Ippolito e Fedra ai limiti del kitsch

Al Roma Fringe Festival, presso il parco Adriano, giardini di Castel Sant’Angelo, va in scena una rivisitazione del mito di Ippolito.

Carraro Moda mette in scena Giardino, uno spettacolo senza dubbio coraggioso, dal ritmo flemmatico che si sviluppa con poca consequenzialità logica e con l’intenzione palese di perturbare il pubblico.
Prima che le luci si accendano, gli attori sono già in scena e recitano in loop alcuni gesti inconsueti: Ippolito lecca dei palloncini colorati appesi a una quinta del palco; Fedra conta con una mano, in modo del tutto infantile, fino a cinque, poi, con l’ausilio dell’altra, raccoglie in un pugno le cinque dita e se le spinge sul bassoventre; il prete guarda fisso nel vuoto tenendo in bocca, al posto della lingua, una carta raffigurante un rettile; Strofe, figlia di Fedra, esulta con il pugno verso il cielo e un folle sorriso. Questi atti, apparentemente insensati, vengono contestualizzati nell’arco della rappresentazione, rivelandosi poi i momenti chiave dell’azione di ogni personaggio. Terminato lo spettacolo, il regista continua a sorprendere non facendo uscire gli attori a ricevere gli applausi, lasciando la platea in imbarazzo, già provato dalle lunghe scene di sesso orale (che ovviamente vediamo consumare di spalle), durante la rappresentazione.

Giardino è tratto dal testo teatrale di Sarah Kane, Phaedra’s Love, indicazione quest’ultima omessa, probabilmente per svista, sia in locandina sia nella scheda dello spettacolo del festival. Un pubblico digiuno del mito di Euripide o che ignora del tutto la rilettura grottesca che la Kane fa della Phaedra di Seneca, rischia di godersi in minima parte la rappresentazione per la poca chiarezza nella trama; questo, forse, anche a causa dei tagli inflitti allo spettacolo originale, costretto da regolamento a ridursi a cinquanta minuti.

Il protagonista dello spettacolo è il principe Ippolito, un ragazzotto in carne che, pieno di tedio, trascorre le giornate consumando pasti malsani e rapporti sessuali a pagamento. Fedra, sua matrigna, è preoccupata per lui, così chiede aiuto al medico di corte al quale confessa il suo amore per il ragazzo. È il compleanno di Ippolito (ecco spiegata la scelta scenografica dei palloncini sparsi su tutto il palco) e Fedra decide di regalare al figliastro una fellatio, gesto che ricorrerà in modo ossessivo in tutto lo spettacolo; persino Strofe, durante uno scambio di battute con la madre, sembra praticarle del sesso orale gratuito. Dopo l’aspro rimprovero fatto alla regina dalla figlia, anch’essa innamorata del fratellastro, Fedra decide di suicidarsi per la vergogna di non essere ricambiata, e, per vendicarsi, lascia un biglietto nel quale accusa Ippolito di averla stuprata.
Strofe interroga il fratellastro/amante per sapere la verità sui fatti e, nonostante, egli si dichiari innocente, viene messo in prigione. Giunge il prete, che tenta di farlo confessare e lo esorta a chiedere il perdono a Dio, prima di essere giustiziato. Il principe non solo non chiede il perdono, ma si professa ateo (lo vediamo passarsi tra le dita dei piedi, con sdegno, un santino di Cristo). Ippolito finisce addirittura col sedurre il prete, facendosi praticare l’ennesima fellatio sul palco.

Il gusto kitsch sembra non limitarsi alle scelte registiche e drammaturgiche, bensì investire anche i costumi dei protagonisti: gli abiti sono contemporanei, privi di senso estetico e di particolarità alcuna; fatta eccezione forse per Fedra, che indossa un top nero in lattice, tacco quindici e grandi occhiali da sole, che non può non ricordarci le bizzarre eroine dei primi film di Almodovar.
La rilettura del mito classico, così spiazzante, ma comunque brillante, è un merito che va attribuito al testo di Sarah Kane, più che allo spettacolo Giardino. Carraro Moda, da parte sua, porta gli attori verso una recitazione incisiva e volutamente fastidiosa, grazie ai gesti in loop e ai movimenti innaturali all’interno della spoglia scenografia. La musica, che accompagna buona parte di uno spettacolo di poche battute e tanta gestualità, è antitetica alle immagini che ci propone: sono spesso musiche sacre, che vanno provocatoriamente a cozzare con il profano messo in scena attraverso incesti, suicidi e insensatezza. Sono questi i tratti tipici del teatro grottesco e del nonsense al quale il regista si mostra legato.
Nel complesso risulta insufficiente lo sforzo del regista di restituire Giardino come una organica messa in scena del difficile testo della Kane, nonostante gli interessanti escamotage iniziali e finali e le apprezzabili recitazioni delle due attrici che interpretano Strofe e Fedra.

Lo spettacolo è andato in scena:
Roma Fringe Festival 2015 – IV EDIZIONE

Castel Sant’Angelo, Roma
30 maggio – 5 luglio

3 giugno, h. 23,30 Palco C
Giardino
regia Enrico Maria Carraro Moda
con Giuseppe di Simone, Marta Angelini, Federica Di Benedetto, Giuseppe Sciarra ed Enrico Maria Carraro Moda