Evergreen

Primavera Argot, la rassegna performativa giovanile organizzata dallo storico teatro romano, presenta Gioco di specchi, un testo di Stefano Massini, interpretato da Marco Brinzi e Ciro Masella, quest’ultimo in veste anche di regista.

Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes è uno dei romanzi più importanti e famosi della letteratura occidentale, di quelli che chiunque può dire di conoscere, anche senza averne mai letto una sola pagina. Un merito che non possiamo non attribuire a un ricorrente utilizzo del suo sconfinato patrimonio simbolico, fatto di adattamenti capaci di spaziare addirittura dalla lirica di Giovanni Paisiello fino ai (più o meno) recenti graphic novel (dalla versione secondo Jacovitti a L’ultimo cavaliere del maestro Will Eisner).

Le danze dialettiche tra l’avventuroso Don Chisciotte e il fedele Sancho Panza, la storia d’amore per Dulcinea e una gloria cercata ovunque, anche contro mulini a vento e greggi di pecore, sono elementi entrati da tempo nell’immaginario culturale colto e volgare, creatosi attorno a una ideale strumentalizzato fin dal dibattito Illuminismo/Romanticismo e ridottosi ai giorni nostri ai suoi aspetti prettamente poetici, più che politici (i versi dell’omonima canzone di Francesco Guccini) o filosofici (Friedrich Nietzsche dichiarò la propria delusione per una morte che aveva privato il protagonista di quella felice maschera di follia con cui aveva vissuto, György Lukàcs ne mise in luce la dimensione di alineazione esistenziale). Un immaginario che, quindi, non potrà che beneficiare di Gioco di specchi e del suo tentativo di rilanciare seriamente l’attualità di un testo dai contenuti mai obsoleti, scritto durante l’epocale momento di passaggio tra XVI e XVII secolo, e che ben presto sarebbe divenuto testimonianza capace di contestare tanto la cultura quanto la società ufficiale, rispettivamente rappresentata dai precedenti poemi eroici e dal dominio di figure irreali (come quella dei cavalieri erranti, senza macchia e senza paura).

Una figura, quella del Don Chisciotte, spesso svuotata della propria originaria (forse inconsapevole a Cervantes) radicalità, ma che, oggi come allora, narra in maniera esemplare un contrasto tra prospettive al mondo: tra la fede di chi, con paradossale pessimismo, crede solo a ciò che vede, magari con intenzione eterodiretta, e il disincanto di chi, invece, concreto e razionale, si mostra comunque incline a lasciarsi travolgere – più che convincere – dall’entusiasmo altrui.

Partendo da questa imponente eredità, Stefano Massini confenziona ancora una volta un testo di qualità clamorosa perché giocato su una eccentrica e calzante struttura di soliloqui dialogati, in grado di realizzare il dichiarato accostamento al frammento beckettiano e costruire così una «esistenza fitta di dubbi» dove il linguaggio (l’essere individuale e comunitario) viene piegato alla necessità di comunicare l’incomunicabile  e condividere l’incondivisibile (l’avvento del nulla).

Da segnalare le straordinarie prove di Marco Brinzi e Ciro Masella, «che di sera in sera si avvicendano nell’interpretazione dei due personaggi», e che sconcertano per come plasmano con realismo figure spesse e materiche, capaci di edificare fantasticamente la voluta atmosfera scenica di terrore e disagio, alternando «drammatica comicità e comica tragicità».

In questo Gioco di specchi trova, allora, espressione quel clima esistenzialista nel quale, ancora una volta, Beckett si sarebbe potuto ritrovare, e prendono forma la strutturale inadeguatezza umana rispetto a ogni anelito di ascesa sociale, virtù ed eternità, una sottile componente metateatrale (nell’identificazione tra arte e vita, la riflessione sulla seconda investe anche la prima) e l’angoscia del dover esser per la morte, ovvero il fondamentalismo di ogni scelta esistenziale drammaturgicamente restituita quale opportunità (o meno) di sognare e avere memoria e, di conseguenza, come apertura alla possibilità di non essere più se stessi.

Un allestimento ambizioso nel rilanciare la modernità del Don Chisciotte e promettente anche per gli sviluppi lasciati intravedere, soprattutto in termini di costruzione e direzione scenica, al netto di una restituzione forse didascalica della prima (una spada di legno, un cavallo a dondolo, gli scacchi e le fila di luci a terra) e lineare della seconda (poggiata con decisione sul contrasto ambientale tra luce/ombra e sul «corpo a corpo» tra gli attori).

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Argot Studio
via Natale del Grande, 27, Roma
dal 21 AL 23 Aprile 2015, ore 21

Primavera Argotrassegna performativa giovanile 2015
Gioco di specchi
di Stefano Massini
regia Ciro Masella
con Marco Brinzi e Ciro Masella
scena luci e costumi Silvia Avigo
suono Angelo Benedetti