L’essenzialità dell’Opera

teatro-era-pontederaIl Flauto magico di Peter Brook inaugura la XX edizione del festival fiorentino Fabbrica Europa.

«Siamo abituati ad associare mentalmente la cultura a un certo senso del dovere da compiere, a costumi d’epoca, a lunghi discorsi, alla sensazione, insomma, di restarne annoiati: ecco quindi, rovesciando i termini, che proprio il giusto grado di noiosità è garanzia rassicurante di un evento degno di nota». Così ha scritto Peter Brook nel Teatro e il suo spazio a proposito di quello che definisce il “teatro mortale”.

Nel 1981 il regista londinese presentò La tragédie de Carmen, tratta dall’opéra-comique di Georges Bizet, Carmen. La versione di Brook (che nel 1983 divenne anche un film) aveva l’intento di ridurre all’essenziale il melodramma bizettiano, trasformandolo quasi in un’opera “da camera”. A distanza di circa trent’anni, nel 2010, compie la stessa operazione con Une flûte enchantée (vincitore del Premio Molière come “Miglior spettacolo teatrale in Francia”), libero adattamento dello stesso Peter Brook, Marie-Hélène Estienne, Franck Krawczyk de Il flauto magico,singspiel in due atti musicato da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto in tedesco di Emanuel Schikaneder.

Coinvolto dalla Regina della Notte, il principe Tamino, con l’aiuto di un flauto magico e del buffo Papageno, giunge nel regno del Mago Sarastro per liberare Pamina, figlia della Regina, apparentemente tenuta prigioniera. Una volta giunto nel palazzo di Sarastro, dopo aver compreso le buone intenzioni del sovrano (al contrario ertosi a protettore della giovane contro le mire della madre e del malvagio Monostatos) e dopo aver superato una serie di prove, Tamino riuscirà a conquistare e a sposare Pamina.

Il singspiel, genere operistico di area tedesco-austriaca (e riconosciuto poi opera nazionale proprio grazie ai due capolavori mozartiani Il flauto magico e Il ratto del serraglio), è caratterizzato dall’alternanza di parti cantate e parti recitate (non recitativi come nel melodramma italiano, bensì dialoghi parlati come nella prosa). L’opera di Peter Brook mantiene la struttura del singspiel, con arie in tedesco e parti dialogate in francese (il tutto sopratitolato nella lingua del Paese in cui si svolge la replica), ma lo scarto compiuto dal regista è una decisa semplificazione, il mantenimento di una comunicazione teatrale essenziale: in antitesi con le tradizionali messinscena infatti, Brook presenta uno spazio teatrale privo di scenografia, se si eccettuano delle canne di bambù che gli stessi attori spostano per delimitare di volta in volta l’ambito in cui si svolgono le loro azioni; anche i costumi sono semplicissimi e la recitazione naturalistica; e soprattutto non c’è l’orchestra, ridotta a un pianoforte, suonato brillantemente da Vincent Planès.

Coinvolgenti gli attori, che sono anche ottimi cantanti; la loro recitazione agìta e dinamica, affiancata al canto, permette al pubblico una fruizione più diretta del melodramma, come se fosse teatro di prosa. Il carismatico Abdou Ouologuem, in particolare, quasi sempre presente in scena come uno spirito-guida, delimita gli spazi usando le canne di bambù, elargisce consigli alle dramatis personae, interrompe il gesto estremo di Pamina che sta per uccidersi. Determina insomma le azioni dei personaggi, quasi personificazione del destino che tutto compie.

L’essenzialità ricercata dalla regia si riverbera anche nell’operazione drammaturgica. Brook infatti è interessato a focalizzare il tema di base, il percorso che un giovane compie per diventare adulto e per raggiunge ragione, saggezza, verità e amore; mentre tende a mettere in ombra i riferimenti dell’opera mozartiana che oggi apparirebbero anacronistici (il conflitto tra la Regina della Notte e Sarastro, ad esempio, di solito identificato dalla critica come l’opposizione tra ancièn régime e illuminismo; o i rimandi piuttosto espliciti alla massoneria nella rievocazione dei miti di Iside e Osiride e dei riti iniziatici). Tuttavia la riduzione compiuta da Brook finisce per semplificare troppo anche il tema conduttore della vicenda: il rito iniziatico intrapreso e portato a termine da Tamino risulta poco sviluppato; i numerosi tagli di scene e l’eliminazione di alcuni personaggi rischiano di rendere poco consequenziali le azioni, che si succedono in modo troppo repentino e talvolta inesplicabile (alla prova del silenzio sostenuta da Tamino, ad esempio, viene dedicata una sola breve scena, rendendo poco giustificata la decisione di Pamina di uccidersi, perché convinta di non essere più amata dal principe); allo stesso modo poco chiara è la funzione salvifica del flauto magico donato a Tamino per superare ostacoli e pericoli.

«Questo “Flauto” sarà lontano da ciò che uno si aspetterebbe. Il solito carico di effetti scenici, il simbolismo non farà parte del viaggio. Al loro posto lo spettatore potrà trovare un Mozart eternamente giovane, circondato da interpreti freschi e talentuosi, pronti a improvvisare, a plasmare, trasformare il testo musicale con forme e colori nuovi»; così scrive Peter Brook, che ha sempre avuto lo scopo di rendere il teatro accessibile a tutti, superando differenze nazionali e linguistiche, andando oltre le convenzioni culturali del “dover essere”. Ma stavolta l’operazione di spoliazione, pur coerente con la sua poetica, impoverisce e, in fin dei conti, snatura e indebolisce l’opera mozartiana. Ed è un peccato.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Era – Pontedera
martedì 16 e mercoledì 17 aprile ore 21.00

Un flauto magico
da Wolfgang Amadeus Mozart
liberamente adattato da Peter Brook, Marie-Hélène Estienne, Franck Krawczyk
regia Peter Brook
luci Philippe Vialatte
al pianoforte Vincent Planès
con (in ordine alfabetico) Malia Bendimerad (Regina della Notte), Anne-Emmanuelle Davy (Pamina), Antonio Figueroa (Tamino), Virgile Frannais (Papageno), Betsabée Haas (Papagena), Alex Mansoori (Monastos), Vincent Pavesi (Sarastro)
attore Abdou Ouologuem
direttore di scena, figurante Jean Dauriac
costumi Alice François
sottotitoli Guillaume Cailleau
tour manager Thomas Becelewski
produzione C.I.C.T. / Théâtre des Bouffes du Nord, Parigi
con il sostegno del Centre International de Création Théâtrale
in coproduzione con Festival d’Automne a Parifi; Attiki Cultural Society, Athènes; Musikfest Bremen; Théâtre de Caen; MC2, Grenoble; Barbican, Londra; Les Théâtres de la Ville de Luxembourg; Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; Lincoln Center Festival, New York
(durata1h 30’)