La rosa e la carrozzina

Fastidiosi, quelli del Teatro della Cooperativa. Come avevano promesso, ecco uno spettacolo che è insieme denuncia e poesia.

Basta accendere la televisione e si capiscono subito le priorità in Italia: omicidi e incidenti stradali. Eppure, dati alla mano – e non le solite diatribe da talk-show dove ognuno dice la sua e nessuno dà mai prova dei fatti – i dati Istat rilevano, nel 2009, 215.405 incidenti stradali, mentre secondo i dati Censis gli omicidi in Italia erano 1.042 nel 1995 e “solo” 663 nel 2006 (-36,4%). Ma adesso veniamo ai dati Inail del 2010, riferiti al 2009: 790.000 infortuni sul lavoro di cui 1.050 mortali.

La matematica non è mai un’opinione.
Ma l’opinione pubblica, a volte, sembra non conoscere la matematica.

A teatro, tutto questo, può trasformarsi in arte: semplicemente grazie al racconto di un individuo, Gianmarco Mereu nello specifico – che tra ironia e lucida denuncia, battute salaci e smitizzazione di mascolinità illuse – tratteggia la sua esperienza di operaio che, dopo un infortunio sul lavoro, resta paralizzato. Coadiuvato da Silvia Cattoi e Juri Piroddi – che firmano anche la regia – e dalle musiche dal vivo eseguite da Giancarlo Brioni, Mereu è insieme se stesso e il professore – senza nome ma con la P maiuscola – che gli ha “assicurato” viti al titanio indistruttibili nella colonna vertebrale – che si spezzano come stuzzicadenti. Il Professore che, di fronte al dolore fisico e psicologico risponde con l’antidolorifico e l’invito a portare pazienza – pazienza che troppo spesso i medici, invece di fare il proprio lavoro e cercare soluzioni, oppongono quasi fosse un mantra e quasi dovessimo tutti soffrire a questo mondo per una ricompensa nell’aldilà: ma, se si ha bisogno di quel conforto, si va dal prete, non dal medico.
Eppure, sebbene l’argomento sia così acerbo, e vedere una carrozzina in scena colpisca come un pugno nello stomaco in una società avvezza a considerarsi eterna ed eternamente giovane – mentre l’uomo che cade, simile a un coleottero, non riesce più a tornare sulla sua carrozzina senza l’aiuto dell’altro, perché di amici e di compagni c’è più che mai bisogno – lo spettacolo non è per nulla triste e non ci si alza dalla poltrona abbattuti, bensì confusi, commossi e – perché no? – arrabbiati: perché un cancello non deve cadere addosso a un operaio che chiude il cantiere dopo 11 ore di lavoro; e 7 operai non possono morire investiti dalla fuoriuscita di olio bollente, coperti dalle fiamme, in un’acciaieria di Torino – e non in un film hollywoodiano o in una saga da fumetto; né 24 operai devono morire di mesotelioma o altre forme di cancro perché hanno respirato l’amianto negli stabilimenti di viale Sarca a Milano – là dove oggi i cartelloni invitano a comperare loft e attici; o morire di lavoro nero a Barletta.

Il lavoro: un diritto, come ricorda il testo dello spettacolo – e la nostra Costituzione, così vezzeggiata in tempo di 150°; un diritto, come ricorda la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che vuole persino che tutti si lavori più a lungo (spostando in là il pensionamento) – senza però garanzie di piena occupazione, né tanto meno di continuità del lavoro, di una pensione sufficiente per sopravvivere (se non vivere), e meno che mai di sicurezza su quello stesso posto di lavoro.

E allora che fare? Spegnere la tv, andare in periferia (che non fa mai male e poi il Niguarda è talmente vicino alla Bicocca da poter quasi essere considerato chic), e applaudire a uno spettacolo che merita di essere visto, discusso, ripensato – oggi più che mai.

Lo spettacolo continua:
Teatro della Cooperativa
via Hermada, 8 – Milano
fino a domenica 9 ottobre
orari: feriali ore 20.45 – domenica ore 16.00
Produzione Rossolevante presenta:
Giorni rubati
testo Gianmarco Mereu
regia Silvia Cattoi e Juri Piroddi
con Gianmarco Mereu, Giancarlo Brioni, Silvia Cattoi, Juri Piroddi
drammaturgia collettiva
musiche di scena eseguite dal vivo dal maestro Giancarlo Brioni
costumi Francesca Pischedda
video Fabio Fiandrini
Prima milanese