Sosta prolungata

La Compagnia milanese di Quelli di Grock sbarca a SPAM! A Porcari, si parla di Leopardi.

Un metro e settanta. Uomo medio. Aspettativa di vita: ottantacinque anni circa.
Un metro e trentanove. Il Leopardi. Aspettativa di vita: ancora in registrazione.
Domenica 11 ottobre, ore 16.30, Porcari. Sono trascorsi 217 anni. E lui, impassibile, è ancora Fuori Misura.
Quando il sipario si solleva sul progetto di Quelli di Grock la prima impressione è quella di una spensierata commedia, accompagnata dal conforto di brani orecchiabili e vivaci. Andrea Roversi, protagonista e Io narrante dell’opera, risponde al centralino presso il quale è costretto a lavorare nonostante la sua laurea in lettere. La sua frustrazione trapela con amarezza tra le maglie simpatiche di un continuo tentativo di correggere le scudisicate d’ignoranza dei suoi clienti. E poi l’antefatto si sviluppa. Andrea ottiene un posto come supplente. Felicità, terrore, il tarlo dell’inadeguatezza. E sopra tutto il resto, Leopardi, la sua prima lezione.
Lo spettacolo vero e proprio ha inizio dopo circa mezz’ora, con l’ingresso del neoprofessore nell’aula scolastica, aula che è in realtà il teatro stesso. A partire da questo momento, la netta, invisibile barriera che si frappone tra mondo attoriale e pubblico (la quarta parete) non ha più ragion d’essere. Tutti sono interrogati, coinvolti, nominati a partire dall’appello, nel quale tre persone (i cui nomi e cognomi sono stati rivelati sotto banco dai congiunti agli impiegati del teatro) sono invitate a consegnare le giustificazioni, che logicamente non hanno.
La lezione/narrazione decolla, oscillando tra voli pindarici di stampo tragico e la feroce ricaduta nel linguaggio comico. Si parla dell’infanzia del recanatese, il prigioniero che canta dei suoi amori mai ricambiati, della fuga fallita, della malattia tremenda. Il tutto con una forma espressiva che non abbandona mai il monologo – di tutte le variazioni della recitazione, la più ostica. Con una capacità di improvvisazione ineccepibile, Andrea Robbiano riesce spontaneamente a travasare se stesso da personaggio a personaggio: ora Riversi, ora lo spazzino tunisino condominiale, ora il vecchio preside.
Quando corpo e voce vanno al Leopardi, l’interpretazione ha un’improvvisa, inattesa impennata. La figura, dapprima crepitante e accesa, si accartoccia su se stessa con moto feroce, espellendo affaticate parole. Non c’è molto di personale da aggiungere, ma soltanto le trasposizioni verbali delle epistole, dei pensieri, dei diari disperati, che Andrea/Giacomo trascrive febbrilmente, incurvato nella schiena, chino sul tavolo delle “sudate carte” (A Silvia).
Il cambio di registro pare ossessivo. Dall’elencazione dei cinque poeti più amati in Italia, declamata da presentatore tamarro; passando per la recitazione dei versi più belli; fino alla simulazione mimica, estasiata, volutamente puerile del tour in sidecar all’americana, nel quale è stata coinvolta una persona scelta casualmente tra gli spettatori.
L’emotività di Fuori Misura scaturisce dai piccoli gesti essenziali, gesti suggellati a volte da una verve attorale che esplode, come nella fuga fallita – documentata dalla lettura registrata dei diari che descrivono il piano perfettamente calcolato di Leopardi, mentre Robbiano segna ogni mobile, ogni oggetto, perfino lo stesso pavimento con date cubitali, isteriche.
Questo da una parte. Dall’altra una lucidità cruda, quasi crudele, come nell’atto di srotolare il metro da sarta, tagliato a un metro e trentanove centimetri, tenuto aderente al suolo da un piccolo contrappeso, in quel: «Tieni su Giacomo», ordinato al canonico individuo rapito tra il pubblico. Un pugno nella pupilla, un calcio nella coscienza.
Componenti differenti, di natura non conciliante danno origine alla fortunata reazione chimica che è Fuori Misura. Da un lato, il fattore biografico-sentimentale, critica diretta al freddo accademismo con cui l’argomento Leopardi è sovente affrontato in campo pedagogico (non a caso il sottotitolo all’opera recita Il Leopardi come non ve lo ha mai raccontato nessuno); dall’altro, l’accenno – non particolarmente marcato – al fenomeno italiano della disoccupazione dei laureati e del precariato. Mentre la componente più ampia rimane l’analisi sociologica ed emotiva del diverso, del malato, dell’isolato.
Frutto della regia condivisa di Valeria Cavalli e Claudio Intropido – che compare anche brevemente in scena nei panni del bidello – Fuori Misura ha debuttato l’anno scorso e può vantare già 77 repliche e 44 sold out. Tipico della Compagnia Quelli di Grock – che si rinnova periodicamente attraverso selezioni molto dure, compiute tra gli allievi della scuola di recitazione – è l’approccio altamente fisico e mimico che viene conferito agli spettacoli, fisicità che si risolve financo nella danza e nell’atto clownesco. L’apporto musicale sventaglia una gamma di brani che va dal pezzo classico alla canzone pop. In breve, varietà è la parola per descrivere il lavoro di questa ormai storica Compagnia.
A fine lezione, tutti se ne vanno. Non rimane nessuno. Ognuno è fatto per venire e poi andare. Nessuna sosta su questo passo carrabile. E sull’asfalto, sull’asfalto l’orma non si imprime.
O sì? Rimarrà qualcuno? Chi è riuscito a ingannare il moto delle cose? Robbiano: «È lui». E tira su il metro.

Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito della stagione autunnale di SPAM! Qualcosa si muove:
Auditorium Vincenzo Da Massa Carrara

Porcari (Lucca)
domenica 11 ottobre, ore 16.30

Fuori Misura
Il Leopardi come non ve lo ha mai raccontato nessuno
di Valeria Cavalli
collaborazione al testo Claudio Intropido
con Andrea Robbiano
regia Valeria Cavalli e Claudio Intropido
assistente alla regia e voce fuori campo Pietro De Pascalis
collaborazione didattica professoressa Simonetta Muzio
collaborazione alle musiche Gipo Gurrado
produzione Manifatture Teatrali Milanesi – Teatro Litta Quelli di Grock Associati