God save the Queen

Dopo le prime due edizioni all’arrembaggio, il festival Ad Arte diventa grande e si fa tematico. Il suo nome è Eretico.

Un titolo che non poteva essere più esplicativo per affermare quelle che sono le virtuose intenzioni del festival fin dalla sua edizione zero. Contro i colpevoli d’ingenuità che pensano di poter stare un passo indietro e lasciare a chi pure ne sarebbe stato artefice la responsabilità di rimediare allo scempio culturale e sociale del nostro belpaese, Igor Mattei e Marina Biondi rilanciano in prima persona l’orgogliosa pretesa di avere qualcosa da dire e da salvare. E, di fronte all’ipocrita attesa che tutto scorra, ribadiscono con forza e per l’ennesima volta la positiva funzione dell’oltraggio (eresia) come il più naturale contesto dell’arte.

Date le premesse, non poteva esserci debutto più idoneo per l’anteprima nazionale della Fedra di Seneca, tragedia dedicata dal filosofo e drammaturgo latino a una delle antieroine più paradossali del mondo greco.
La storia è nota: Fedra, sposa di Teseo, è mossa da apollinea passione nei confronti di Ippolito, figlio che il re di Atene ebbe con altra donna. Mal consigliata dalla propria nutrice a rivelare il proprio amore e peggio respinta dal giovane, Fedra farà credere a Teseo (appena tornato dagli Inferi) di aver subito violenza, esortandolo – de facto – a rivolgersi al padre Poseidone per invocarne la maledizione e avere la propria vendetta. L’atroce morte di Ippolito costringerà Fedra, devastata dai sensi di colpa, a confessare e suicidarsi, mentre Teseo, riconosciutosi colpevole dell’imperdonabile errore, vivrà di rimorsi.

Una storia di amore e morte, che travolge tutti come nel più classico del genere, e che nella versione vista nello splendido Teatro alla Greca di Calcata, di fronte a una platea finalmente sold out, ha mostrato sia ombre (tante) che luci (poche).

Se le coreografie di Erika Puddu, Cristina Pelliccia e Donatella Colucci sono apparse a tratti di dubbio gusto (più per l’esibizionismo da burlesque televisivo che per l’effettiva qualità esecutiva), a prestare il fianco alle maggiori perplessità è stata la complessiva direzione di Mariano Anagni, al debutto alla regia, il cui lavoro è sembrato ben lontano dal cogliere o attualizzare lo spirito di una tragedia fuori dal tempo, restituendo di conseguenza una grave percezione di posticcia ostentazione.

All’interno di un canonico impianto drammaturgico, a far soffrire pesantemente l’incedere narrativo e a determinarne la contestualizzazione in un sostanziale e insignificante anacronismo non sono stati, però, l’iniziale mancanza di ritmo o la ridondanza delle tonalità fredde e calde nel loro didascalico utilizzo; tantomeno lo spaesamento del figlio Gabriele Anagni nel ruolo di Ippolito, la cui bella vocalità non è riuscita a compensare i palesi limiti espressivi. A far pagare un grave dazio alla pièce è stata, infatti, proprio la natura monocorde della regia che, ingessando le interpretazioni nella continua ricerca di un climax paradossalmente privo di significative variazioni drammatiche, ha finito per dar luogo a una collocazione drammaturgica incerta perché divisa tra l’antica poesia del testo e il moderno disordine di una scena composta da oggetti tra il superfluo o il semplicemente funzionale (come la bicicletta o la radio).

Un’effettiva cristallizzazione attorale che, però, non ha offuscato il brillare di due clamorose eccezioni. La prima di Lavinia Cipriani risultata esemplare per la restituzione in termini di intesità e credibilità di un ruolo (il messaggero) di per sé limitato e banalizzato nella prossemica; la seconda di una Marina Biondi (Fedra) mostruosa nel mostrarsi in balìa di una dialettica negativa delle emozioni, esaltata dalla consapevolezza del proprio sentimento e dilaniata dalla certezza dell’inevitabile naufragio.

Una gigantesca prova capace di plasmare attraverso il corpo e la voce un essere infinitamente umano nella sua irrimediabile sconfitta, un’autentica regina della scena in grado, da sola, di dare senso e valore all’intero allestimento.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno di Ad Arte 2016 – TeatroCineFestival
Teatro alla Greca
zona Capomandro, Calcata (VT)
12 luglio, ore 21:30

Fedra
di Seneca
regia Mariano Anagni
produzione Ad Arte/ Ass Cult. Dillinger
con Marina Biondi, Paolo Giovannucci, Marina Luisa Zanchi, Gabriele Anagni, Lavinia Cipriani, Erika Puddu, Cristina Pelliccia, Donatella Colucci