Ritratti d’Autore

Bukurosh, mio nipote ovvero, il ritorno de i suoceri albanesi è la commedia brillante, scritta da Gianni Clementi e diretta da Claudio Boccaccini, che inaugura la stagione Vacantiandu 2018 al Teatro Comunale di Catanzaro.

Protagonista è Francesco Pannofino, ancora una volta nei panni di Lucio, insieme a Emanuela Rossi, compagna sul palcoscenico e nella vita, in un bizzarro cortocircuito metanarrativo, marito e moglie in quello che è virtualmente un sequel di I suoceri albanesi: due borghesi piccoli piccoli, divertente metafora per affrontare di problemi attuali ma anche eterni: integrazione, accettazione del diverso, cambiamenti quotidiani, dolori della crescita, piccole debolezze umane e pregiudizi.
Lucio è un consigliere comunale di idee progressiste, nonché padre di Camilla (diciassettenne che nel primo spettacolo era rimasta incinta di un albanese, poi convolati a giuste nozze), di ritorno con la moglie dalla festa di matrimonio della figlia in Albania. Proprio questo rientro è la miccia che scatena i dubbi per la scelta tanto azzardata di Camilla, che si sommano all’annuncio delle imminenti elezioni comunale (che però lui perderà) e alla notizia che il ristorante molecolare della moglie Ginevra va malissimo. I due cadono quindi in una profonda depressione e solo la nascita del bimbo, che si chiamerò appunto Bukurosh, riuscirà a far tornare il sereno tra le nevrosi e i timori della famiglia.
Inclusione, immigrazione, difficili rapporti generazionali: tutto raccontato con ironia ma senza mai perdere di vista la giusta profondità della riflessione sull’uso eccessivo della nuova comunicazione di massa, i social, e sulll’importanza dell’unione famigliare contro ogni tipo di stereotipo.
Poco prima che si alzasse il sipario abbiamo incontrato Francesco Pannofino.

Bukurosh è una commedia che parla di integrazione e accettazione della diversità. Particolarmente attuale oggi, vista la particolare situazione politica che stiamo vivendo?
Francesco Pannofino: «Beh, indubbiamente Gianni Clementi ci ha visto lungo: ha scritto sia I Suoceri Albanesi sia Bukurosh prima che scoppiassero i casi che tutti tristemente conosciamo. Poi va detto che questi sono problemi che ci sono sempre stati: noi nel nostro piccolo vogliamo dimostrare che con la buona volontà una qualche integrazione è possibile, anche se naturalmente non è facile. Si passa attraverso ostacoli, diffidenze, incomprensioni, però bisogna venirsi incontro, cercare di capirsi. Poi noi lo facciamo a livello di commedia, e la gente ride molto sui paradossi e sulle situazioni, ma non mancano spunti di riflessione. Ma sono gli stimoli che deve dare l’arte».

Lei attraversa il mondo dello spettacolo, passando dalla tv al cinema alla radio agli audiolibri, ma c’è sempre una costante: la sua voce. Come coltiva questo strumento straordinario?
FP: «Lo uso così come viene. Non ho fatto scuole, e sono proprio un pessimo esempio.
Non fate come me, io fumo, bevo il caffè, magno… e ogni tanto va via pure a me! È uno strumento che andrebbe protetto ma io sono pessimo, lo ammetto… però sono stato graziato».

Qual è, tra tutti i personaggi che ha interpretato, quello che sente più vicino alla sua sensibilità?
FP: «Indubbiamente, il Renè Ferretti di Boris. Perché è stato un incontro felicissimo; è rarissimo nella carriera di un attore trovare un personaggio così nelle proprie corde, adatto alla propria fisicità e al proprio modo di essere. Inevitabilmente c’è qualcosa di me in lui, ma certamente a costituire un valore aggiunto era il fatto che l’umorismo, presente in Boris, fosse molto intelligente. Gli autori sono stati bravi – attraverso una troupe sgangherata e una soap opera finta – a creare una grandiosa metafora del nostro paese, dove regna il pressappochismo e la mediocrità, quando invece in Italia abbiamo delle virtù e una bellezza incredibili».

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Comunale

Corso Giuseppe Mazzini, 84, Catanzaro (CZ)
30 novembre 2018 ore 21

Viola produzioni presenta:
Bukurosh, mio nipote- ovvero, il ritorno dei suoceri albanesi
di Gianni Clementi
regia di Claudio Boccaccini
con Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi
e con Andrea Lolli, Silvia Brogi, Maurizio Pepe, Filippo Laganà ed Elisabetta Clementi