Il mistero di una regina e di una donna

Al Teatro Garbatella nuovo allestimento di Giovanna sotto il sego del tempo di Adriano Marenco, con Patrizia Bernardini a interpretare la “reale” pazzia di una donna.

Cos’è una donna? Un oceano? Un lago calmo? Una leggera brezza che si trasforma in tempesta? Forse è qualcosa che porta via, un’energia, una purezza, una fenditura nella terra, un abisso, un tocco, un’assenza. La storia dell’umanità, sia fatta di regnanti o di piccoli uomini insignificanti, è storia del mistero femminile, tanto da portare a una domanda che riguarda l’assoluta alterità.

La regia di Alessandra Caputo è incentrata su una poltrona bergères affondata nel buio, sulla quale si agita il corpo di Giovanna, regina di Castiglia, nata per essere offerta in sposa e rinsaldare legami politici utili alla casata di Spagna. Siamo alla fine del Quattrocento, epoca in cui alla scoperta dei territori del nuovo mondo, si appaia l’Inquisizione. Sullo sfondo della nascita di una grande potenza coloniale, si colloca l’ascesa e caduta di una donna smarrita, fragile, incapace di partecipare alla mascherata del potere.

La tentazione regale di fondarsi sulla propria onnipotenza, trova nell’alterità più estrema il suo punto di resistenza. Il regno di Carlo V (l’impero su cui non tramontava mai il sole) trovò nell’ebreo, nel turcomanno o nel selvaggio delle nuove terre oltremarine, il proprio punto di attrito, senza immaginare di custodire l’attrito più grande fin dentro la stessa famiglia reale. Per Adriano Marenco, Giovanna di Castiglia è alterità irriducibile alla parata del potere. Fu regina, amante, sposa, pazza. L’oscenità accecante della sua sintomatica contestazione è quell’idioma isterico sempre teso a mettere alla prova la parata fallica dell’insegna regnante.

Privata dei suoi figli, senza più il sostegno di suo marito Filippo il Bello, ecco che Giovanna si trova “nuda”, incapace di sostenere la finzione del potere. Il monologo a cui dà voce Patrizia Bernardini è un flusso di coscienza femminile che si trova a mal partito nell’indossare i panni di regina. Da subito se ne priva, rivolgendo la sua preghiera piuttosto che a un altare, a un uomo che si sottrae, senza però far desistere un’incessante domanda d’amore.

Questa si esprime con un corpo che mal si adatta alla postura di regina. Dovrebbe ortopedizzarsi al trono su cui siede, ma qualcosa del suo discorso glielo impedisce. Si agita, balla la musica della sua libertà espressiva. Il trono diventa un trampolino, uno scivolo, un’altalena, una cuccia, un nascondiglio, qualcosa che celi all’artiglio del “dover essere”. Giovanna è un cucciolo di femmina che chiede di essere protetta, di essere amata per quello che è, senza condizioni, senza compromessi.

Adriano Marenco torna con questo testo a frequentare il tema del potere e della forma discorsiva che impone. Stavolta la vittima è il corpo femminile. Ridotto nella sua estraniante verità a corpo malato, questo chiede incessantemente di essere amato perché imperfetto, gentilmente mancante, calpestato come si schiaccia un fiore, di cui può rimanere solo una debole fragranza.

La voce di Bernardini e il testo di Marenco si abbracciano in una sensualità espressiva quasi erotica e ironica, bordeggiando il delirio di una creatura che cerca solo protezione. Può darla un regno di cui si tratta di far funzionare la finzione simbolica? No. Giovanna cerca un uomo da amare per essere a propria volta amata. La Storia è annullata, come è annullato il catalogo di Re e ministri che si succedono come in un caleidoscopio – questo sì – impazzito. Allo stesso modo di Giovanna, Patrizia Bernardini porta il proprio corpo come un’offerta, con il pubblico a fare da tramite. A quale Dio se non a quello misericordioso del Teatro?

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Garbatella

Piazza Giovanni da Triora 15 – 00145 Roma
giovedì 23 e venerdì 24 maggio 2019, ore 21.00

Giovanna sotto il sego del tempo
di Adriano Marenco
con Patrizia Bernardini e al basso Rodolfo V. Puccio
regia Alessandra Caputo
musiche Rodolfo V. Puccio
costume Antonella D’Orsi
disegno luci Antonio Belardi