Il potere e i suoi simboli

Al Teatro Argot, fra troni e “trappole per Dio”, in scena un’analisi della tragedia e della sua impossibilità.

Fedra è sposata con Teseo ma vuole Ippolito; lui non ne ricambia l’amore e lei per vendetta si suicida provocandone la morte. Questa è, in estrema sintesi, la vicenda di Fedra così come è stata raccontata da Seneca, Racine, D’Annunzio e più recentemente da Sarah Kane. Andrea Cosentino, nella sua Fedra – rivista a tranci, va oltre, o meglio si ferma prima, concentrandosi sui passaggi e sui meccanismi che muovono la storia.
L’inizio è costruito come un frammento di film muto, in cui i protagonisti si portano in scena a bordo di un’automobile guidata da Teseo; come personaggi “burtoniani” i tre compaiono dal buio, ostentando sorrisi, sobbalzati da una parte all’altra da un autista volutamente ardito. Ippolito e Fedra sono alla mercé di Teseo – introdotto con sarcasmo e intelligenza come deus ex machina della storia – e come pedine inermi sono mosse dal suo vorticoso soliloquio. Questo primo “trancio” vale da solo tutto lo spettacolo, con un formidabile Teseo-Cosentino seduto su un trono postmoderno in una composizione da foto di famiglia: moglie alla destra e figlio alle spalle. Davanti al pubblico un torrente in piena che analizza con ironia il potere e il suo esercizio, effettuandone una disamina caustica ed efferata. Simboli ed esercizio sono i contorni entro cui rintracciare il potere stesso, altrimenti inesistente in quanto incompiuto. Teseo si fa re e portavoce di questa affermazione agendo da despota/manovratore soprattutto con Ippolito, infantile e imperfetta copia del padre, negli abiti esterni quanto in quelli interni, impegnato in una folle oltre che infruttuosa caccia a Dio. Il personaggio meno “sezionato” è forse proprio Fedra, imprigionata nel suo dualismo di ineluttabilità e fattività: causa la tragedia perché così è scritto che sia, presa dalla passione per Ippolito perché non può essere altrimenti; motore del dramma e vittima insieme, è questa la dicotomia da cui Fedra non può liberarsi.
Simone Castano ed Elisa Marinoni si dimostrano due ottimi attori; Andrea Cosentino dilaga, con tutto ciò che ne consegue, arrivando a tratti anche a sovrastare gli altri. La sua drammaturgia sembra la vera protagonista dello spettacolo, sin da titolo costruito sul furbo gioco di parole anticipatore di una rivisitazione del dramma senechiano sotto forma di varietà per pezzi chiusi e indipendenti, quasi slegati tra loro. È forse questa l’unica pecca di uno spettacolo comunque ben costruito e diretto con intelligenza, con un testo a tratti formidabile e due attori bravi e capaci di reggere il passo di uno scatenato Andrea Cosentino.

Lo spettacolo continua:
Teatro Argot Studio
via Natale del Grande, 27 – Roma
fino a domenica 20 novembre
orari: da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 18.45

Teatro Stabile delle Marche e Infinito srl/Pierfrancesco Pisani, in collaborazione con Amat – Belteatro – Bottega Rosenguild – Argot Studio – Teatro Forsennato presentano
Fedra – rivista a tranci
di Andrea Cosentino
regia Valentina Rosati
con Simone Castano, Andrea Cosentino, Elisa Marinoni