«Che cosa sei disposto a fare per salvare il tuo amore?»

Questa volta no, non è Shakespeare a dar voce a Giulietta e Romeo, bensì gli attori del Teatro del Lemming ai Carichi Sospesi, in vicolo Portello a Padova, lo scorso 10 Aprile.

Mentre il pubblico prende posto a sedere, gli attori sono già in scena: al centro del palco, Giulietta e Romeo nel giorno delle nozze, quelle nozze tanto desiderate e mai raggiunte. Da quest’immagine inizia a prender corpo l’interpretazione del mito shakespeariano proposta dal Teatro del Lemming, centrata sulla conflittualità che genera un’unione sconveniente e su un amore che non teme nemmeno la morte. La regia sceglie così di presentare una serie di lettere che per il pubblico sono da intendere come diversi capitoli di una stessa riflessione, più che di una medesima storia.

Di seguito alla fotografia iniziale del matrimonio, prende la parola Diana Ferrantini, l’attrice che interpreta Giulietta, per raccontare la sua storia, quella di una ragazza irachena trasferita in Inghilterra e promessa sposa a un uomo che non ama. Lei, ovviamente, ama il suo Romeo (Alessio Papa), che non tarderà a emigrare in Francia per starle più vicino. È solo il canale della Manica a dividerli, solo il canale della Manica; Romeo, però, è di fatto un clandestino e l’unico modo per ricongiungersi all’amata, sarà attraversare quella distesa d’acqua a forza di braccia. Romeo, anche se non sa nuotare, ha imparato che vuol dire amare e sa che con lei nel cuore anche il pensiero della morte sarà dolce, così si allena per un anno intero e poi si tuffa, lotta una notte intera nelle gelide acque del canale per raggiungere Giulietta, fino a quando la fragilità della carne non soffocherà il loro amore.

È l’acqua a far la guerra al loro sentimento, ma ancor prima la società, che disconosce l’amore in ogni sua forma. Ecco che allora sorge spontanea la domanda: «che cosa sei disposto a fare per salvare il tuo amore?» Allo stesso modo si susseguono lettere o, come detto, capitoli di storie diverse ma tutte accomunate da un conflitto o, ancor peggio, dalla sua assenza. Non vi è conflitto infatti nelle storie moderne, al massimo qualche insulto su Whatsapp o un blocco su Facebook, riflessione che nello spettacolo viene rappresentata da un cellulare fatto a pezzi davanti allo spettatore. E quando non vi è conflitto, manca anche la possibilità dell’unione ed esiste solo inerzia del vivere.

Soprattutto per questa intuizione non si potrà negare una certa validità, se non genialità ad alcune idee che stanno dietro a questo Giulietta e Romeo. Lettere dal mondo liquido, tuttavia nessuna che sembri essere pienamente o adeguatamente sviluppata. Dei molti gli spunti nessuno appare essere completamente sviscerato, come nel caso della storia d’amore di Giulietta e Romeo, mai fatta autenticamente vivere allo spettatore, perché  semplicemente raccontata, perdendo così l’enfasi e l’emozione che probabilmente una scena avrebbe trasmesso in modo più efficace, mentre l’intento della regia di rendere il pubblico protagonista – al punto da lasciargli il compito di contestualizzare i vari capitoli dello spettacolo – il rischio non superato è stato di renderne ardua la comprensione.

Molto suggestiva e ben pensata, nella sua semplicità, invece, la scenografia di un affollato palcoscenico di bottiglie di plastica che riflettono la luce proprio come l’acqua del mare. Ed è proprio un’immagine struggente e suggestiva – che richiama il racconto iniziale di Giulietta dell’amato in balìa delle acque gelide, rappresentato metaforicamente da un pesce rosso posto in una boccia in un lato del palco – a chiudere lo spettacolo dove vedremo lo stesso Romeo disteso sul palcoscenico che nuota e nuota e nuota, mentre l’acqua delle bottiglie da scenografia diventa nemico contro cui combattere e, ahimè, perdere.

Lo spettacolo è andato in scena:
Carichi Sospesi

Vicolo Portello 12, Padova
10 Aprile 2016 ore 19.00

Giulietta e Romeo – lettere dal mondo liquido
con Alessio Papa, Chiara Elisa Rossini, Diana Ferrantini, Fiorella Tommasini, Maria Grazia Bardascino, Katia Raguso, Alessandro Sanmartin
musica di Massimo Munaro
regia di Chiara Elisa Rossini e Massimo Munaro
una produzione Teatro del Lemming