Stagione teatrale 2017/2018 della Fondazione Metastasio

A Palazzo Pretorio, presentato il Cartellone 2018/19 dei teatri di Prato – Met, Fabbricone, Fabbrichino e Magnolfi.

La forma liquida, il piano granulare. Armonia di rosso e d’azzurro. La figura giganteggia fuori, sul minuto spettatore. Pausa, stasi. Si fissano.
L’artista è Andrea De Santis. Dice il direttore, Franco D’Ippolito, commentando entusiasta, che l’idea principale è un teatro che venga fuori, che possa rompere e irrompere in faccia a chi guarda. Ma lei, la gigante, ha il costume e gli occhiali. Scende in platea come su ignoti fondali, le braccia aderenti al corpo, il fiato cristallizzato. È un reciproco guardarsi, su questo vago tratto. È l’uomo l’esotico e lei che lo studia.
Si parla di condividere. “Ricerca”, diciamo noi. Questo teatro, questa Stagione è essenzialmente ricerca.
Mercoledì, maggio, giorno 30, mattina tarda. Palazzo Pretorio, Prato, sotto corde tese a ventaglio, sparuti nodi casuali a spaccarne la ripetizione. Ancora più sotto, gradoni e cuscini, e la gente accomodata sopra.
Ci parlano di un “teatro simbolico” ricostruito, nei suoi dettagli iconici, al centro di un edificio storico-politico; di un recupero – ma c’è mai stato un vero e proprio abbandono? – dello spettacolo come forma d’espressione sociale e civica, concetto già greco, con una mission formativa che non ha nulla da invidiare a quella delle biblioteche, a cui si aggiunge però quella necessità di parlare dell’umano all’umano, in un gioco di specchi e prospettive ribaltate. Il teatro, in un certo senso, sarebbe una biblioteca parlante. Ed è “alta forma di Umanesimo”, scrive Massimiliano Civica – e mai ci fu cognome più appropriato.
Assieme al programma – legato a corda, come l’ambiente – un plico d’indagine. “Il nostro pubblico”, recita il titolo. Scopriamo così che, tra il 2017 e il 2018, gli abbonati sono incrementati di 279 unità, con un profitto ulteriore di 15.093 euro. Statistiche assai fredde.
“Al 2017 il deficit economico della Fondazione è azzerato”, commenta con orgoglio il Direttore. E ciò non è poco, considerando le criticità in cui versano gli Enti culturali della penisola. Strategia efficace, dunque, varata sull’utilizzo di quattro sale, ognuna col proprio standard di selezione: “ogni spazio determina una relazione scena/platea diversa”; abbiamo così un Cartellone variegato, con la bellezza di ventidue prodotti equamente distribuiti tra gli ambienti. Ai titoli altisonanti del Metastasio si affiancano i pionierismi di Fabbricone e Fabbrichino; per quanto riguarda la sede del Magnolfi, che si differenzia per l’approccio ancor più focalizzato, si concretizza per il secondo anno il progetto Piacevoli Conversazioni: una rosa a tre petali, tre artisti contemporanei, i cui repertori sono il centro dell’intera Stagione dello spazio, strutturati come un teatro-lezione, che alterna ai due/tre spettacoli del singolo drammaturgo o Compagnia, un confronto diretto col pubblico, nello stile del salotto letterario. Quest’anno saranno invitati Laura Curino, Massimiliano Civica e il binomio Frosini/Timpano.
E le idee fioccano, alimentate dal sodalizio D’Ippolito/Civica. Il secondo presta gli strumenti del mestiere alle mani spesso fredde del management teatrale. Il risultato di questo gioco di coppia è una selezione accurata, che su ventidue opere presentate può vantare la produzione di tredici, mentre sei hanno origine internazionale, nel pieno di una politica che ambisce ad aprire le finestre teatrali allo scintillante panorama d’oltreconfine.
Abbiamo così, paradossalmente straniero, Decameron 2.0. Le storie che raccontiamo per continuare a vivere, a giugno anche al Festival dei 2Mondi di Spoleto: un Boccaccio sublimato di schermi e note astratte di soprano.
Turandot, altra sorpresa, giunge al Metastasio con l’Opera di Pechino, in un dialogo tra culture artistiche distinte: la disincarnata, strutturatissima esecuzione orientale; e il gioco d’improvvisazione del palcoscenico italiano. E ricordiamo che Prato accoglie una tra le maggiori comunità cinesi – ormai stabilmente in Italia.
Con La Maladie de la Mort – sconsigliata ai minorenni – c’è un’incognita ulteriore: la presenza confermata di un’interprete cinematografica a tradurre al pubblico la vicenda in scena. Incognita in quanto D’Ippolito mantiene un ostinato silenzio sull’identità dell’attrice. Segue, tra gli altri, Happy Hour (di Cristian Ceresoli), ideale sequel del successo ottenuto da La Merda (opera vincitrice al Fringe Festival di Edimburgo, recentemente ripresa al Rifredi di Firenze).
Altro giro, altra idea. E al progetto di apertura, geografico, si accompagna quello anagrafico, con Davanti al Pubblico, che si premura di selezionare e produrre in dieci date – oltre ai predebutti nei Festival estivi – l’opera di un talento emergente, al fine, si spera, di assicurare un minimo di ricambio generazionale. Il primo a essere selezionato è Carmelo Alù, che debutterà con Cani Morti, testo di Jon Fosse.
Tra i titoloni del Metastasio spiccano le trasposizioni di Hugo e di Bulgakov; un Goldoni dalla risata incrinata; il Don Giovanni molieriano, ricostruito nei panni di “un autentico delinquente […] col preciso scopo […] non di autopunirsi […], né di fare la rivoluzione culturale […] con scarsa consapevolezza di chi egli sia realmente nell’anima”; il sofferente affresco delle donne troiane e il Pirandello de Il Piacere dell’onestà, “vittima a scuola di una seriosità eccessiva” (Averone); infine, una Bisbetica Domata nostalgica, forte di una Compagnia elisabettiana, interamente al maschile, come ai tempi del Bardo.
E se Shakespeare è una baia naturale dove non è possibile stancarsi di approdare, è anche vero che le possibilità di sperimentare forme e linguaggi sono pressoché infinite: è quel che accade al Fabbricone, con Queen Lear, rielaborazione in chiave Drag Queen della tragedia dinastica a opera di una regista conosciuta nell’ambiente queer londinese; un’opera che, in quel rapporto dialologico tra pianto e risata, tipico dell’opus shakespeariano, non manca di caricare la figura dell’uomo en travesti di quella valenza seriosa e buffonesca a un tempo che, sulla scena elisabettiana, era incarnata dal fool.
E poi Orestea/Agamennone, Schiavi, Conversio, riadattamento a tempo condensato della trilogia tragica, ridotta al nitore dell’osso anche nella riduzione scenografica – con l’intento di risparmiare unicamente quella sacra gravitas tutta greca. E dal candore del dio al satana più nero con Scene da Faust, che chiuderà la Stagione il 19 maggio 2019.
Purtroppo, abbiamo trascurato molti titoli per amor di sintesi. Certo è che si tratterà di un teatro incentrato sull’umano, anche se privo delle Compagnie più interessanti, che oggi fanno davvero ricerca fondendo arti, discipline e linguaggi.
Franco D’Ippolito, con la sua consueta sincerità, conclude con le ombre la sua soddisfatta esposizione dell’anno che verrà: il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) ha disatteso ancora una volta le aspettative degli Enti, distribuendo le risorse promesse in maniera sregolata. A farne le spese un po’ tutte le Fondazioni culturali, compreso il MET, che si è visto privato di nove milioni di Euro, conseguendo comunque l’azzeramento del deficit, a prezzo di forti sacrifici, quali la riduzione delle scenografie e un minore apporto alla promozione degli spettacoli: «Tutto questo impoverimento si riflette poi sulla scena», conclude D’Ippolito, «disattendendo il nostro compito principale: educare il gusto e la cultura dei nostri spettatori, facendo sì che i nostri artisti si sentano liberi e protetti nel loro lavoro». Può essere, eppure la nostra redazione, presente in questi giorni a PerformAzioni 2018, ha potuto applaudire una performance anche scenograficamente esaltante, Il Rito, di Instabili Vaganti, costruita con materiali poveri ma talmente bella e significante da poter giungere a livelli di performance art. E confidiamo che laddove non supplisce l’economia, possa provvedere la creatività autentica dell’artista.
«Perché finanziare il teatro?», domandava retoricamente Monica Barni, Assessore alla Cultura. Questo all’inizio, prima che il coperchio alchemico saltasse a svelare il preparato. La risposta, già anticipata, la dà Massimiliano Civica: «Chi ricopre una funzione pubblica ha il dovere di essere migliore di quel che è».
Il teatro deve avere il proprio posto in seno alla comunità. Senza questo, non rimarrebbero che quattro corde annodate nel cortile di un palazzo.

Fondazione Metastasio
Stagione 2018/19

Teatro Metastasio
23/28 ottobre
Decameron 2.0 – produzione
per la regia di Letizia Renzini
drammaturgia di Theodora Delavault

15/18 novembre
I Miserabili
per la regia di Franco Però
adattamento di Luca Doninelli

6/9 dicembre
Il Maestro e Margherita
per la regia di Andrea Baracco
drammaturgia di Letizia Russo

17/20 gennaio 2019
Turandot – produzione
per la regia di Marco Plini
con l’Opera di Pechino

7/10 febbraio
Le Baruffe Chiozzotte
per la regia di Paolo Valerio

21/24 febbraio
La Bisbetica Domata
per la regia di Andrea Chiodi
adattamento di Angela Demattè

7/10 marzo
Don Giovanni
per la regia di Valerio Binasco

28/31 marzo
Troiane Frammenti di Tragedia
regia e drammaturgia Mitipretese

9/14 aprile
Il Piacere dell’Onestà – produzione
regia Alessandro Averone

Fabbricone
6/11 novembre
Quasi Niente – produzione
un progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

20/23 novembre
La Maladie de la Mort – produzione
regia Katie Mitchell
adattamento Alice Birch

22/27 gennaio 2019
Queen Lear – produzione
regia Nina’s Drag Queens
drammaturgia Claire Dowie

14/17 febbraio
Shakespeare/Sonetti
regia Valter Malosti
adattamento Fabrizio Sinisi

12/17 marzo
Orestea/Agamennone, Schiavi, Conversio – produzione
regia Simone Derai
drammaturgia Simone Derai e Patrizia Vercesi

4/7 aprile
Lettere a Nour
di Rachid Benzine
regia Franco Branciaroli

7/19 maggio
Scene da Faust – produzione
regia Federico Tiezzi

Fabbrichino
30 ottobre/4 novembre
Happy Hour – produzione
di Cristian Ceresoli
Regia Simon Boberg

27 novembre/2 dicembre
La Signorina Else
regia Federico Tiezzi
drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi

11/16 dicembre
Sicilia – produzione
di Clyde Chabot

29 gennaio/3 febbraio 2019
Stanno Tutti Male – produzione
di Riccardo Goretti e Stefano Cenci

19/24 marzo
The Night Writer. Giornale Notturno – produzione
regia Jan Fabre
drammaturgia Miet Martens e Sigrid Bousset

Teatro Magnolfi
Laura Curino
13/14 novembre
Piacevoli Conversazioni

15 novembre
Camillo Olivetti. Alle Radici di un Sogno
regia Gabriele Vacis

16 novembre
La Diva della Scala
Curino e Alessandro Bigatti

17 novembre
Passione
regia di Roberto Tarasco

18 novembre
La Lista. Salvare l’Arte: il Capolavoro di Pasquale Rotondi

18/23 dicembre
Davanti al Pubblico
Cani Morti – produzione
per la regia di Carmelo Alù

Massimiliano Civica
8/9 gennaio 2019
Piacevoli Conversazioni

10 gennaio
Parole Imbrogliate

11 gennaio
L’Emozione del Pudore

12/13 gennaio
Scampoli – produzione

Elvira Frosini/Daniele Timpano
26/27 febbraio
Piacevoli Conversazioni

28 febbraio/1° marzo
Aldo Morto

2/3 marzo
Acqua di Colonia

Ph: Stephen Cummiskei