A uccidere Feltrinelli sono Stato io

teatro-alle-colonne-milano-80x80È la nostra storia, il nostro ieri e il nostro oggi. Feltrinelli, una storia contro, scritta e interpretata dall’incisivo Mauro Monni, è la rappresentazione teatrale di un uomo che fa paura al mondo. In scena al Teatro alle Colonne di Milano.

Si può scegliere di vivere e di morire in tanti modi. Feltrinelli, che avrebbe potuto avere tutto dalla vita, lo sapeva e ha fatto le sue scelte. Ha vissuto forse nel modo più difficile. In lotta. Ma per quanto riguarda la morte, quella no, è arrivata e basta, in una notte di pioggia, nella periferia milanese.
Mauro Monni, attore e narratore fiorentino, porta in scena Feltrinelli, una storia contro. Vita e morte di un miliardario anarchico. E lo spettacolo parte dagli inizi, dalla mamma di Giangiacomo, Gianna Elisa, dalla sua infanzia di bambino solo che poi cresce, si arruola coi partigiani, si iscrive al PCI e decide, finita la guerra, di fondare la Biblioteca Feltrinelli in Piazza San Babila, per dare un punto di riferimento culturale alla gioventù comunista.
Ma la storia di Feltrinelli è solo un pretesto, una scusa e una metafora. Una vita in lotta continua, estenuante, che l’ha portato ad una morte voluta da altri. Una morte, e una vita, dedicata al proprio paese, forse anche al mondo intero. Perché una persona come Feltrinelli, che ha avuto un cane battezzato come sua madre, quattro mogli e amanti in giro per il mondo, ha lasciato tutto. Compresi i miliardi, che non gli sono valsi a niente contro la morte, per l’utopia di un mondo migliore, per lui e tutti noi. Perché come sosteneva «sono le persone che devono costruire il mondo».
Feltrinelli è usato come un tram. Ogni fermata è il racconto di ciò che avviene attorno alla figura eclettica dell’editore. Dall’insurrezione ungherese del 1956, che lo spinge a uscire dal PCI, alla scoperta e poi alla pubblicazione del Dottor Zivago, che fa vincere il premio Nobel al suo autore Boris Pasternak, ma che gli costerà la povertà e la morte. Le amicizie nate in America Latina con Fidel Castro, col quale giocava a basket, e con il Che. Per poi arrivare al ’68 francese e Piazza Fontana.
L’Italia, si sa, dimentica in fretta. E questo spettacolo, o monologo della memoria, è pensato per questo, per ricordare. La figura di Giangiacomo Feltrinelli è stravagante e fortemente anticonvenzionale per l’epoca, ma anche per oggi, tristemente calzante. Lui, protagonista d’eccezione, ci accompagna per mano in un viaggio veloce nell’Italia del dopoguerra.
In sala la tensione è molto alta, fino alla fine non si sente niente, silenzio e buio. Anche l’applauso parte stentato, per paura di interrompere qualcosa di non ancora terminato, che è il nostro contemporaneo. Ma in tutta questa messa in scena, che è il nostro vissuto, la nostra storia e il nostro essere di oggi, c’è qualcosa che stona. Forse il microfono dell’attore. Forse le luci rosse sul telo bianco. Sfondo che sembra essere uno scarno richiamo a un ideale che noi giovani ricerchiamo indossando magliette con la facciona di Guevara; o forse il tono un po’ troppo incalzante che, è vero, rispecchia il senso del tempo, ma non dà modo allo spettatore di pensare e riflettere. In tal senso, importante ed essenziale, la “pausa” fotografica centrale. Bella la scelta musicale, perfettamente centrata, e di forte impatto la dicitura e il successivo espediente registico dei morti nelle stragi.
La crocifissione finale di Feltrinelli fa pensare alla cronaca attuale e invita a prendere in prestito la frase della sorella di Stefano Cucchi, adattandolo al Nostro: «A uccidere Giangiacomo Feltrinelli sono Stato io».
E di quanti morti ha ancora bisogno, la nostra democrazia?

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro alle Colonne
Colonne di San Lorenzo – Corso di Porta Ticinese, 45 – 20123 – Milano
Sabato 30 novembre 2014 ore 20.45

Feltrinelli, una storia contro
Vita e Morte di un miliardario anarchico

Drammaturgia, regia e interpretazione Mauro Monni