Ritratti d’Autore

Dal prossimo 3 ottobre al Teatro Ciak di Roma Gianni Clementi porta sulla scena Romeo l’Ultrà & Giulietta l’Irriducibile, che apre la nuova stagione 2019-2020. Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di dialogare con questo grande autore, che ci ha raccontato molti particolari del suo lavoro e della sua vita privata.

Romeo l’Ultrà & Giulietta l’Irriducibile, che già nella scorsa stagione ha ottenuto grande successo di pubblico, arriva quest’anno al Teatro Ciak. Ci racconta com’è nato questo spettacolo che, rileggendo uno dei drammi shakespeariani per eccellenza, porta sulla scena due amanti dei nostri giorni?
Gianni Clementi: «Romeo l’Ultrà & Giulietta l’Irriducibile è una grande storia d’amore, ma anche una storia di odio di due capi popolo, i classici cattivi padri che abbiamo conosciuto nella storia d’Italia e che ora troviamo anche in curva. Un amore immenso, che però viene sconfitto dall’odio e solo dopo la tragedia si capisce a cosa questo può condurre. Lo spettacolo quindi nasce dalla voglia di coniugare due mie grandi passioni: il calcio e il teatro. È il pretesto per parlare anche di questa violenza che respiriamo ogni giorno. Una violenza con cui siamo quasi abituati a convivere per le strade, ai semafori, negli uffici; le curve dello stadio diventano un ricettacolo di questa violenza con le degenerazioni del caso, nel senso che poi i ragazzi che stanno in curva sentono, come quando io ero giovane e riversavo nella politica le mie pulsioni, di dover appartenere a qualcosa, a una squadra di calcio, a una bandiera, a un ideale, e lo ritrovano, ma questo poi, in una società come la nostra, scatena l’odio e i fatti che leggiamo nelle cronache ogni giorno ne sono una dimostrazione. Ritrovarsi in curva tra braccia distese e cori razzisti per me è inaccettabile. Io amo il calcio, voglio vedere la partita, deliziarmi con le giocate dei grandi campioni e questo vorrei vivere nello stadio, non altro».

Ha pensato ad altre riletture di opere già famose o preferisce comunque scrivere storie completamente originali?
G. C.: «Tendenzialmente io amo scrivere storie originali, ho questa velleità, perché mi è sempre piaciuto inventare, scoprire nuove direzioni, esercitarmi anche in generi diversi. Non disdegno affatto la commedia, ma sono molto attratto dalla tragedia e in molte opere ho unito questi due opposti; questo registro tragicomico, che in genere uso nei miei lavori, è quello che poi mi ha fatto conoscere al pubblico. Straordinaria però è stata l’occasione di prendere la tragedia di Shakespeare, opera immensa, e con tutta la modestia del caso, trasporla ai nostri giorni, perché la trovo di un’attualità sconvolgente e non a caso le riscritture di Romeo e Giulietta sono state infinite».

Come nasce una commedia di Gianni Clementi, quale aspetto più la coinvolge e quale invece il punto più complesso?
G. C.: «Ho un modo di lavorare, non so se singolare, ma parto sempre dai personaggi, che in genere sono antitetici in una situazione estrema. Ho sempre ben presente la loro biografia, dopodiché sono proprio costoro a indicarmi la strada da seguire, quindi, non parto mai da una trama, ma dai personaggi che hanno l’urgenza di fare certe cose. Nemmeno all’inizio so quanti saranno a popolare la commedia e questo lo trovo fantastico, perché mi lascio guidare completamente, ma al tempo stesso questo procedimento ha una complessità, dovendo alla fine tutto quadrare. Non essendoci una storia ben definita e comunque scrivendo di teatro, ci sono delle dinamiche che non si possono ignorare, per cui questo non sempre riesce portandoti i personaggi, spesso, in un vicolo cieco. Magari scrivi un bel primo atto, ma il secondo non esce fuori. Ecco così che nel mio computer ho molte commedie incompiute e chissà se un giorno i protagonisti, che lì dormono, si risvegliano indicandomi la strada giusta per proseguire».

Per il teatro ha realizzato dei veri gioielli, non a caso brillanti, quale secondo lei in questi anni ha avuto più presa sul pubblico, sorprendendola più delle sue aspettative e perché secondo lei?
G. C.: «Sono legato a tantissimi spettacoli, del resto ogne scarrafone è bell’ a mamma soja, come dicono i napoletani, ma quello a cui sono più affezionato in assoluto è Il cappello di carta, che mi ha fatto un po’ scoprire dal pubblico. Fu prodotto dal grande maestro Ettore Scola che, onorandomi, apprezzò questo mio lavoro fino a portarlo in scena. È stato come toccare il cielo con un dito, essendo sempre stato Scola uno dei miei massimi riferimenti. Inoltre c’è un po’ anche la storia della mia famiglia, per cui ci sono particolarmente legato. Due spettacoli che, invece, sono andati al di là di ogni più rosea aspettativa sono Grisù, Giuseppe e Maria e Ben Hur – una storia di ordinaria periferia, con Paolo Triestino e Nicola Pistoia, che hanno superato le 400 repliche e tutt’ora li portano in giro per l’Italia. Avevo la sensazione che fossero due bei testi, ma non immaginavo che Ben Hur, per esempio, potesse diventare un film.

Se avesse solo un paio di minuti, quindi senza troppo pensarci, e un foglio bianco sul quale buttar giù una bozza di un nuovo spettacolo, dove ambienterebbe la sua nuova opera, quali potrebbero essere i protagonisti e quali attori vedrebbe invece in quei ruoli?
G. C.: «Un lavoro che ho iniziato a scrivere è un musical o forse una commedia con musica, ambientata nel sottosuolo romano. C’è una forte dose di animalità vera con personaggi antropomorfi e mi piacerebbe farla con il cast di Romeo e Giulietta. Questo è uno dei progetti che ho in testa e che spero di riuscire a realizzare».

Copioni già pronti nel cassetto invece ci sono?
G. C.: «Sì, ce ne sono due in particolare che non vedo l’ora di vedere sulle tavole del palcoscenico; uno in verità avendo vinto il premio Enrico Maria Salerno, venne messo in scena, per una sera, al Teatro Argentina in occasione proprio dell’assegnazione del premio, si chiama La tattica del gatto, che di fatto è un testo vergine. Un altro copione che reputo molto interessante è Gino, lunedì riposo, che invece non è mai uscito dal cassetto: è un lavoro inedito, con tre personaggi, ambientato a Roma nel 1960 durante la Maratona vinta da Abebe Bikila. Poi c’è l’ultimo nato che si chiama Buoni da morire, una commedia abbastanza cattivella, ambientata ai giorni nostri. Sono questi i tre copioni che prima o poi prenderanno vita sulla scena».

Gianni, ci racconta una sua giornata tipo, per capire come sono organizzate le ore di un grande autore come lei?
G. C.: «La giornata tipo è molto banale, in genere mi sveglio molto presto perché non sono un animale notturno, anzi tutt’altro. Non sono mondano, preferisco passare le serate a casa con mia moglie e i miei tre figli. Porto a spasso il mio cagnolino Pachito, che è diventato un mio coautore di fatto, la regia di Romeo l’Ultrà & Giulietta l’Irriducibile l’ho fatta anche con lui, tanto che dovrebbe firmarla insieme a me. Passeggiando in sua compagnia mi sono venute in mente tante suggestioni, che ho applicato nel testo. Non ho degli orari precisi per scrivere, cerco di farlo ogni giorno, ma non sempre avviene perché gli impegni familiari sono innumerevoli. Cerco sempre di leggere il più possibile, perché la lettura è una delle attività umane che preferisco in assoluto. Ho una libreria piena di libri intonsi, che mi riserbo di leggere quando tra qualche anno smetterò di scrivere, cosa che spero non avvenga mai, essendo la mia grande passione. Per precauzione compro ogni giorno un sacco di libri. Quando posso vado a teatro, ma non sono uno spettatore seriale; spesso vado a vedere cose di amici che mi invitano o spettacoli che non voglio perdere, ma non sono un patologico in questo senso. Sono una persona tranquilla. Mi piacerebbe fare un po’ di sport, ma al di là di qualche camminata, che mi aiuta molto nel mio lavoro, altro non riesco a fare. Mi piace fare grandi viaggi, conoscere nuove persone e poi, come disse il grande Cesare Zavattini, prendo i mezzi pubblici quando non ho l’urgenza di girare col mio motorino, perché nella società ritrovo, scopro i personaggi che poi popolano le mie commedie. Bisogna conoscere le persone, il prossimo, amare la gente per scriverne e io amo la gente. Amo il mio prossimo, magari non cristianamente, perché sono un non credente con dei dubbi, ma amo profondamente il mio prossimo e forse anche per questo riesco a scriverne».

Lo spettacolo andrà in scena:
Teatro Ciak
via Cassia, 692 – Roma
da giovedì 3 a domenica 13 ottobre
orari: da giovedì a sabato ore 21.00, domenica ore 17.30

Romeo l’Ultrà & Giulietta l’Irriducibile
di Gianni Clementi
regia Gianni Clementi
con Enzo Ardone, Alessio D’Amico, Giulia Fiume, Edoardo Frullini, Federico Le Pera, Daniele Locci, Luca Paniconi, Simone Pulcini, Pietro Rebora, Luna Romani, Kabir
Tavani, Daniele Trombetti, Gianmarco Vettori, Stefano Ambrogi
aiuto regia Claudia Genolini
assistente alla regia Lucia Clementi
scene Carlo De Marino |
costumi Mara Gentile
foto di scena Pino Le Pera
disegno luci Giuseppe Filipponio
ufficio stampa Alessia Ecora