienze, prima fra tutte l’amore; e la figura della madre, una donna sulla quarantina, che già rimpiange la sua gioventù e ha paura di perdere lo scettro della bellezza e della sensualità. Nella scrittura della Némirovsky diventano due archetipi potenti, con i quali ognuno di noi si può confrontare e trovare somiglianze e affinità. Proprio questo che mi ha permesso di rievocare in me stessa l’epoca dell’adolescenza. Un età di passaggio tra le più ingarbugliate ed entusiasmanti, dove tutto sembra possibile.
Partendo dal plot de Il Ballo e da molte vicende ispirate alla biografia dell’autrice, ho potuto dar vita al personaggio di Antoinette, la protagonista del romanzo breve, che è anche il personaggio della figlia in Sonata per Ragazza Sola.
L’altro personaggio, la madre, che nello spettacolo si chiama Fanny, come la vera madre di Irène, viene da Antoinette prima evocato, poi citato in un gioco di specchi, e infine impersonato con un gioco teatrale che fa parte di una partitura fisica costruita in sede di improvvisazione con il regista e co-autore del progetto Francesco Villano.»

Sonata per ragazza sola torna in scena al Teatro dei Conciatori dopo aver riscosso un ottimo successo di pubblico e critica nella passata stagione. Sono state apportate modifiche nel testo e/o nella rappresentazione intesa nella sua totalità?
F.B.  «Sostanzialmente non sono state apportate modifiche in questa edizione 2014 , ma come si sa, in un lavoro teatrale che cambia luogo di rappresentazione, abbiamo cercato di rapportarci allo spazio del Teatro dei Conciatori in modo da aderire al nostro obiettivo. Che è quello di coinvolgere il pubblico, come se fosse davvero seduto in un salone dove avverrà il ricevimento. Abbiamo messo delle panche laterali, che si fondono con lo spazio scenico, perché per tutta la prima parte di Sonata per Ragazza Sola, Antionette interagisce con le persone e le coinvolge nella sua problematica.
Mentre per il personaggio di Fanny, la madre, gli spettatori diventano delle presenze invisibili che, a volte, anela come possibili partecipanti alla imminente sioreé, altre le teme come dei fantansmi contro i quali combattere. Abbiamo dunque continuato ad indagare e ad approffondire dal punto di vista attoriale tutto ciò che potevamo far uscire da questi due personaggi. La leggerezza di una e l’ amarezza dell’altra, il gioco e la paura, l’ironia e il sarcasmo.»

Per la stagione 2014/2015, parallelamente a questo spettacolo, sappiamo che la rivedremo in due spettacoli diversi fra loro: L’impresario delle Smirne di Carlo Goldoni in scena ad aprile al Teatro Eliseo di Roma e di nuovo al Teatro dei Conciatori con Rapsodia ungherese di Luca De Bei. Ci può dare qualche anticipazione in più?
F.B.
«Al momento sono in scena proprio con il testo di Luca de Bei Rapsodia Ungherese, sempre al Teatro dei Conciatori. Una commedia brillante e intelligente che ha per protagonisti una madre (Paila Pavese), un figlio gay (Luca de Bei) deluso dal suo mondo e che vuole diventare etero, e una giovane donna, interpretata da me, con la quale quest’uomo vuole formare una coppia e avere una nuova chance nella vita. Si parla di amore, gay ed etero, amore filiale, amicizia e complicità, con eleganza e leggerezza, grazie alla penna di Luca de Bei. Saremo in scena fino al 2 Novembre 2014.
Poi ad aprile 2015, sarò all’Eliseo con L’impresario delle Smirne di Goldoni, diretto da Roberto Valerio. Una commedia divertentissima sul mondo del Teatro, che Goldoni scrisse a metà del Settecento e che ha delle fortissime risonanze con la nostra epoca di precariato diffuso e di assoluta instabilità. Sarò in scena con dei bravissimi attori, tra i quali Valentina Sperlì, Roberto Valerio e Nicola Rignanese.

Per concludere, una curiosità: se potesse scegliere, quale testo desidererebbe mettere in scena e da quale regista, con cui non ha ancora lavorato, le piacerebbe essere diretta?
F.B.
«Ho sempre avuto una predilezione per i testi contemporanei, quindi mi auguro di poter continuare ad incontrare autori nuovi; allo stesso tempo ho recitato molto Shakespeare e mi piacerebbe continuare a farlo, magari indagando anche i suoi poemetti. E naturalmente spero di lavorare con continuità perchè per una attrice come me, il teatro è la “casa”, intesa in quanto sede di tutte le sperimentazioni, le sfide, i giochi, gli studi e i progetti per il futuro.»