Di come un pino marittimo sa stare InEquilibrio

La giornata del 1° luglio al Festival di Castiglioncello, organizzato da Armunia: chi, come, dove, quando e perché.

Mercoledì 1° luglio, nella Sala del Thè del Castello Pasquini, a Castiglioncello, si consuma uno strano pasto pomeridiano: a tavola siedono quattro attrici di classe, denominate – nello spettacolo – A, B, C e D.

Siamo al Festival Inequilibrio, quest’anno alla sua XVIII edizione, su un’isola felice aperta alla nuova scena, tra teatro e danza. Bizzarro e curioso, Il migliore dei mondi possibili ha l’atmosfera di un romanzo francese del Settecento, con l’incursione di elementi fantascientifici, o fantapolitici. Le parrucche bianche con i boccoli richiamano il XVIII secolo, un ipod rimanda al 2015, i messaggi sonori di Madame, con i bigliettini da strappare come al supermercato, ammiccano ai film di spionaggio, il Candido di Voltaire trasporta altrove – in mondi letterari – e il tunnel sotterraneo dove si aggirano le Ombre sorride a Orwell (o al Signore degli Anelli). Se la definizione “postmoderno” non fosse ormai consumata, il tutto si direbbe tale. Un collage di idee, rimandi, misteri, sostenuto da una buona recitazione, mai piatta, da parte delle quattro attrici, che rendono lo spettacolo gradevole, buono da mangiare come spuntino tardo pomeridiano – ma, forse, non così sostanzioso da soddisfare chi è veramente affamato di teatro. Madame, oscura figura, cattiva come ogni benefattrice, buona come solo una tiranna sa esserlo, è al comando di una società dove vige l’uguaglianza, ma dove si rischia la decapitazione se si osa affermare il contrario. Il piacere della schiavitù, nel migliore dei giardini possibili, è la droga del popolo. E quando Madame viene uccisa, la parola rivoluzione si frantuma, la ribellione scompare, e le quattro cortigiane – una ex prostituta, un’attrice, una ex suora e un’esperta di maniere di corte – che prima sognavano di fuggire, si ritrovano paralizzate e stranamente impaurite. Interessante riflessione sulla condizione umana e sul controverso significato di democrazia, dittatura, libertà.

Diffraction#1 è preceduto da una ricca spiegazione del suo ideatore, il compositore Gabriele Marangoni, che spende più di una parola per introdurre il pubblico alla sua opera, definita “coraggiosa” da una spettatrice, e che non risulta di immediata e semplice fruizione. In scena una soprano, una violista, una percussionista, una fisarmonicista e un direttore d’orchestra, che usano gli strumenti in maniera esasperata, sfruttandone le superfici, le asperità, e persino i rumori che riescono a produrre con gli stessi. Marangoni definisce il suo Diffraction#1 un tentativo del musicista di spingersi oltre i propri limiti, sia a livello esecutivo che vocale, con sussurri, bisbigli, grida ripetute. Se questo spettacolo/concerto rimanda alle esperienze di John Cage e Luciano Berio, a tutta la poetica del caos sonoro, l’intento qui è legare la parola alla musica distorta, la narrazione alla mera riproduzione di fonemi agonizzanti. Ecco che la soprano tenta, senza secondo noi, riuscirci, di scomporre il testo e di “destrutturare” il linguaggio, ma solo in teoria. La favola narrata, sia in inglese che in italiano, è quella del ranocchio Fito, che per raggiungere la sua amata Emma finisce in una città di cemento, infernale (come le nostre), dove gli uomini gli tagliano la lingua. Al ritorno allo stagno, sarà venerato come un profeta perché riesce a parlare un linguaggio incomprensibile – a causa, in verità, della sua mutilazione. La metafora sfuma nel mistico new-age, e la semplice lettura accelerata o intervallata da vocalizzi violenti, non ha niente di destrutturato. Bello e affascinante, per chiunque, anche i non esperti, uno dei pochi momenti in cui la confusione si trasforma in armonia e le voci decapitate fomentano la sensazione di un marasma, da cui può nascere la vita.

A seguire, Iperrealismi, che si colloca su quel confine senza legge, in quella terra di nessuno che è il teatro-danza. Calderone in cui, secondo noi, si inseriscono diversi artisti dalle idee confuse, in cerca di una ragione di esistere. In questo caso, buono il concetto che si cela alla base della performance – di Helen Cerina -, che sarà svelato in seguito. Una stessa, identica scena si ripete ossessivamente più volte, solo con un cambio di abiti. Gesti agiti a oltranza, apparentemente incomprensibili, ambigui, che danno vita a diverse interpretazioni. Seduzione, un assassinio, un gioco. Fino a che il dubbio si scioglie, e sullo schermo si proietta un video realmente girato su una qualsiasi spiaggia italiana, con bambini che bevono a una fontanella, si sciacquano le mani, scavano una buca, creano castelli di sabbia – che compiono, in breve, gli stessi gesti ricalcati dai danzatori. Il leitmotiv sarà sempre questo, mentre cambiano le situazioni iperrealistiche e i video: una donna che parla al cellulare in una città ricoperta di neve; un anziano paralitico accudito da un uomo e da una donna, seduto su un balcone, in un pomeriggio d’estate; la fermata d’autobus di una città inglese. I quattro performer, tre femmine e un maschio, decontestualizzano le azioni e le danzano, in uno sdoppiamento accelerato o decelerato, in differita rispetto alle immagini (sarà stato quest’ultimo un effetto voluto o solo scarsa preparazione?). Deludente purtroppo la prestazione coreografica, a nostro avviso debole, anemica, senza rilievo. Tanti i difetti e le imprecisioni, poche purtroppo le sensazioni, come la differenza tra un pesce congelato e uno fresco, appena pescato. Peccato.

Il migliore dei mondi possibili, Diffraction#1 e Iperrealismi sono andati in scena all’interno di Inequilibrio 2015:
Castello Pasquini

Piazza della Vittoria, 1 – Castiglioncello (Li)
mercoledì 1° luglio, dalle ore 18.00

AttoDue/Murmuris presentano:
Il migliore dei mondi possibili
di Magdalena Barile
regia Simona Arrighi e Sandra Garuglieri
con Simona Arrighi, Luisa Bosi, Laura Croce, Sandra Garuglieri

Qendra Multimedia-Prishtina presenta:
Diffraction#1
composizione Gabriele Marangoni
testo Jeton Neziraj
consulenza critica Anna Maria Monteverdi
direttore Dario Garegnani
soprano Federica Napoletani
Viola Susanna Tognella
fisarmonica Ylenia Volpe
percussioni Komugi Matsukava
regia, suono e luci Dargo Raimondi
coordinamento Lendita Idrizi
collaboratore tecnico Deris Berisha

Amat, Inteatro, Kilowatt Festival presentano:
Iperrealismi
idea e regia Helen Cerina
performance Francesca Gironi, Orlando Izzo, Elisa Mucchi, Annalì Rainoldi
costumi Valentina Ragni e Helen Cerina
suoni Aliendee
musiche Tchaikosky, Joan as Police Woman
luci Chiara Zecchi e Helen Cerina