Ritratti d’autore

Dall’incredibile disavventura al Piccolo Teatro Don Bosco di Padova alle opportunità di un futuro senza nubi all’orizzonte: Giorgia Mazzucato racconta a Persinsala il meraviglioso mondo che fu di Gigia.

Giorgia Gigia Mazzucato, qual è la sua formazione e la sua esperienza teatrale?
Giorgia Gigia Mazzucato: «Sono entrata nel mondo del teatro circa quindici anni fa e da otto ho cominciato a scrivermi i testi per i miei spettacoli. Ho avuto una formazione molto varia, sono sempre stata molto curiosa di scoprire quanti più aspetti possibili del Teatro. Ho fatto corsi di teatro classico, di improvvisazione, mimo, clown, per poi specializzarmi in particolare sulla narrazione e il monologo.
Tra i tanti Maestri con con ho avuto l’onore di lavorare, sorrido sempre nel ricordare in particolare Dario Fo e Franca Rame, autentici monumenti umani e artistici, Marco Baliani e Andrea Pennacchi, due insuperabili guide nell’arte del monologo.
Dal punto di vista teorico (che a mio parere non è mai scisso da quello pratico) mi sono formata studiando all’Università di Bologna in cui mi sono laureata nella Magistrale di Discipline dello spettacolo dal vivo. Sono un’appassionata studiosa shakespeariana e vi confido in anteprima che breve uscirà una mia pubblicazione.
Al momento sono in tournée con i miei tre monologhi, Comunque, Viviamoci e Guerriere e con gli spettacoli de La Mia Compagnia, ensemble di improvvisazione teatrale da me fondata».

Al Piccolo Teatro Don Bosco di Padova sarebbe dovuto andare in scena il suo Gesù aveva la erre moscia. Invece?
GGM: «Invece a pochi giorni dal debutto il prete, legale rappresentante del Teatro, ha deciso di censurare il mio spettacolo, senza voler nemmeno leggere il testo».

Chiariamo bene il cosa, perché le polemiche non sono mancate, soprattutto in seguito alle parole di convinta solidarietà a suo favore di Natalino Balasso e alle dichiarazioni di Don Riccardo Michielan direttore dell’Istituto Salesiano Domenico Savio, secondo il quale lei ci avrebbe provato («titolo e sinossi dello spettacolo sono state comunicate solo il 4 maggio») o, quantomeno, peccato di ingenuità (secondo Micheilan, lei avrebbe affermato: «non sapevo che fosse una sala cattolica … come attrice posso essere anche d’accordo con voi, ma la produzione, che ha molto investito, non so come la prenda»). Com’è andata dal suo punto di vista?
GGM: «Purtroppo le frasi dette dal Don non sono mai state pronunciate dalla mia bocca. Frequento il teatro Don Bosco da quando ho cominciato a recitare, dal mio primo saggio in seconda media. In questi anni ho fatto prove, spettacoli e lezioni sempre interfacciandomi con Don, preti e in generale i gestori credenti del locale. È assolutamente folle pensare che io non mi fossi mai accorta del fatto che la sala fosse cattolica. In più, si chiama Don Bosco, il mio intuito non è dei migliori, ma questa deduzione non è stata poi così difficile.
Neppure l’altra frase («come attrice posso essere anche d’accordo con voi, ma la produzione, che ha molto investito, non so come la prenda»), è mai stata pronunciata da me. Il concetto da me è espresso è stato che in quanto attrice e autrice non potevo essere d’accordo, ma che non potevo fare più di tanto, mentre la produzione, che per il debutto da mesi aveva investito ingenti somme di denaro, avrebbe potuto rivalersi.
Come ogni anno ho affittato il locale mesi prima e poi, in tempo utile per la pubblicazione sul sito del teatro, ho mandato a chi di dovere il materiale riguardante la messa in scena.
Se per la cancellazione del debutto ero rimasta scioccata e amareggiata, alla lettura delle frasi dette dal Don, son rimasta decisamente perplessa e arrabbiata».

Chiarito il cosa, rimane da capire il come sia potuto accadere. Quali sono i suoi rapporti con quel teatro, i suoi gestori e il pubblico? Qual è stata la reazione della comunità artistica (locale e nazionale)?
GGM: «Sono molto affezionata al luogo e lo trovo uno tra i più bei teatri di Padova. I miei rapporti con i gestori sono sempre stati professionali e civili. Tutti i miei spettacoli hanno debuttato in questo teatro e mai mi è stata presentata una serie di argomenti tabù o delle linee guida da seguire.
Alcune persone mi hanno detto: «si però è anche colpa tua! Presentare uno spettacolo così in un teatro dei salesiani…te le cerchi». Ecco, non sono d’accordo. Sono convinta che centinaia di salesiani avrebbero accettato il mio testo; Papa Francesco magari avrebbe riso di gusto dall’inizio alla fine dello spettacolo.
Non voglio partire con il pregiudizio che la chiesa sia sempre così chiusa al dialogo. Voglio sempre pensare positivamente, voglio credere nelle persone.
Cercando in ogni cosa il lato positivo, devo dire che questo brutto incidente ha molto smosso molti animi, non solo di miei amici o di miei “fan” della pagina facebook, ma anche di persone non conosciute che mi hanno dimostrato vicinanza e solidarietà, non mancando di esprimere il loro commento indignato nei confronti dell’accaduto.
Non è mancato neanche l’appoggio di molti credenti che mi hanno detto che, non trovando comprensibile l’atteggiamento censorio dei salesiani, sarebbero andati a chiedere spiegazioni.
Insomma, mi sono sentita davvero protetta e supportata. In fondo le vere battaglie non si combattono mai da soli».

Ha scritto: «il mio spettacolo è ironico, non blasfemo». Di cosa parla Gesù aveva la erre moscia? È previsto un nuovo debutto?
GGM: «Gesù aveva l’erre moscia è uno spettacolo ironico e dissacrante. Parla del lato umano, fragile, e divertente di Gesù. Per esempio: come viveva i miracoli? Come stava dopo? Era stanco, felice? È una versione appassionata della persona ancor prima che del santo.
In questo testo mi interessa inventare, indagare, proporre un lato di Gesù che possa essere comune a noi, nella sua umanità divertente e straziante.
Nel mio spettacolo Gesù guarda Breaking Bad, la sua imprecazione è Mannaggiamannaggia!, pratica il kung fu e parla ai fedeli tramite connessione wifi. In questo spettacolo Gesù ha l’erre moscia. Molto moscia. A raccontarci questa storia Maria Maddalena, vestita un po’ come Uma Thurman in Kill Bill, un po’ come Xena. Rock, così viene chiamata dal Salvatore, ci accompagna nella storia di un ragazzo uguale a tutti i suoi coetanei, ma che a differenza loro deve apprendere il rischioso mestiere del Messia. Seguiamo il suo viaggio dalla sua infanzia, passando per l’adolescenza fino ad arrivare ai suoi 33 anni. E il finale non è esattamente quello che conoscete.
«Non vogliamo vedere il lato umano di Gesù». Ecco, invece a me si, quindi ci vediamo tutti al nuovo debutto il 30 giugno a Padova».

Le era mai capitato qualcosa di simile dal versante laico, ossia di una direzione artistica che, conosciuto il contenuto di un suo spettacolo, abbia deciso di non metterlo in scena?
GGM: «Assolutamente no. Ogni teatro ha il legittimo diritto di decidere la direzione della propria rassegna, ma si spera che le scelte siano sempre consapevoli, e mai pregiudizievoli».

Oltre a svolgere la sua attività artistica nel Veneto, anche a Roma è ormai di casa: dopo lo struggente e delicato Viviamoci in scena al Teatro Studio Uno e LOGIN – Quattro account in cerca di Autore al Teatro Manhattan, torna nella Capitale con lo spettacolo finalista al Fringe Festival 2015, Guerriere, per Dominio Pubblico – La città agli Under 25. A chi e a quale scopo (ri)volge la narrazione del suo teatro?
GGM: «Nella frenesia dei nostri anni trovo sempre un onore incredibile il fatto che un gruppo di persone ti conceda un’ora di totale attenzione per sentire cos’hai da raccontare.
Il mio lavoro è rendere quest’ora un’ora che duri per ore nelle loro memorie.
Il mio teatro è estremamente ambizioso perché non prevede un destinatario preciso: mi interessano tutte le persone. Per me il teatro è un luogo unico di incontro, un’oasi dal baccano metropolitano e tecnologico in cui potersi trovare, io e te, a condividere emozioni, raccontarci storie per creare memorie comuni e rimanere umani. Il mio teatro ha l’ambizione di incollarsi a cervelli e cuori di chi guarda e ascolta. Il mio scopo è quello di condividere con il pubblico dei racconti che lascino, da qualche parte, in piccolo o in grande, un segno indelebile».

Cosa c’è nel futuro di Giorgia Gigia Mazzucato? Perché Gigia?
GGM: «Per quanto riguarda i miei monologhi nel futuro vedo moltissimi nuovi debutti per spettacoli che ho già in cantiere, ma ora le mie energie sono tutte ovviamente concentrate su Gesù aveva l’erre moscia: muoio dalla voglia di dare voce a questa storia dopo più di un anno di lavoro.
Per quanto riguarda il mondo dell’improvvisazione teatrale ho grandi novità in serbo per l’anno a venire, ma intanto segnatevi i prossimi spettacoli de La Mia Compagnia con i debutti di L’Host Play il 28 maggio al Teatro Argot e Solo io il 18 giugno al Teatro dell’Orologio. Più in generale, è possibile sapere dei miei spostamenti attraverso il mio sito personale e quello de La Mia Compagnia.
Perché Gigia? Non lo so! È un soprannome che porto dalle elementari e che nella Vita mi ha sempre molto identificato. Se mi chiamate Giorgia, io non mi giro, mi volto soltanto al richiamo di Gigia.
Ora però, un po’ alla volta, sto lasciando andare questo soprannome un po’ limitante per quanto riguarda il contesto lavorativo, Gigia lo lascerò solo nella Vita privata.
Questo è uno dei tanti consigli che mi ha dato Maria Beatrice Alonzi, un’artista incredibile (attrice, autrice, regista, cantante..) che ci tengo a citare e ringraziare, con la quale collaboro da anni e che con la sua esperienza mi aiuta in moltissimi aspetti del mio lavoro. È proprio grazie al suo apporto creativo e professionale che sto preparando al meglio alcune delle più scintillanti novità per i prossimi.
Insomma, nel mio futuro c’è quello che raccoglierò dal lavoro di oggi, quindi penso e spero grandi cose! Amo questo lavoro, voglio continuare a studiare e a trovare storie che debbano essere raccontate per condividerle con quante più persone possibili».