L’amore e la scena, la vita e l’arte

Al Teatro Vascello, Andrée Shammah propone una versione meravigliosa de Gli innamorati di Luca Goldoni, dove l’amore esplode in tutta la molteplicità delle sua innumerevoli sfaccettature.

Forse abusato, forse travisato, è però indubbio che in tutta la storia del teatro, come nella storia della letteratura, della musica e del cinema, il tema dell’amore e l’indagine poetica svolta nei suoi confronti assumano un ruolo predominante, al punto che si potrebbe riscrivere la storia della cultura occidentale a partire da come nel corso dei secoli tale tema sia stata compresa, indagata e rappresentata. D’altronde, l’amore è uno dei grandi misteri che trainano l’esistenza di ciascuno di noi da quando mette piede su questo mondo, mantenendo sempre tanto una dimensione di ineffabilità e quanto l’impossibilità di essere tradotto in maniera esaustiva. Come uno scrigno senza fondo, l’amore contiene in sé una quantità indefinita di emozioni, concetti, persino tra loro contraddittori o opposti.
A metà Settecento, quando uno dei padri del teatro moderno, Luca Goldoni, realizzava Gli innamorati, si era effettivamente agli esordi di una visione che ancora oggi perdura nell’immaginario collettivo, specie nel genere della commedia (teatrale, ma anche cinematografica e televisiva): l’amore come gioco carambolesco che si nutre di una tensione mai risolta tra gli amanti, l’amore come litigio, gelosia, ripicchera, perciò l’amore come dono ma al contempo condanna, strazio, stimolazione irrazionale che pregiudica persino l’intelletto del più lucido e rigoroso dei razionalisti. All’alba del Romanticismo tedesco, quando l’attrazione per il sublime e l’assoluto sarà declinato nei termini dell’amore titanico, sacrificale, temerario e nobile, quasi una sfida agli dei e al mondo, Goldoni tenne i piedi ben poggiati sul piano della quotidianità in tutta la sua frivolezza e concretezza.

La regista Andrée Ruth Shammah, con la sua versione de Gli innamorati in scena al Teatro Vascello fino al 17 aprile, compie la meravigliosa impresa di restare fedele al testo goldoniano concedendo a esso di schiudersi alla contemporaneità, dimostrando la sua dirompente attualità (perché l’amore è sempre attuale). L’amore raccontato dalla Shammah è lo stesso di Goldoni, ma l’intenzione è quella di metterne in evidenza tale attualità, non di lasciarla nel non-detto, nell’attualizzazione scenografica o dei costumi, errore spesso commesso da registi e autori. I grandi classici sono contemporanei, non hanno bisogno di venire trattati così didascalicamente, e  i testi, quando autentici capolavori, mantengono la propria pregnanza anche a distanza di secoli.

Questo è il caso di Goldoni e la Shammah, su una scena fedele al realismo settecentesco, dirige degli attori superlativi, in una performance che ha una dose di sperimentalità e un’attenzione riflessiva che potrebbero venire trascurati, dal momento che si è trasportati dalla sagace ironia. Questa operazione estetica è impressionante e si verifica nel modo in cui vengono diretti gli attori: Marina Rocco e Matteo De Blasio, la coppia degli innamorati da cui il titolo, litigano, inveiscono uno contro l’altro, si odiano e tornano ad amarsi, si infuriano e si tormentano, si ingelosiscono e si fanno le fusa, esprimendo tutta la complessità caleidoscopica e irrisolvibile del sentimento, così facendosi riflesso di ogni coppia dei nostri giorni. Le scene fanno sorridere perché sembra di vedere noi sul palco e in tal modo viene mantenuto l’aspetto ironico, della stessa ironia con la quale dovrebbe venire affrontata la vita. In questo, è Marina Rocco a essere esplosiva, un vulcano senza sbavature, una marionetta animalesca capace di incarnare i mutamenti repentini di sentimento e le infinite sfaccettature del sentimento amoroso; quando recita i suoi monologhi, il suo accento veneto rende tutto ancora più tenero e irresistibile, come irresistibile sono le parole di Goldoni. Se durante le scene concitate tra gli amanti sembra di assistere a un qualunque momento della quotidianità, quei monologhi ci ricordano della grandezza e della meraviglia poetica del testo in questione, cui  i numerosissimi elementi di metateatro e lo sfondamento del confine tra opera e pubblico contribuiscono a inserire l’opera nella vita e viceversa, quasi a mettere in questione che esista una netta linea divisoria tra i due universi.

Potrebbe sembrare impopolare e grave dirlo, poiché oggi una delle più infami emergenze sociali consiste nella violenza sulle donne, ma ciò che emerge in Goldoni e in maniera impetuosa, pure nella messa in scena della Shammah, è che l’amore non esclude totalmente l’aggressione, la violenza, in quanto manifestazioni muscolari e nervose della passione; ma sulla scena anche questo delicato aspetto passa attraverso il filtro della tenerezza e del gioco. La Shammah è stata coraggiosa ancora una volta perché tali scene potrebbero risultare ambigue e fastidiose dinanzi alle atrocità della cronaca.

Lo spettacolo continua:
Teatro Vascello
Via Giacinto Chiarini, 78 – Roma
dal 7 al 17 aprile 2016
ore 21

Teatro Franco Parenti presenta
Gli innamorati
di Luca Goldoni
regia Andrée Ruth Shammah
con Marina Rocco, Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Silvia Giulia Mendola, Umberto Petranca, Andrea Soffiantini
scene e costumi Gian Maurizio Fercioni
luci Gigi Saccomandi
musiche Michele Tadini