L’autore di Le figlie di Cristenzio e altri racconti svela le ragioni che lo hanno spinto a ripercorrere una strada in equilibrio fra infanzia e tradizione, parlando di intellettuali di ieri e di oggi.

Un omaggio a storie e personaggi protagonisti dei racconti d’infanzia. Un tributo a una figura vicina e lontana, affascinante eppure sconosciuta, a un territorio ricco di profumi, colori e storia: la Sicilia. Questi, in breve, gli intenti dello scrittore Giuseppe Zambito, che nel libro Le figlie di Cristenzio e altri racconti magnifica con uno stile diretto e incantatore, la terra natale di intellettuali come Leonardo Sciascia, Luigi Pirandello, Elio Vittorini e Giovanni Verga, ma anche dei contemporanei Andrea Camilleri, Giuseppina Torregrossa e, last but not least, Simonetta Agnello Hornby – che ha prefatto l’opera. Zambito, originario di Siculiana, in provincia di Agrigento, e già autore teatrale, svela la genesi di queste novelle, testimoni di una tradizione orale che s’interseca ai ricordi di un’infanzia felice e caratterizzata dall’ammirazione per la figura del capofamiglia, un nonno mai conosciuto eppure rievocato dai racconti delle sue figlie.

Com’è nata in lei l’idea di scrivere quest’opera?
Giuseppe Zambito
: «In realtà ho sempre scritto ma finora non avevo mai avuto il coraggio di pubblicare un libro. Direi che Le figlie di Cristenzio nasce per soddisfare l’esigenza di esprimere a parole una serie di eventi che ha caratterizzato la mia infanzia, nonché l’ascendente che ha sempre esercitato su di me la figura del nonno. Anche se non l’ho mai conosciuto, è stato sempre evocato nei racconti delle mie zie, le sue figlie. Erano tutte donne in famiglia e, a loro volta, hanno partorito tutte femmine a eccezione del sottoscritto. Sono stato sempre trattato con un amore e un’attenzione immensi e questo libro è anche un modo per ringraziarle».

Quali sono le tematiche principali?
G.Z.
: «Il primo racconto è l’unico autobiografico in senso stretto, gli altri sono immaginari o, meglio, sono stati ispirati da personaggi chiave della mia infanzia e della mia adolescenza ma anche da storie e aneddoti tramandati oralmente nei secoli e giunti fino a me grazie alle mie cugine e alle zie».

Lei è un autore di teatro molto apprezzato. Quali sono le differenze sostanziali fra la scrittura per il palcoscenico e quella letteraria in senso stretto?
G.Z.
: «Per quanto mi riguarda non ho riscontrato molte differenze. Credo che tutto stia in ciò che ognuno di noi desidera esprimere. Inoltre, l’esperienza maturata in teatro si percepisce chiaramente dal testo perché mi piace tratteggiare dei personaggi in continuo movimento, in evoluzione, senza limitarmi alla mera descrizione delle persone o degli avvenimenti. Cerco di farli “comunicare” fra di loro e con il lettore: l’impronta teatrale è qui. Ognuno ha un suo ruolo, uno scopo ben preciso all’interno della narrazione».

La Sicilia è sempre stata terra feconda per intellettuali e artisti. Ha subito qualche forma d’influenza da parte degli scrittori contemporanei? Ha dei “numi tutelari” fra gli autori del passato?
G.Z.
: «L’influenza che hanno esercitato su di me gli autori miei conterranei è fondamentale. Pensi che abito a 20 chilometri da Andrea Camilleri e a pochi chilometri da quella che fu la casa di Luigi Pirandello: è chiaro, sono molto legato a questi autori famosi, per non parlare della stima che nutro per Simonetta Agnello Hornby, che si è occupata della prefazione. Forse uno dei miei “numi tutelari” è proprio Leonardo Sciascia – al quale devo un tributo anche per lo stile che ho adottato».

Lei ha citato Sciascia. Quanto la letteratura e gli scrittori di oggi possono influire sulla società e sul pensiero collettivo?
G.Z.
: «Sono convinto che gli scrittori non abbiano esaurito il loro potere di provocare riflessioni e reazioni concrete in una società, o in una comunità. Penso a Roberto Saviano, che oggi rappresenta uno tra i giovani autori che gettano luce su tematiche importantissime, anche se credo che la marcia in più per autori e intellettuali del secolo scorso – e qui ritorna il riferimento a Sciascia – fosse costituita dal fatto che sapevano coniugare meglio  l’osservazione dei mutamenti sociali con una narrazione e uno stile impeccabili. Credo che in Italia ci siano ancora sia intellettuali che scrittori egregi ma è indubbio che i rappresentanti dell’intellighenzia del secolo scorso fossero più completi: uomini di cultura a 360°».

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
G.Z.
: «In verità sono ancora un po’ frastornato. Il libro (che ha già vinto l’ultima edizione del concorso Granelli di parole, n.d.g.) è uscito da pochissimo e devo ancora cominciare guardarmi intorno e, soprattutto, a muovermi fra presentazioni e appuntamenti con i lettori. Non vedo l’ora di incontrare il pubblico, non solo per parlare di Le figlie di Cristenzio ma soprattutto perché adoro il contatto con le persone, confrontarmi con loro. E poi amo lavorare con e per i bambini. Per quanto riguarda altri progetti in cantiere, infatti, a novembre dovrebbe uscire una mia favola illustrata sul tema della legalità ed edita da Armando Siciliano Editore. Questo lavoro concilia alla perfezione l’amore per la scrittura e quello per la mia professione principale: l’insegnante. E poi, le idee che ho in mente sono davvero tante ma adesso è troppo presto per parlarne» (ride, n.d.g.).